E’ veramente strano (anche se non è mai troppo tardi) parlare di donne, anzi scoprire le donne, come è accaduto in questa giornata del 13 febbraio , quando le donne hanno occupato le piazze italiane per gridare la loro rabbia contro Berlusconi e tutti quelli che le umiliano, le violentano, le sfruttano, verso coloro che le pagano a parità di lavoro meno degli uomini, che sbarrano loro l’ascesa in qualsiasi campo, determinando il famoso “tetto di cristallo” che è la rappresentazione virtuale di un fatto maledettamente concreto : in Italia le donne sono ancora discriminate.

Si sapeva da un pezzo, ogni anno le statistiche hanno fotografato questa condizione sfornando dati e numeri che nel nostro caso hanno sempre visto le donne italiane agli ultimi posti della specifica graduatoria dell’Unione Europea, ma nonostante tutto le cose sono continuate ad andare come andavano, cioè a sfavore delle donne. Anche la politica, che pure ogni tanto si accorge di loro e leva alte grida di sdegno ricade poi nel consueto silenzio e lascia alla cronaca, anche quella “nera” il compito di continuare a parlarne. Ma la cronaca e soprattutto quella “nera”, non parlano di riscatto ma di morte, di maltrattamenti, di mobbing, di stalking, insomma di tutta quella mefitica miscela che quotidianamente avvelena quello che dovrebbe essere un paritario e civile rapporto fra i sessi.

Così lo “sdegno”, quel forte e civile sentimento del quale ai giorni nostri si sente sempre più la mancanza è scoppiato improvvisamente, dilagando dai mass media alle famiglie, soltanto di fronte a un fatto eclatante come quello della scoperta dell’harem berlusconiano. Un harem che pur essendo domiciliato fra le mura domestiche della residenza del primo ministro tuttavia rappresenta anche una fucina di “talenti” politici, dal momento che diverse ospiti della dimora presidenziale sono poi passate dai divani agli scranni di consigli regionali e comunali nonché parlamentari e senatoriali, fino all’empireo degli scranni ministeriali. E’ soprattutto questa la causa dello “sdegno” del fatto che pur non essendo una condotta esemplare per un primo ministro, la promozione delle “amiche” ad incarichi pubblici ai quali normalmente si dovrebbe accedere per altri meriti è veramente troppo.

La figura della donna ne è uscita umiliata ancora una volta, legata ancora una volta a quella antica funzione di “contorno” e di “piacere” che il potere nel tempo le ha sempre assegnato. Fin qui i fatti che hanno scatenato lo sdegno delle donne, delle donne del nuovo millennio che non conservano nei loro atteggiamenti la furia del femminismo del secolo scorso, ma una serena volontà di migliorare la loro qualità della vita, perché così la vita sarà migliore per tutti, uomini compresi. Ma come fare? Innanzi tutto con una robusta autocritica, necessaria a fare il punto della situazione, una autocritica ( non sanno fare squadra, non hanno uno stile di comando, quando fanno carriera sono peggio degli uomini che tendono ad imitare) che un folto gruppo di lavoro coordinato dall’Istituto Piepoli, ha analizzato per mesi giungendo a formulare alcuni punti fermi, ossia una serie di proposte concrete che un vasto sondaggio fra le donne italiane ha consentito di realizzare e che riguardano maternità, lavoro, tempi di vita, partecipazione, violenza e stereotipi, proposte da consegnare alla politica perché si occupi delle donne in maniera seria.

Certo da fastidio considerare come la politica si sia “sdegnata” soltanto di fronte ad una inchiesta giudiziaria dei magistrati milanesi, perché sorge spontanea la domanda: e se l’inchiesta non ci fosse stata, lo sdegno generalizzato ci sarebbe stato lo stesso? La politica ha molto da farsi perdonare dalle donne, ma se guardiamo alle loro proposte avrebbe tutto da guadagnare a farle proprie perché sono proposte che favoriscono lo sviluppo economico e sociale del paese. La politica e la sua lontananza dalla società civile ha nel rapporto con le donne il suo culmine, perché ne ha condizionato pesantemente la partecipazione .

Quote “rosa” ed altri marchingegni per consentire la partecipazione femminile alla politica sono stati nel tempo soltanto dimostrazioni di una “cattiva coscienza” e non hanno volutamente risolto il problema. Sono strumenti che oggi non possono venire riproposti nello stesso modo e con lo stesso significato, anche perché questa classe politica stanca e a corto di idee, ha bisogno di un rinnovamento del quale anche le donne debbono essere protagoniste. Sì , farebbe rabbia se ancora una volta la politica si accorgesse di loro soltanto perchè dei magistrati hanno pescato una minorenne in un festino a luci rosse, anche se avvenuto nella residenza e alla presenza del presidente del consiglio.

GIAN FILIPPO DELLA CROCE
 

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