di Franco Calistri, Socialismo 2000-Federazione della Sinistra -

Il testo di legge della manovra correttiva dei conti pubblici, all'articolo 40, contiene l'ennesimo taglio lineare, non selettivo (mai come in questo caso risulta appropriata l'espressione “ndo' cojio, cojo” ), prevedendo che tutta una serie di regimi di esclusione od esenzione fiscale siano automaticamente ridotti del 5% nel 2013 e del 20 % nel 2014 se, entro il 30 settembre 2013, il governo non sarà riuscito a recuperare dal riordino della spesa sociale e dalla riforma del fisco almeno 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi nel 2014, cosa quanto mai improbabile, almeno con questo governo.

Tra le agevolazioni che ricadono in questa norma vi sono anche le detrazioni (abbattimento diretto dell'imposta) e deduzioni (riduzione del reddito imponibile) oggi applicabili all’imposta sul reddito, nonché le aliquote Iva al 4 per cento (es. pane e pasta) e al 10 per cento, inferiori all’aliquota ordinaria del 20 per cento. In appendice al decreto sono riportate le agevolazioni interessate dall'intervento del governo. Si tratta di ben 474 voci. Da alcune prime simulazione, tenendo presente che le detrazioni Irpef in media valgono circa 2.700 euro per famiglia, il taglio del 5% delle detrazioni Irpef peserebbe sui bilanci della famiglie italiane in misura di 136 euro l'anno, che salirebbero a 544 euro con il taglio al 20%, mentre di 210 euro l'anno sarebbe l'aggravio derivante dall'incremento dell'Iva. Ma questi sono valori medi e qui vale sempre la famosa storia di Trilussa e la statistica del consumo di polli.

Per ovviare a ciò gli economisti della “Voce.info” hanno calcolato l'impatto di questi tagli di deduzioni e detrazioni alle famiglie italiane suddivise in 10 fasce di reddito, a partire dalla prima dove è compreso il 10% delle famiglie più povere, per finire con l'ultima che comprende il 10% delle famiglie più ricche. Il risultato di questo esercizio è che “poiché le più significative detrazioni (per lavoro e famiglia) diminuiscono al crescere del reddito del contribuente, sono particolarmente elevate per le famiglie con reddito medio e basso, che quindi subiscono le maggiori perdite dai tagli previsti. In altre parole, una famiglia appartenente alla fascia intermedia della distribuzione del reddito subirebbe una perdita di reddito superiore, in termini non solo percentuali ma anche assoluti, rispetto a una famiglia ad alto reddito.” Ad esempio per una famiglia compresa nel quinto decile la perdita è di 624 euro l'anno, per una dell'ultimo decile, il 10% di famiglie più ricche, la perdita è di 364 euro.,E già questo sarebbe sufficiente.

Ma, c'è di più e di peggio. L'elemento che non si tiene conto in queste simulazioni e che rende particolarmente ingiusto ed odioso questo modo di tagliare uniformemente tutti i regimi agevolati, indipendentemente dal soggetto che ne è beneficiario ed al suo stato di bisogno, è che non tutti i contribuenti usufruiscono in egual misura di queste detrazioni di reddito e deduzioni di imposta. Ad esempio delle 474 voci prima richiamate e riportate in appendice al decreto ben 130 riguardano specificamente famiglie, redditi da lavoro e pensioni.

Nel capitolo famiglie vengono ridotte le detrazioni per il coniuge, figli, familiari a carico, famiglie numerose e altri familiari a carico. Ora la tabella ci spiega che attualmente ad usufruire di queste detrazioni non sono tutti i contribuenti italiani ma 11.785.000 e che il complesso di riduzione di imposta per ciascun contribuente attualmente ammonta a 892 euro l'anno, ne consegue che una riduzione de 20% si traduce in 178 euro di imposte pro capite in più l'anno. Poi ci sono le detrazioni per spese sanitarie, in questo caso i contribuenti beneficiari sono attorno ai 14 milioni, e l'incremento annuo di imposta pro capite per contribuente è di 35 euro. Nel caso delle deduzioni per versamenti previdenziali ed assistenziali i contribuenti sono 11.600.000 e l'aggravio è di 83 euro l'anno.

Molto peggio se la veda chi aveva diritto a deduzioni per spese mediche e di assistenza specifica nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione; per i 124.000 contribuenti che avevano usufruito di questo tipo di deduzione l'aggravio annuo arriva a sfiorare i 200 euro. Va male anche per i divorziati che potevano dedurre dal reddito gli assegni versati al coniuge, per loro aggravio è di 332 euro l'anno. Vengono colpite anche le detrazioni per chi è costretto a ricorrere ad addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza, 70 euro l'anno di aggravio. Il taglio della detrazioni per il mantenimento di cani guida per i cittadini che li utilizzano comporterà un aggravio per ciascuno di loro di 516 euro.

Nel capitolo lavoro si prevede il taglio delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e pensione che interessa 28.320 contribuenti per un valore pro capite annuo di 1.332 euro, che ridotte del 20% comportano un incremento pro capite per contribuente di 264 euro. Si taglierebbero le esenzioni per le pensioni di guerra che attualmente interessano mezzo milione di contribuenti, in questo caso l'aggravio sarebbe di 180 euro pro capite. Il ritocco del 20% del regime di tassazione del reddito per i frontalieri varrebbe un aggravio di imposte per questi lavoratori di 50 euro l'anno. E si potrebbe continuare l'elenco. Non solo sono i redditi medio bassi a sopportare i costi della manovra ma sopratutto le fasce più deboli e bisognose.

 

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