di Gianluigi Pegolo

 

Se vi è una novità nel voto siciliano, esso non sta tanto nel manifestarsi di tendenze inaspettate, quanto nel grado di accelerazione assunto da fenomeni già noti in precedenza. Era per esempio risaputo che l’elettorato manifestasse propensioni crescenti alla disaffezione al voto, così come non era un mistero per nessuno che il Movimento cinque stelle fosse in ascesa o che il centro-destra patisse una crisi profonda e che, in particolare, il PdL attraversasse una fase di evidente declino. Tutto ciò era risaputo. Quello che si è verificato non solo conferma queste tendenze, ma le rafforza a tal punto da prospettare uno scenario in larga misura inedito. A ragione si può dire, pertanto, che nel voto siciliano “la quantità si è fatta qualità”.

 

I due fenomeni caratterizzanti la consultazione elettorale sono – per riconoscimento unanime – la crescita dell’astensione e lo straordinario successo del Movimento cinque stelle. La crescita dell’astensione è allarmante. Nelle regionali del 2008 l’affluenza era stata del 66,7%, ora raggiunge il 47,4%. Il calo è quindi di quasi il 20% in quattro anni. Si tratta di un risultato clamoroso, anche se probabilmente sovrastimato, dato che il tasso di partecipazione al voto del 2008 era condizionato dall’abbinamento con le politiche. Tuttavia, anche confrontando i dati con quelli più omogenei delle regionali del 2006, in cui la partecipazione raggiunse il 59,2%, il calo in percentuale, pur riducendosi a quasi il 12%, resta tuttavia molto elevato. Il dato siciliano, quindi, testimonia dell’accelerazione del processo di disaffezione al voto già riscontrato. Tale accelerazione era stata notata, in particolare, nelle amministrative di primavera dove, tuttavia, l’area più critica era stata quella centro-settentrionale. Il risultato odierno uniforma le tendenze, dimostrando che non esistono efficaci barriere istituzionali o geografiche all’estendersi del fenomeno, che assume connotati strutturali e che riflette oramai una crisi profonda del rapporto fra cittadini e politica.

 

In questo scenario risalta il successo del Movimento cinque stelle che ottiene circa il 15% come lista e supera il 18% come candidato presidente. Si consideri che nelle scorse amministrative di primavera il movimento di Grillo, pur ottenendo risultati rilevanti in molti comuni, aveva evidenziato un forte divario fra centro-nord e sud. Nei comuni capoluoghi del centro-nord aveva ottenuto una media di circa il 12%, in quelli del sud di circa il 3%. Cos'è intervenuto, allora, in così pochi mesi? Vi sono solo due spiegazioni possibili (non necessariamente alternative): l’una è che passando da un voto amministrativo (quello delle comunali) a un voto più politico (quello delle regionali) il consenso sia cresciuto maggiormente. L’altra è che i consensi al movimento grillino stiano crescendo rapidamente, a prescindere dai livelli istituzionali e dagli ambiti territoriali interessati. Qualunque sia la dinamica, in ogni caso è evidente che il risultato ottenuto in Sicilia potrebbe anticipare una grande affermazione nelle prossime politiche. Non a caso, secondo alcuni sondaggi, il Movimento cinque stelle è accreditato già oggi a livello nazionale di circa il 20% dei consensi.

 

