Pompei, serve armonia per tutelare l'Italia altrimenti si va a picco
Suspirium puellarum traex Celadus, "Il trace
Celado sospiro delle fanciulle". Era uno dei graffiti tracciati su una
parete della Schola Armaturarum di Pompei, luogo di addestramento e di
allenamento degli schiavi scelti negli ergastula e adatti ai circenses,
cioè allo spettacolo prediletto dalle folle romane che i potenti
cercavano di addomesticare dopo averle opportunamente saziate con il
panis. Chi sarà stato questo Celado così vanitoso da ritenersi un
suscitatore di sospiri d'amore nelle fanciulle che lo avevano visto
forse vincitore in qualche cruento scontro, magari con una belva, o,
lui della Tracia, con un temibile avversario Sarmata? O forse era
davvero così bello da conquistare non solo le sue giovani fan, ma anche
le molto meno giovani, ma più ricche e generose matrone, qualcuna delle
quali si sarebbe innamorata al punto di fuggire con lui abbandonando lo
sposo e la prole? Una storia simile ce la racconta il grande satirico
latino Giovenale, indignato da un simile evento. Questa era la sorte
fortunata dei migliori, più muscolosi e più feroci gladiatori. Tutti
gli altri dovevano attendere la morte, o la libertà, dal loro prossimo
combattimento e dalla simpatia o antipatia (pollice recto o pollice
verso) della folla urlante sulle gradinate del circo. Spartaco (nel
73-71 a. C.) fu il loro eroe, il capo della loro sanguinosa sommossa:
egli si batteva per riportare migliaia di insorti nelle loro diverse
patrie. Il secondo capo, Crisso, voleva invece restare in Italia, e
bruciare, uccidere, rapinare, e sopravvivere così nutrendosi di rapina
e di vendetta. Ma le legioni di Pompeo al nord e di Crasso al sud, li
sconfissero, li massacrarono e ne misero in croce sedicimila lungo la
via Appia.
La Schola Armaturarum era un luogo dove il tragico mestiere di
gladiatore aveva il proprio centro rituale, duelli simulati, trofei di
armi affissi alle pareti, forse spettacoli guerreschi per i maggiorenti
locali. Ma lì i gladiatori depositavano le armi, che non erano di loro
proprietà, e tornavano a dormire negli ergastula, in attesa d'un altro
vero duello, cioè della morte, o della vita sempre legata al filo d'una
spada. Ora questo palazzotto costruito in una via beneaugurante,
"dell'Abbondanza", è crollato, forse scomparso per sempre, anche per
l'irresponsabilità degli uomini.
Le antichità vanno rispettate come grandi e preziose opere d'arte. E'
stato così a Pompei per la Schola armaturarum? No. Pompei vecchia è una
città di più di sessantasei ettari, la cui fragilità dovuta ai secoli e
alle intemperie viene sorvegliata da meno di una decina di archeologi;
inoltre un teatro che poteva essere restaurato è stato invece rifatto
con lastroni di marmo e sedili di pesante tufo; libertà di passeggiate
in bicicletta all'interno, mercatini di prodotti locali subito
all'esterno. Insomma vita normale e spesso poco cauta in una zona dove
sarebbe necessario camminare "scalzi" (secondo una giusta e spiritosa
definizione di Luciana Iacobelli, professoressa universitaria di
metodologia della ricerca archeologica). La bellezza e la memoria sono
entità fragili da preservare con ogni attenzione.
Tremonti taglia ovunque, e ogni ministro protesta perché vuole per sé,
cioè per la sua "materia", denari che ovviamente non bastano per tutti.
