Sul bene comune: Mentre in generale per bene comune si intendono “Beni che sono proprietà di una comunità e dei quali la comunità può disporre liberamente” (commons della tradizione giuridica anglosassone) Ostrom fornisce ( Hess e Ostrom, 2008) una definizione più problematica in quanto intende per bene comune: “una risorsa condivisa da un gruppo di persone e soggetta a dilemmi ( ossia interrogativi, controversie, dubbi, dispute, ecc.) sociali”. Per tale autrice “un bene comune è libero da valori: il suo esito può essere buono o cattivo, sostenibile oppure no e “per garantire sistemi durevoli e stabili abbiamo bisogno di chiarezza, buone capacità decisionali e strategie di gestione collaborativa” (Hess e ostrom 2008, op cit). Ostrom ha individuato, tra l’altro, alcuni criteri / variabili riscontrabili nella maggioranza dei contesti che non hanno portato alla distruzione del bene comune per eccesso di utilizzazione dei singoli membri della comunità utilizzatrice:

1. Una chiara definizione delle possibilità e dei limiti;
2. Le regole in uso devono essere adeguate alle esigenze ed alle condizioni locali;
3. Tutti gli individui tenuti a rispettare queste regole possono partecipare alla modifica delle stesse;
4. Il diritto dei membri della comunità a stabilire le proprie regole è rispettato dalle autorità esterne;
5. Deve esistere un sistema in grado di auto monitorare il comportamento dei membri;
6. Deve operare un sistema di sanzioni progressive;
7. I membri della comunità hanno accesso a meccanismi di risoluzione dei conflitti a basso costo;
8. Le organizzazioni stratificate su più livelli ( prelievo ed utilizzo della risorsa, fornitura della risorsa, monitoraggio e sanzione, risoluzione dei conflitti e altre attività di governo) sono strutturate in forma di architettura annidata, con livelli multipli di attività.

Sui rischi della gestione “pubblica” dell’acqua: già Lenin ha rilevato come l’apparato statale si comporti di norma come “il comitato di affari della borghesia” e gran parte della storia del socialismo del XIX secolo dimostra la difficoltà a garantire l’effettivo controllo dal basso in sistemi statali pure formalmente socialisti. Nella attuale epoca di sviluppo del capitalismo finanziario ( es. quotazione in borsa delle società che gestiscono l’acqua) il “pubblico” svolge politiche di servizio al privato dando, per esempio i soldi di tutti alle banche o varando privatizzazioni dei beni comuni ( acqua, università scuola, ecc.) 

Anche per tali motivi noi abbiamo una diffidenza verso il pubblico e vorremmo capire le ragioni di chi oggi rifiuta di discutere su modi diversi di gestione da quello privato o pubblico.

Sui rischi di affidare agli attuali sistemi di rappresentanza operanti nel pubblico il bene comune acqua: vi è poi il rischio concreto rispetto ai vigenti sistemi di rappresentanza di affidare la gestione del bene comune acqua alle forze partitiche che attualmente gestiscono le cariche amministrative nel pubblico, dove troviamo in gran parte personale politico selezionato per la sua accettazione delle politiche di privatizzazione.
Come fanno notare i NOTAV che hanno visto sindaci eletti per opprsi alla TAV divenire PROTAV dopo l’elezione, non risultano attivati da nessun partito meccanismi di mandato imperativo o di verifica sul mandato. Tutto questo autorizza a diffidare dalla capacità del pubblico di gestire in modo partecipato il bene comune acqua.

La proposta : istituiamo nel modo più capillare possibile Comitati territoriali per la gestione partecipata del bene comune acqua, che svolgano almeno le seguenti funzioni:
a) Definire insieme a tutta la popolazione le possibilità ed i limiti del bene comune acqua in quel bacino idrico;
b) Definire attraverso il metodo della con-ricerca, regole per l’uso del bene comune acqua condivise ed adeguate alle esigenze ed alle condizioni locali;
c) Garantire attraverso appositi momenti partecipativi che tutti gli individui tenuti a rispettare queste regole possono partecipare alla modifica delle stesse;
d) Garantire che il diritto dei membri della comunità a stabilire le proprie regole sia rispettato dalle autorità esterne anche grazie a riconoscimento della titolarità a tali comitati:
a. Della scelta delle priorità in materia di uso comune del bene comune acqua;
b. Della verifica in regime di terzietà della qualità del servizio idrico;
c. Della verifica in regime di terzietà della efficienza del servizio idrico e della sua effettiva fruizione da parte di tutti.
e) Esigere l’abbattimento delle tariffe almeno di una percentuale del 7%
f) Altro
g) Altro


Come associazione consumatori ci mettiamo a disposizione per favorire l’attivazione ed il buon funzionamento di tale processo di gestione partecipata del bene comune acqua.


ACU UMBRIA
Carlo Romagnoli
    

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