Il voto siciliano, tuttavia, ci dice anche altro. In primo luogo, si tratta di un voto più accentuatamente “urbano”, come dimostrano le differenze evidenti, nella percentuale di consensi ottenuta, fra comuni capoluoghi di provincia e altri comuni. Per converso, questa maggiore incidenza di consensi nelle principali città può essere messa in relazione con gli elettorati di provenienza.  E’ il dato che emerge dall’analisi dei flussi condotta dal Cise nel comune di Palermo, confrontando il dato delle regionali con quello precedente delle comunali di primavera. Secondo questo studio una parte consistente dei consensi proverrebbe dal centro-sinistra, mentre il contributo del centro-destra sarebbe minimo. Le altre forze politiche in generale subiscono fra il 2008 e il 2012 un calo consistente di voti. Il calo è in larga misura attribuibile alla crescita dell’astensione e, in misura minore, dall’assorbimento dei voti in uscita da parte del Movimento cinque stelle (fatti salvi gli spostamenti di voti fra i vari partiti). Prendendo a riferimento i voti delle coalizioni, ed escludendo le liste a sostegno nel 2008 dei candidati presidenti del centro-destra e del centro-sinistra, si nota che:
1. Il successo elettorale della coalizione PD-UDC guidata da Crocetta è ascrivibile al mantenimento di un peso percentuale simile a quello ottenuto complessivamente dalle stesse forze nel 2008 (oscillante intorno al 31%). Tuttavia, questo risultato è dovuto al fatto che il calo dei voti (più di 258.000) sia in linea con il calo generale.
2. La debacle, all’opposto, del centro-destra è imputabile alla   scomposizione dello schieramento moderato in due tronconi: uno col PdL a sostegno di Musumeci, e l’altro a sostegno di Miccichè. La prima delle due coalizioni subisce un vero e proprio rovescio elettorale perdendo quasi il 9%, con il dimezzamento dei voti, ascrivibile essenzialmente alla lista PDL (che perde più del 70% dei voti, solo in parte compensati dalla crescita delle altre liste). L’altra coalizione a sostegno di Miccichè ha un risultato positivo, aumentando i voti assoluti (per effetto della crescita di alcune liste che compensano il calo dell’MPA) e il peso percentuale.
3. La crescita del Movimento cinque stelle, sulla base delle richiamate analisi dei flussi, avverrebbe più a danno delle forze di sinistra e di centro, che di quelle di centro-destra, penalizzate invece dalla forte propensione all’astensionismo del loro elettorato.

 

Ne consegue una valutazione politica generale: il successo di Crocetta e dell’asse PD-UDC è in larghissima misura l’effetto di errori colossali commessi dal centro-destra (che si è diviso) e della crisi inarrestabile del PdL. Si tratta quindi, più che altro, di una vittoria “per abbandono dell’avversario”, mentre non si nota una particolare capacità attrattiva della coalizione vincente. Il risultato, com’è noto, è una vittoria ai punti che non garantisce una maggioranza nell’assemblea regionale, con tutti i rischi d’instabilità e di soluzioni compromissorie che ciò comporta. Infine, merita una riflessione il risultato della coalizione alternativa composta dalle liste dell’IdV e dalla lista unitaria FdS-SEL-Verdi, guidata da Giovanna Marano. Tale coalizione mantiene il peso percentuale complessivo ottenuto nel 2008 dalle liste dell’IdV e dell’Arcobaleno, il 6,7%. Un risultato non molto diverso anche da quello ottenuto nelle consultazioni elettorali precedenti e che testimonia la tradizionale debolezza della sinistra in Sicilia. Naturalmente a questa stabilità in percentuale non corrisponde un’altrettanta stabilità in termini di voti assoluti che, infatti, calano da poco meno di 181.000 a  poco più di 126.000 (con una perdita di circa 45.000).

 

Tuttavia, dietro questo dato aggregato si celano comportamenti molto diversi. La lista dell’IDV cresce in voti assoluti e raddoppia il peso percentuale (dall’1,8% al 3,6%), quella unitaria di sinistra perde più della metà dei voti e vede ridursi la percentuale dal 4,9% al 3,1%. Perché questa differenza? L’analisi dei flussi elettorali a Palermo indica che le principali differenze fra le due liste stanno nella diversa incidenza dell’astensionismo (più forte per l’IdV) e nella diversa propensione a passaggi ad altre liste. Nel caso dell’elettorato IDV una parte è stata attratta da Crocetta e un’altra, in misura minore, da Cancelleri. L’inverso avviene per quello della lista unitaria che subisce soprattutto l’attrazione del Movimento cinque stelle. Nel complesso pare ragionevole ritenere che anche il risultato regionale della lista unitaria sia imputabile in misura rilevante all’erosione di consensi subita a vantaggio del Movimento cinque stelle. Quali siano stati i fattori che hanno determinato questi comportamenti è da verificare. Certamente il cambiamento del candidato ha inciso non poco su una lista che aveva nel proprio simbolo il riferimento esplicito a Fava.

 

L’abbandono di elettori può essere stato ingenerato dalla perdita di credibilità e dal disimpegno che ne è derivato. Non si possono, tuttavia, escludere altre motivazioni, quali: l’insoddisfazione di frazioni dell’elettorato non convinto della coalizione e della lista, un impegno parzialmente inadeguato, la qualità delle candidature, una proposta politica insufficiente. E’ evidente, tuttavia, che la coalizione di sinistra non ha manifestato una capacità propulsiva (ne è testimonianza il non raggiungimento da parte delle singole liste della soglia di sbarramento del 5%), la qualcosa richiede una riflessione più ampia sull’adeguatezza del suo profilo politico.

 

Fonte: controlacrisi.org

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