La vita di una città è fatta di tante cose; delle sue piazze, delle sue strade, dei monumenti , soprattutto della gente che la abita. In quel abitare e condividere lo stesso spazio , una città assume un volto, un colore, come se uscisse fuori dall’ anonimato per procurarsi una caratteristica particolare che la distingue da tutte le altre e così viene vissuta nei ricordi. Si ricrea la città ricordandone il dialetto, le voci, i racconti, le leggende che vi aleggiano.

Tra i tanti volti, tra le tante voci e colori che hanno caratterizzato la nostra città, come non riconoscere quello di Paolo Vinti e come non rimpiangerlo ora che ci è mancato. Alla sua commemorazione qualcuno , nel ricordarlo ha detto che ci ha obbligati alla memoria, la sua voce in Corso Vannucci, non potremmo dimenticarla, ricordava i nomi di tutti e soprattutto ricordava da dove venivamo, forse per indicarci verso dove continuare a guardare.

La sua, è una storia di poesia, ma di una poesia discreta , di uomo che è nel mondo ma che non appartiene al mondo. E’ stato un uomo di grandi passione politiche ed intellettuali , ma soprattutto è stato un uomo che ha abitato il mondo poeticamente, vivendone il distacco dalle faccende umane senza rinunciare all’ impegno verso tutti. E domani, quando passeremo nelle nostre piazze, indaffarati, ricacciati nel anonimato dove nessuno ci saluta reclamandoci ad un mondo di condivisione ed appartenenze, resteremo tutti più poveri e più soli.

Non ha avuto paura delle emozioni, e in quel suo saluto : con emozione .. con emozione altissima, ci faceva vergognare di tutte le volte che non abbiamo detto ad un amico , ad un fratello ad un amore, quanto grande fosse il suo valore nella nostra vita. In un modo che fa delle emozioni o un nemico da sedare o una merce di scambio per ricevere favori, lui ha sfidato ogni convenzione, ricordando a tutti noi che il valore di una persona risiede nei legami che crea.

Quello che Paolo ha lasciato non è un vuoto ma un impegno, ora sappiamo quanto sia importane continuare a dar voce e colore alla nostra città, continuiamo a salutarci, a riconoscerci, a dirci che siamo tutti eleganti e leggendari come forse con ironia ci salutava, perché le leggende vere , le uniche in grado di salvare la vita , sono quelle che si continuano con ordinaria poesia.

 

Laura Dalla Ragione, dal Corriere dell'Umbria del 02/12/2010

Manifesto: artwork Daniele Pampanelli

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