L'assemblea del Lingotto, convocata dall'area che fa capo a Veltroni, si è conclusa con la firma di una sorta di armistizio tra le diverse anime del Partito Democratico, convinto che in questo stato di cose non si può andare avanti ed è meglio andare al voto, senza tanti tentennamenti. Che il maggior partito di opposizione ritrovi una sua unità interna ed inizi a parlare con una sola voce e che, abbandonando tatticismi incomprensibili agli italiani che non ne possono più del berlusconismo, si chieda di andare al voto, è sicuramente una buona notizia. Come è una buona notizia la convinzione che il populismo di Berlusconi si batte non agitando un populismo di sinistra ma proponendo un'idea, un progetto diverso del paese. Ma è proprio su questo versante, quello dei contenuti e della proposta politica programmatica da rivolgere al paese che vengono le cattive notizie, a partire dalla ritrovata unità interna attorno al giudizio positivo sul diktat di Mirafiori.

Al Lingotto Veltroni si è presentato con un pacchetto di proposte sulle quali ha consentito il segretario Bersani (“sulla proposta politica non c'è lontananza” ha dichiarato il leader del PD) che, tra i vari proclami di riforme, prevede in concreto il dimezzamento nel giro di dieci anni del debito pubblico, portandolo all'80% del PIL, in primo luogo, si precisa nella proposta, attraverso una riduzione della spesa corrente. Peccato che, con i consumi intermedi ridotti al lumicino (dipendenti di uffici statali costretti a comprarsi la carta per le fotocopie ed agenti di polizia la benzina per le volanti), l'attuale spesa corrente sia fatta di stipendi, pensioni, sanità e spesa sociale. Quale di questi capitoli tagliare? O non sarebbe meglio recuperare entrate attraverso la lotta all'evasione ed riformare il sistema fiscale tassando rendite e profitti smisuratamente cresciute in questi anni?

Altro punto cardine il rilancio di un sistema di flexicurity con al centro l'assunzione della proposta avanzata dal sen. Ichino di un nuovo sistema di diritti del lavoro. Si tratta di una proposta, per chi non la conoscesse, che, abolendo di fatto le tutele dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, sostituite da un sistema di indennizzi monetari, estende le flessibilità già esistenti sulla prestazione di lavoro anche all'occupazione. Con la proposta Ichino le imprese oltre a poter liberamente determinare l'intensità di utilizzo della forza lavoro (come già fanno ed il diktat Mirafiori ha confermato in maniera esponenziale) avrebbero assoluta libertà di assumere e licenziare, rendendo ancora più cogente il ricatto occupazionale. Se un lavoratore si ammala, o rifiuta di fare lo straordinario o comunque non è funzionale ai disegni dell'azienda, con la proposta Ichino viene licenziato pagando qualche spicciolo di indennizzo.

Se prima si poteva essere preoccupati per lo stato confusional-programmatico nel quale versava il Partito Democratico, se le proposte individuate a Torino e pomposamente definite dall'on. Fioroni “Manifesto del PD” rappresentano la quadra attorno alla quale ricostruire l'unità interna di quel partito, beh, le preoccupazioni aumentano.

Franco Calistri
Socialismo 2000 Federazione della Sinistra


 

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