Ci sono priorità, si dice, scuola, forze armate, spettacoli (cinema,
teatro, televisione etc.) e questi ministri in pieno Consiglio litigano
fra loro. E allora? Allora il fatto è che c'è, ma non si preoccupa
quanto dovrebbe, forse distratto da altre sue personali incombenze, un
Presidente del Consiglio incapace di ottenere dalla sua maggioranza
un'armonia d'intenti che permettano di superare un momento difficile
del nostro paese e che si renda conto che lui stesso è Presidente del
Consiglio per governare con il consenso di tutti nell'interesse di
tutti anche a costo di sacrifici di tutti, allo scopo di fare della
nazione un blocco unico di volontà costruttiva; altrimenti lasci il suo
posto. L'oculata conservazione dei beni artistici e culturali non è né
più né meno importante del numero delle Università, del potenziamento
della nostra aviazione, della vitalizzazione dell'intero mondo dello
spettacolo, della tutela dell'ambiente. Non priorità dunque, ma armonia
da raggiungere a tutti i costi. Altrimenti si va, e si sta andando a
picco.
o forse era davvero così bello da conquistare non solo le sue
giovani fan, ma anche le molto meno giovani, ma più ricche e generose
matrone, qualcuna delle quali si sarebbe innamorata al punto di fuggire
con lui abbandonando lo sposo e la prole? Una storia simile ce la
racconta il grande satirico latino Giovenale, indignato da un simile
evento. Questa era la sorte fortunata dei migliori, più muscolosi e più
feroci gladiatori. Tutti gli altri dovevano attendere la morte, o la
libertà, dal loro prossimo combattimento e dalla simpatia o antipatia
(pollice recto o pollice verso) della folla urlante sulle gradinate del
circo. Spartaco (nel 73-71 a. C.) fu il loro eroe, il capo della loro
sanguinosa sommossa: egli si batteva per riportare migliaia di insorti
nelle loro diverse patrie. Il secondo capo, Crisso, voleva invece
restare in Italia, e bruciare, uccidere, rapinare, e sopravvivere così
nutrendosi di rapina e di vendetta. Ma le legioni di Pompeo al nord e
di Crasso al sud, li sconfissero, li massacrarono e ne misero in croce
sedicimila lungo la via Appia.
La Schola Armaturarum era un luogo dove il tragico mestiere di
gladiatore aveva il proprio centro rituale, duelli simulati, trofei di
armi affissi alle pareti, forse spettacoli guerreschi per i maggiorenti
locali. Ma lì i gladiatori depositavano le armi, che non erano di loro
proprietà, e tornavano a dormire negli ergastula, in attesa d'un altro
vero duello, cioè della morte, o della vita sempre legata al filo d'una
spada. Ora questo palazzotto costruito in una via beneaugurante,
"dell'Abbondanza", è crollato, forse scomparso per sempre, anche per
l'irresponsabilità degli uomini.
Le antichità vanno rispettate come grandi e preziose opere d'arte. E'
stato così a Pompei per la Schola armaturarum? No. Pompei vecchia è una
città di più di sessantasei ettari, la cui fragilità dovuta ai secoli e
alle intemperie viene sorvegliata da meno di una decina di archeologi;
inoltre un teatro che poteva essere restaurato è stato invece rifatto
con lastroni di marmo e sedili di pesante tufo; libertà di passeggiate
in bicicletta all'interno, mercatini di prodotti locali subito
all'esterno. Insomma vita normale e spesso poco cauta in una zona dove
sarebbe necessario camminare "scalzi" (secondo una giusta e spiritosa
definizione di Luciana Iacobelli, professoressa universitaria di
metodologia della ricerca archeologica). La bellezza e la memoria sono
entità fragili da preservare con ogni attenzione.
Tremonti taglia ovunque, e ogni ministro protesta perché vuole per sé,
cioè per la sua "materia", denari che ovviamente non bastano per tutti.
Ci sono priorità, si dice, scuola, forze armate, spettacoli (cinema,
teatro, televisione etc.) e questi ministri in pieno Consiglio litigano
fra loro. E allora? Allora il fatto è che c'è, ma non si preoccupa
quanto dovrebbe, forse distratto da altre sue personali incombenze, un
Presidente del Consiglio incapace di ottenere dalla sua maggioranza
un'armonia d'intenti che permettano di superare un momento difficile
del nostro paese e che si renda conto che lui stesso è Presidente del
Consiglio per governare con il consenso di tutti nell'interesse di
tutti anche a costo di sacrifici di tutti, allo scopo di fare della
nazione un blocco unico di volontà costruttiva; altrimenti lasci il suo
posto. L'oculata conservazione dei beni artistici e culturali non è né
più né meno importante del numero delle Università, del potenziamento
della nostra aviazione, della vitalizzazione dell'intero mondo dello
spettacolo, della tutela dell'ambiente. Non priorità dunque, ma armonia
da raggiungere a tutti i costi. Altrimenti si va, e si sta andando a
picco.
