Ottaviano Augusto - Res Gestae (Seconda parte)
di Luca Canali
II Parte
Nelle Res gestae Augusto è presente ovunque; la sua iniziativa è spesso esercitata "privatamente". L'iscrizione si apre con una recisa affermazione del carattere personale dell'iniziativa e delle spese affrontate da Ottaviano per liberare Roma oppressa dal dominio di una fazione. private sono molte donazioni di denaro e di frumento, parte delle spese per il restauro dei templi, la dedica di giochi, spettacoli, caccie; la flotta che opera in difesa delle rotte marine è per Augusto la "mia" flotta; l'esercito che combatte per l'ampliamento dell'impero è il "mio" esercito.
L'ubicua presenza del princeps (triumviro, console tredici volte, tribuno a vita, pontefice massimo dalla morte di Lepido), al fine della restaurazione della repubblica, del mos maiorum, della fede negli dei, della virtus stoica, faceva di Augusto il demiurgo di un compito sconfinato, il creditore non solo dello Stato, ma anche degli dei, che gli erano debitori delle loro sedi e della reviviscenza del loro culto. In questo modo Augusto presentava il conto alla posterità: la divinizzazione procedeva spontanea da una somma di meriti sovrumani; se essa era respinta con energia in Roma e nell'occidente, nelle province orientali essa avrebbe finito per costruire la base culturale della venerazione dell'imperator.
Un processo simile si svolge sul terreno strettamente politico, in modo solo in apparenza paradossale: quanto più si consolida il potere monarchico di Augusto, tanto più Augusto parla di restaurazione repubblicana; l'imperator Caesar Augustus, padrone assoluto dello Stato, afferma di restituire il governo dell'impero al senato e al popolo romano.
Il rispetto del formalismo tradizionale, il "prosciugamento dall'interno" delle supreme magistrature e l'assunzione in proprio della loro sostanza, o potestas, da parte di Augusto ( i tribuni continuarono ad essere eletti, accanto ad Augusto, investito del potere tribunizio perpetuo), permettevano di fingere una impossibile restaurazione. la res publica accettava la garanzia del sovrano che aveva sconvolto il cursus honorum, a cominciare dalla sua elezione a console in età di venti anni, contro la prassi che ne richiedeva almeno trenta; e dunque essa poteva restaurata solo se avesse assunto il senso di Stato, perdendo quello di ordinamento repubblicano contrapposto al monarchico.
La restituzione del potere al senato a al popolo era una pura formula, giustificata dall'identificazione di parte del senato e di tutto il popolo con la volontà di Augusto.
Roma conservava dunque formalmente l'antico aspetto costituzionale, ma si adeguava sostanzialmente al principato monarchico, senza il quale non avrebbe potuto neanche sopravvivere come metropoli dell'impero. Si potrebbe forse affermare che Roma, dopo una serie di colpi di Stato, era diventata una sorta di repubblica presidenziale, il cui capo, in virtù di una straordinaria autorità personale, aveva attribuito a se stesso e all'esecutivo (o gabinetto da lui costituito e presieduto) un potere legislativo e decisionale esorbitante dai limiti delle assemblee cui quel potere sarebbe spettato di diritto.
Linee essenziali della politica interna di Augusto, messe in rilievo dalle Res gestae, sono tutti i provvedimenti presi per combattere lo spopolamento delle campagne e risanare la piccola e media proprietà agricola, per mezzo del rinvio nei loro territori originari, o meglio stanziamenti coloniali, di un gran numero di veterani congedati; il potenziamento della borghesia dei traffici e degli affari, rassicura la pace sociale e dalla eliminazione del brigantaggio in terra e dei pirati in mare; una politica tributaria interclassista che assicurasse un notevole afflusso di denaro per far fronte alle ingenti spese militari e alla costituzione di un aerarium militare; la tassa centesima venalium sui beni di larga necessità si inseriva organicamente nella soluzione del problema assillante della paga e del premio di congedo ai legionari; ma ad essa faceva riscontro la vicesima - 5 per cento sulla trasmissione dei patrimoni e sulle eredità - che colpiva i ricchi (della politica fiscale non si fa cenno nelle Res gestae, ma è opportuno ricordarla per completare il quadro della azione risanatrice perseguita dal princeps anche a rischio di impopolarità): in ciò Augusto continuava la politica moderata di Cesare, che non aveva accolto la richiesta di cancellazione dei debiti, ma d'altra parte aveva obbligato ad esigere i crediti vantando i beni di solvenza al valore che essi avevano prima della guerra civile; inoltre la possente iniziativa edilizia non solo doveva dare nuovo splendore a Roma, ma anche, con l'estensione e il restauro degli acquedotti e della rete viaria, assorbire una ingente quantità di mano d'opera servile o non qualificata; il senato più volte epurato e mutato, in senso "borghese", nella sua composizione; il numero dei cittadini fu incrementato in tutto l'impero, così da aumentare di circa un milione nel corso di pochi anni: fenomeno in ogni caso positivo, sia che significasse un miglioramento della vita sociale, sia che si giustificasse con l'estensione del diritto di cittadinanza, cioè con la propulsione assimilatrice di Roma.
La politica estera e militare ha indubbiamente nelle Res gestae un tono trionfalistico eccessivo; essa costituì in pratica, nei suoi esiti, una linea di "contenimento dinamico", a parte gli indiscutibili successi ottenuti con l'annessione definitiva dell'Egitto come provincia imperiale e la penetrazione nel Norico, nella Mesia, in Arabia e in Etiopia. Augusto vanta inoltre la soluzione diplomatica della questione partica, ove i tentativi di soluzione armata si erano in passato conclusi con insuccessi o con disfatte. I Parti furono costretti alla restituzione delle insegne perdute da Crasso. ciò che sarebbe eccessivo chiedere ad Augusto è una esatta valutazione della precarietà di quell'equilibrio stabilito con un'intricata rete di rapporti al livello delle famiglie reali: la tolleranza dell'autonomia di alcuni Stati sotto il dominio di reguli filo romani si rivelò ancora una volta espediente utile, anche se di breve durata. Anche altri condottieri romani avevano perduto le insegne in battaglie sfortunate, e Augusto si gloria di averle recuperate, con un patriottismo tanto energicamente affermato quanto illuminatamente contenuto entro i termini propagandistici della nazione egemone nello Stato universale.
Simbolo di rispetto per le provinciae è la restituzione ai templi d’Asia degli ornamenti razziati da Antonio. Per il resto, vani tentativi di espansione in zone di confine con popolazioni non pacatae.
L’antica ambizione di conquista in direzione nord e nord-est d’Europa, malgrado il valore e la perizia di Druso e Tiberio, fu ancora una volta frustrata; l’obbiettivo di spostare il confine dal Reno all’Elba si rivelò un effimero miraggio; la distruzione di tre legioni nella foresta di Teutoburgo (neanche accennata nelle Res gestae) fu la conferma definitiva della impermeabilità dei Germani alla penetrazione romana.
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