Può capitare, a volte, che il nostro Parlamento oltre a votare riforme costituzionali e leggi elettorali definite dagli stessi legislatori delle "porcate", trovi qualche volta la spinta giusta per affrontare temi in agenda da anni e non secondari come quello sulla cittadinanza, meglio conosciuto come ius soli. Ieri, martedì 13 ottobre, è stato uno di quei giorni, dove il voto su una norma di civiltà ha ridato un pò di speranza a chi crede ancora in un Paese giusto e solidale. La Camera dei Deputati ha approvato, con il voto favorevole di PD, NCD e SEL e quello contrario di Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia (astenuti i cinque stelle), una nuova legge sulla cittadinanza, nata grazie anche all'impegno di moltissime associazioni riunitesi sotto la campagna "L'Italia sono anch'io" che, con una petizione sottoscritta da oltre duecentomila persone, hanno in questi ultimi anni più volte richiesto una nuova legge per sostituire quella entrata in vigore nel 1992 che prevedeva sono uno ius sanguinis, in cui la cittadinanza veniva solo trasmessa dai genitori ai figli.Una legge che si attendeva da tempo sia per il carattere limitativo di quella precedente ma anche per risolvere un problema che non riguarda più poche migliaia di cittadini (nel 1992 solo 5670 bambini nacquero da genitori stranieri, circa l'1% del totale, contro gli 80.000 circa del 2012, cioè il 15% delle nascite totali). Un provvedimento sul quale dovrebbe lavorare in futuro anche l'Unione Europea, visto che non c'è in nessuno stato del vecchio continente una legge univoca sul tema, solo negli Stati Uniti d'America esiste uno ius soli pieno, senza tanti balzelli. 
Il nuovo testo prevede che i bambini nati in Italia da genitori stranieri otterranno la cittadinanza solo se almeno uno dei genitori è titolare di permesso UE per soggiornanti di lungo periodo. I figli di genitori stranieri nati in Italia, ma i cui genitori non siano in possesso del permesso per lungo soggiornanti, oppure i minori arrivati in Italia entro il dodicesimo anno di età, potranno diventare cittadini italiani dopo aver frequentato regolarmente, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici formativi. Per i minorenni giunti in Italia entro i 18 anni, l’ottenimento della cittadinanza è subordinato a sei anni di residenza regolare e alla conclusione di un percorso di istruzione con il conseguimento del titolo conclusivo. In questo caso il testo parla di cittadinanza ottenuta per “concessione”: si mantiene dunque salda una certa discrezionalità da parte dello Stato.L’acquisto della cittadinanza dovrà accompagnarsi a una dichiarazione di volontà, presentata in Comune da un genitore entro il compimento della maggiore età del figlio. Altrimenti, il diretto interessato potrà presentarla tra i 18 e i 20 anni. Una norma transitoria permetterà di ottenere la cittadinanza italiana anche alle persone che abbiano superato il limite d’età (20 anni) per inoltrare la domanda, maturando però nel frattempo i requisiti previsti dalla nuova legge – nascita in Italia o ingresso entro il dodicesimo anno di età, frequenza di un ciclo di istruzione di almeno cinque anni, residenza legale e ininterrotta sul territorio nazionale negli ultimi cinque anni. In questo caso la domanda dovrà essere subordinata a una verifica, effettuata dal mMinistero dell’Interno, relativa all’eventuale presenza di precedenti dinieghi della cittadinanza, di provvedimenti di espulsione o di allontanamento, per motivi di sicurezza nazionale. Il ministero avrà sei mesi di tempo per inoltrare il nulla osta o bloccare la richiesta di cittadinanza.
Rimangono molte criticità su un testo che per molti è un compresso al ribasso da parte del Partito Democratico con il Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano, sempre attento, quest'ultimo, a rimarcare le proprie richieste o correzioni per bollarle poi come "una vittoria dei moderati". Le norme riguardanti i cittadini maggiorenni sono state tolte, così come la possibilità del diritto di voto alle elezioni amministrative per chi è residente da più di cinque anni. La previsione poi, di uno ius soli temperato che condiziona il futuro di bambine e bambini alla situazione economica della famiglia, introducendo, col requisito del permesso UE per lungo soggiornanti di uno dei genitori, una discriminazione che, secondo i promotori di "L'Italia sono anch'io", viola l'articolo 3 della Costituzione. Sempre i promotori della campagna si augurano che al Senato la legge venga migliorata superando almeno le criticità più macroscopiche. Pie illusioni o, per il momento, è meglio accontentarsi di quello che si è ottenuto alla Camera?

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