o forse era davvero così bello da conquistare non solo le sue
giovani fan, ma anche le molto meno giovani, ma più ricche e generose
matrone, qualcuna delle quali si sarebbe innamorata al punto di fuggire
con lui abbandonando lo sposo e la prole? Una storia simile ce la
racconta il grande satirico latino Giovenale, indignato da un simile
evento. Questa era la sorte fortunata dei migliori, più muscolosi e più
feroci gladiatori. Tutti gli altri dovevano attendere la morte, o la
libertà, dal loro prossimo combattimento e dalla simpatia o antipatia
(pollice recto o pollice verso) della folla urlante sulle gradinate del
circo. Spartaco (nel 73-71 a. C.) fu il loro eroe, il capo della loro
sanguinosa sommossa: egli si batteva per riportare migliaia di insorti
nelle loro diverse patrie. Il secondo capo, Crisso, voleva invece
restare in Italia, e bruciare, uccidere, rapinare, e sopravvivere così
nutrendosi di rapina e di vendetta. Ma le legioni di Pompeo al nord e
di Crasso al sud, li sconfissero, li massacrarono e ne misero in croce
sedicimila lungo la via Appia.
La Schola Armaturarum era un luogo dove il tragico mestiere di
gladiatore aveva il proprio centro rituale, duelli simulati, trofei di
armi affissi alle pareti, forse spettacoli guerreschi per i maggiorenti
locali. Ma lì i gladiatori depositavano le armi, che non erano di loro
proprietà, e tornavano a dormire negli ergastula, in attesa d'un altro
vero duello, cioè della morte, o della vita sempre legata al filo d'una
spada. Ora questo palazzotto costruito in una via beneaugurante,
"dell'Abbondanza", è crollato, forse scomparso per sempre, anche per
l'irresponsabilità degli uomini.
Le antichità vanno rispettate come grandi e preziose opere d'arte. E'
stato così a Pompei per la Schola armaturarum? No. Pompei vecchia è una
città di più di sessantasei ettari, la cui fragilità dovuta ai secoli e
alle intemperie viene sorvegliata da meno di una decina di archeologi;
inoltre un teatro che poteva essere restaurato è stato invece rifatto
con lastroni di marmo e sedili di pesante tufo; libertà di passeggiate
in bicicletta all'interno, mercatini di prodotti locali subito
all'esterno. Insomma vita normale e spesso poco cauta in una zona dove
sarebbe necessario camminare "scalzi" (secondo una giusta e spiritosa
definizione di Luciana Iacobelli, professoressa universitaria di
metodologia della ricerca archeologica). La bellezza e la memoria sono
entità fragili da preservare con ogni attenzione.
Tremonti taglia ovunque, e ogni ministro protesta perché vuole per sé,
cioè per la sua "materia", denari che ovviamente non bastano per tutti.
Ci sono priorità, si dice, scuola, forze armate, spettacoli (cinema,
teatro, televisione etc.) e questi ministri in pieno Consiglio litigano
fra loro. E allora? Allora il fatto è che c'è, ma non si preoccupa
quanto dovrebbe, forse distratto da altre sue personali incombenze, un
Presidente del Consiglio incapace di ottenere dalla sua maggioranza
un'armonia d'intenti che permettano di superare un momento difficile
del nostro paese e che si renda conto che lui stesso è Presidente del
Consiglio per governare con il consenso di tutti nell'interesse di
tutti anche a costo di sacrifici di tutti, allo scopo di fare della
nazione un blocco unico di volontà costruttiva; altrimenti lasci il suo
posto. L'oculata conservazione dei beni artistici e culturali non è né
più né meno importante del numero delle Università, del potenziamento
della nostra aviazione, della vitalizzazione dell'intero mondo dello
spettacolo, della tutela dell'ambiente. Non priorità dunque, ma armonia
da raggiungere a tutti i costi. Altrimenti si va, e si sta andando a
picco.
DA Liberazione del 10 novembre 2010
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