In attesa che diventi capitale della cultura europea 2019, intanto Perugia è già stata proclamata “capitale dell’eroina”, l’indice di povertà in Umbria inoltre è passato dal 4,9%  a 8,9%, ( si è raddoppiato), l’IMU è ai più alti valori in Italia e c’è anche una multinazionale che ha lanciato un sistema “creativo” di gestione del personale, intanto le attese riforme strutturali regionali latitano. Se qualcuno pensa che tutto questo possa bastare a preoccupare una classe politica  seria e responsabile , si sbaglia di grosso, salvo qualche rara eccezione , la cosa che più impegna i nostri politici è la “questione delle province” che il governo intende razionalizzare nel modo più opportuno cioè accorpandole, modificandole o annullandole, tutto all’insegna della cosiddetta “spending review”, che in italiano non vuol dire altro che revisione della spesa, pubblica ovviamente.

La provincia di Terni resta? E quella di Perugia? Ci accorpiamo con i toscani, con i marchigiani o con i laziali? Diamo Foligno a Terni e Orvieto a Perugia? E Marsciano che fine fa? Sono questi più o meno gli interrogativi angosciosi che pervadono l’iniziativa dei nostri politici, preoccupati prima di tutto (lo vedrebbe anche un neonato) dal pericolo di uno stravolgimento del proprio collegio elettorale, quindi del proprio avvenire politico, quindi della perdita delle rendite e dei benefit che lo accompagnano.

Per carità tutto ciò può essere anche comprensibile data la fragilità e anche la protervia della natura umana,  ma se poi, nell’attuale grave situazione provocata da una crisi finanziaria senza precedenti che flagella l’Italia e l’Europa, debba ancora una volta prevalere il tornaconto personale, è chiaro a questo punto che questa classe politica sta perdendo la bussola. Infatti il futuro dell’Umbria non è certo legato al  fatto se debbano esistere una o due o nessuna provincia, ma è legato alla serietà e all’efficienza della sua classe politica che proprio in momenti di difficoltà come gli attuali deve mostrare tutto il suo valore, accettando anche se fosse il caso, soluzioni che possano  rimetterne in discussione poteri e privilegi.

Che la politica debba perseguire il bene comune è universalmente risaputo, ma occorre che ogni tanto i politici se lo ricordino e lo dimostrino anche ai cittadini ai quali hanno chiesto il voto. Il grottesco rincorrere ipotetiche soluzioni affannosamente, cercando di coinvolgere, in nome della solidarietà di poltrona,  altri soggetti sensibili alle conseguenze della “spending review” è veramente uno spettacolo che fa cascare le braccia, questi atteggiamenti da formicaio impazzito, che il nostro sistema politico sta dando in questi giorni non rende certo una bella immagine della nostra regione, che Moody’s ha già del resto sanzionato. I problemi e i comportamenti sono altri, lo sanno anche i politici  di cui stiamo parlando, perché se continuiamo così siamo già alle prove di dissoluzione dell’Umbria.

Gian Filippo Della Croce
 

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