Scrivere del leggendario Paolo Vinti da Perugia senza cadere nella retorica è azione difficile, ma ci provo. Anche perché non ho avuto modo di conoscere la persona che sottende i due supporti fotografici pervenuti finché era in vita, e una beffa del calendario ha traslato la loro trattazione quando da pochi giorni Paolo non è più, sconfitto dal male in un ospedale del capoluogo umbro dove tutti lo amavano mentre dissertava dell’ordine mondiale in Corso Vannucci e nei locali.

In uno di questi, il Loop, Gianluca “Prince” Liberali ha musicato alcuni degli Speck di Vinti (o Paul Beathens, come egli stesso ironizzava sul destino), letture dal proprio informatissimo foglio notiziario SpazioRosso con fare di auto-megafono elettorale, aggiuntovi diversi stili riconducili a un’elettronica ritmica e basale. Si ha l’impressione degli Offlaga estremizzati in tesi ipotesi e sintesi (“traiettoria consistenza realizzazione / pensiero idea programma / teoria ideologia rivoluzione”), il comunismo “in una sola persona” declinato con terminologia teoretica pre-crollo, non occidentale, lancio di proclami e annunci di future vittorie tutte da dimostrare, l’ottimismo della speranza che crede più nel globo (Sudamerica) che nell’Italia, finalizzando alla componente umana.

Un Gil Scott Heron con voce pastosa, o Saul Williams militante e per pochi, cui Prince addobba le vesti come a una bambola di sostanza: l’afro e La meraviglia cubana, elenco dei risultato castristi in sogno sospeso vagamente psyco-dub, oppire la drum’n’bass casalinga di Declamazione del 14.01.06 per Micelle Bachelet in Cile, l’ambient Dedicata al femminismo, una onirica La pace dove gutta caval lapidem, musicalmente la più interessante nell’elevare i valori universali tra il 1789 e il 1989, come “l’abilizione del limite” (Lo spazio), comizio avulso dalla politica dei giorni, come se ne sono ascoltati a corredo di plurime istallazioni d’arte in…. Loop, l’hegelismo (L’ipotesi è sempre la rivoluzione).

Nel cdr “Celeste impero”, bozza rimasta su un vecchio pc e musicata anche da Alessandro Properzi e Cristiano Montesano, si rinvengono il p-funk a la Robespierre di Si vincerà! (ma Hamadinejad e i peronisti rientrano nell’alveo della sinistra mondiale?), i bagliori intermittenti di Astrattività, addirittura una dance solare collegata all’ultimo Four Tet – Magari un’altra volta- “l’abolizione della moneta e delle negazioni”, un apprendimento full immersion quasi da rimatore (Latino America) e pure l’attualità nazionale in levare minimale (Leader), per finire con la strumental trance di Monica Vitti e ancora l’onomastica offlaghiana remixabile di Africa (ma Mugabe?) in mode Fazio/Saviano on. Dati causa e pretesto, con questi due dischi Paolo Vinti mancherà paradossalmente più a chi non lo aveva mai incontratola vivo, rispetto a chi ne può serbare un ricordo. Senza voto, ma con emozione altissima.

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