Nel corso di questi mesi, in occasione delle tante iniziative in cui abbiamo incontrato i cittadini di Gualdo, ci sono state rivolte alcune domande ricorrenti: che fine ha fatto il referendum? Quali conseguenze reali ci saranno in relazione all’acqua e ai servizi pubblici locali se la sua applicazione dovesse perfezionarsi alla lettera? Quali saranno i suoi effetti concreti sulla vita delle persone e della comunità? Quanto ancora bisognerà attendere prima che il suo esito venga adeguatamente rispettato dalla politica e dalle Istituzioni?
A queste domande, fino a venerdì scorso, non siamo stati in grado di rispondere se non con la rivendicazione di quanto abbiamo fatto in modo anche forsennato, ma pressoché solitario, nel lungo anno che è seguito al 12 e al 13 giugno del 2011, affinché l’Amministrazione comunale della nostra Città potesse recepire pienamente la volontà manifestata da oltre 6600 gualdesi ed adeguarsi alla legge scritta dal referendum.
Per questo obiettivo non ci siamo certo risparmiati: ordini del giorno discussi in consiglio comunale, campagne di sensibilizzazione civica e proposte concrete di riorganizzazione dei servizi pubblici locali portate nel confronto politico ed amministrativo alla luce dell’esito referendario e, soprattutto, nella consapevolezza della straordinarietà della fase economica e sociale che stiamo vivendo, anche rispetto alle difficoltà di bilancio dell’Ente locale.
Com’è noto, dalla Giunta Morroni e da tutta la maggioranza che continua a sorreggerla si è eretto un muro di gomma per ostacolare e respingere in consiglio comunale ogni nostra iniziativa concreta in questa direzione, con il risultato di tradire quella volontà e di disattendere quella legge. La Giunta gualdese ha tenuto un comportamento barricadero per sterilizzare l’esito del referendum e in ciò s’è posta perfettamente in linea con quanto andavano facendo senza alcuna soluzione di continuità i due governi che nel frattempo si sono succeduti alla guida del nostro Paese: aggirare il referendum e consentire l’assalto privatista alla diligenza dei beni comuni e dei servizi pubblici locali attraverso la reintroduzione per decreto dell’obbligo per gli Enti locali di privatizzarli, qualora non l’avessero già fatto.
Venerdì 20 luglio è stato perciò una giorno storico e memorabile e finalmente potremo dare quelle risposte che si attendevano i cittadini. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato incostituzionale ed inammissibile l'articolo 4 del decreto legge 138 del 13 Agosto 2011 (la cosiddetta manovra di ferragosto dell’ex Ministro Tremonti), con il quale il Governo Berlusconi calpestava il risultato referendario e reintroduceva proprio l’obbligo della privatizzazione dei servizi pubblici locali.  La sentenza della Consulta rende ovviamente nulle anche tutte le modifiche intervenute successivamente ad opera del governo Monti, a partire da quelle previste nel cosiddetto Cresci Italia.
Il ripristino chiaro, pieno ed inoppugnabile della legalità costituzionale ed il riconoscimento definitivo della legge scritta dai cittadini con il referendum  rende pertanto onore e merito alle ragioni che hanno ispirato i nostri interventi e la nostra azione in questi mesi e chiama le Istituzioni e la pubblica amministrazione della nostra Città ad adeguarsi finalmente al suo dettato.
Non v’è più nessun ostacolo di sorta e nessuna scusa cavillosa da accampare per disattendere ulteriormente la volontà dei cittadini. Riporteremo pertanto tutte le nostre proposte in consiglio comunale perché oggi esse hanno tutta la forza, e non più aggirabile, della legge.
Innanzitutto fuori i profitti dei privati dalle bollette di Umbra Acque: dopo la sentenza della Corte Costituzionale dichiariamo chiusa la campagna di “obbedienza civile” per l’autoriduzione delle bollette e torniamo a chiedere un’azione formale del Sindaco e della Giunta, anche in concorso con gli esecutivi degli altri Comuni che fanno parte dell’Ato 1, nei confronti del gestore del servizio idrico integrato affinché venga immediatamente e definitivamente cancellata la voce della “remunerazione del capitale investito” dalle tariffe di Umbra Acque e vengano restituite a conguaglio le somme indebitamente sottratte ai cittadini nell’anno che ci separa dal referendum. A questo fine, anche la Regione dell’Umbria deve muovere un passo concreto, definitivo e formale, non limitandosi a manifestare esultanza per la sentenza della Consulta, come ha fatto l’assessore socialista Rometti.
In secondo luogo, va rimessa nell’agenda politica del consiglio comunale la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, individuando e predisponendo tutti i passi istituzionali ed amministrativi necessari a questo fine.
Gli effetti della sentenza dei guardiani della democrazia e della legalità costituzionale non si limita però solo all’acqua, ma si estende, come è noto, anche agli altri servizi pubblici locali. A questo proposito, sappiamo che in seno alla Giunta Morroni vi sono intenzioni sciagurate di mettere all’incanto il 40% delle quote di ESA, la municipalizzata dei rifiuti, come se il passato non avesse insegnato niente. Proprio grazie alla scusa dell’obbligo alla privatizzazione reintrodotto col decreto dichiarato incostituzionale, si stava studiando il modo per perfezionare questa pratica svendendo parzialmente un patrimonio pubblico, con il solo obiettivo di fare cassa e raschiare il barile, senza alcuna precauzione per gli effetti disastrosi che l’operazione avrebbe avuto per un servizio di così rilevante interesse generale e per le tasche dei cittadini.
Oggi la scusa dell’obbligo della sua privatizzazione non regge più. Consigliamo pertanto l’Amministrazione comunale ad abbandonare ogni ipotesi in questa direzione e a ragionare piuttosto su come perfezionare il servizio, su come istituire modalità di una sua gestione partecipativa e su come esercitare sulla municipalizzata un controllo analogo a quello che si esercita nei confronti dei servizi direttamente erogati dal Comune, come peraltro ha prescritto la relazione del Collegio dei revisori dei Conti per il conto consuntivo di Bilancio.
Cade infine l’obbligo della privatizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale: è bene che il consiglio comunale di Gualdo Tadino si pronunci anche in questo merito, perché la faccenda riguarda direttamente anche i cittadini gualdesi per gli effetti che essa avrebbe sulla qualità dell’offerta dei servizi e per l’aumento indiscriminato delle tariffe.
A questi compiti è oggi chiamata la Giunta gualdese: se non si sente di assolverli o se, peggio, ritiene che la sentenza della Consulta le abbia rotto le uova nel paniere, continui a star ferma e zitta come ha sempre fatto, ma non tocchi nulla, lasci almeno il mondo come sta, per il poco che le resta di amministrare.
Ad essi penserà l’alternativa popolare, civile e di sinistra che si prepara, ben indipendentemente e del tutto contrariamente a quanto ne possa pensare in materia l’UDC di Sandra Monacelli, che a Gualdo continua a vivacchiare in questa parvenza d’amministrazione insieme alle destre neoberlusconiane e che nell’occasione si è affrettata a piangere perché i privatizzatori e i profittatori non potranno più leccarsi le dita con la marmellata dell’acqua bene comune e dei diritti sociali dei cittadini garantiti dal welfare e dai servizi pubblici locali.
Il compito di portare a compimento un disegno riformatore in difesa dei beni comuni e per la riorganizzazione dei servizi pubblici locali è alto, ma è a portata di mano perché vive nelle istanze più profonde della collettività gualdese. Sinistra per Gualdo si impegna a centrare su queste questioni il programma dell’alternativa perché sia chiaro fin d’ora quello che faremo.

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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