Lavoro: si sta come d'autunno...
La pervicacia del Governo Berlusconi sulla materia del lavoro è sconvolgente.
In queste ultime giornate, nonostante la spina stia per essere
staccata, il governo avanza come un carro armato su una sola materia:
la distruzione del diritto al lavoro e dei diritti sul lavoro.
Nel cosiddetto “Collegato lavoro” che entrerà in vigore dal 24
novembre, tra gli altri sconquassi introdotti, viene introdotta la
norma che riduce a 60 giorni il periodo in cui è possibile fare causa
ad un datore di lavoro per l'interruzione di un contratto temporaneo
che si ritiene irregolare.
Fino ad oggi dovevano trascorrere 5 anni per la prescrizione e quindi
poter far causa. A partire dal 24 novembre prossimo il lavoratore avrà
soltanto 60 giorni a disposizione per impugnare l'atto con cui viene
estromesso dal lavoro.
Il peso di questa norma assolutamente iniqua e penalizzante per la
parte debole del rapporto di lavoro, ha ricadute gravissime sui
lavoratori precari, quelli a contratto a tempo, che, una volta concluso
il tempo contrattuale, dovranno decidere se impugnare il contratto,
avendo coscienza che qualcosa non funziona, in tempi rapidissimi,
pregiudicando a se stessi la possibilità di aspettare mesi prima di far
causa aspettando che magari venga attivato un possibile rinnovo del
contratto.
In parole povere, o il lavoratore fa subito causa, e non avrà più
speranza di essere riassunto, o attende oltre i due mesi, aspettando il
rinnovo, ma pregiudica la possibilità di far ricorso al giudice.
E' una norma ricattatoria, che mette centinaia di migliaia di persone
nella condizione delle foglie al vento, fragili e destinate a cadere.
Il liberismo, sostenuto dalla cultura economica e sociale delle forze
di centro destra ed accettato se non condiviso da molte aree del
centrosinistra, ha reso strutturale la precarietà nei paesi
occidentali, con elementi esasperanti e pesanti nei paesi più esposti
alla regressione del sottosviluppo, Italia in particolare.
Il processo, iniziato a partire dalla metà degli anni ottanta, ha
trovato nell'affermazione come leader di Berlusconi la possibilità di
accelerare e seppellire quasi definitivamente l'idea della centralità
del lavoro come elemento costitutivo di una società civile ed evoluta.
Capacità di far soldi e furbizia sono diventati gli elementi qualificanti di una persona.
L'onestà e la rettitudine. Il rispetto delle regole ed il
perfezionamento di esse in senso democratico e libertario sono ormai
percepiti dalla gran parte degli italiani come elementi di ritardo
culturale e di regressione sociale.
La relazione individuale e l'affermazione del singolo sono cresciuti di
pari passo alla stabilizzazione della precarietà del lavorare, del
vivere e persino dell'esistere.
Ma è tanta la necessità di settori della società italiana,
dell'imprenditoria e del sistema economico di dare una spallata
definitiva ai diritti del lavoro che riescono a far produrre ad un
governo ormai in stato vegetativo azioni devastanti.
Nelle stesse giornate riemergono i dati sull'evasione fiscali ed il
ministro Sacconi esplicita la sua filosofia per un nuovo Statuto dei
Lavoratori.
I dati IRPEF pubblicati ieri dal Dip. Finanze relativi al 2008 ci
mostrano un'Italia nella quale 10 milioni di contribuenti non pagano
Irpef grazie alle detrazioni fiscali. Due terzi di quanti presentano
denuncia dei redditi dichiarano meno di 20mila euro l'anno e solo l'1%
denuncia più di 100mila euro, naturalmente lordi. Anche fonti
Confindustria calcolano l'evasione intorno ai 150miliardi di euro
l'anno, pari al 10% del PIL.
Il ddl Sacconi per il nuovo “statuto dei lavori” composto da un solo
articolo e cinque commi azzera lo Statuto dei Lavoratori partorito
circa 40 anni fa da vecchie menti socialiste.
Anche Sacconi è stato tra i socialisti, ma evidentemente qualcuno stava nel posto sbagliato.
Vengono individuati diritti fondamentali, recepiti dalla Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione Europea, e poi il deserto, o meglio il
“far west”
L'area di tutela viene affidata alla “contrattazione collettiva” che
potrà andare “in deroga alle norme di legge”. E la deroga, specifica il
ministro, può andare anche in senso peggiorativo della stessa legge. In
poche parole, mentre oggi sono individuati limiti verso il basso che
non possono essere “contrattati”, domani sarà possibile fare accordi e
contratti che superino i limiti minimi stabiliti dalla legge. Vengono
individuati, a garanzia, avvisi comuni tra le parti sociali che però,
ribadisce il ministro, avranno validità anche senza l'unanimità. I
diritti dei lavoratori, in sostanza, saranno nella piena disponibilità
di padroni e rappresentanze compiacenti che, appellandosi ad esigenze
particolari, possono imporre ai lavoratori qualsiasi condizione di
lavoro: la legificazione del modello Marchionne!
E' incredibile che mentre è maturato lentamente il processo di
precarizzazione del lavoro e della vita degli italiani la sinistra non
sia stata capace di ostacolare il “contagio” anche tra i lavoratori
opponendosi e rendendo necessaria e visibile l'opposizione a questo
disegno di destrutturazione della società italiana.
E' grave che mentre sta accadendo tutto questo e di fronte alla forte
accelerazione data in questi ultimi mesi dai padroni italiani con la
complicità del governo e di molte parti sociali, comprese aree del
sindacato, la sinistra, più o meno moderata, sia concentrata
esclusivamente sulla strategia parlamentare e sulle spine da staccare.
Se rottamatori, narratori, fini strateghi, giovani rampanti, moderati
democratici ed illuminati, concentrassero la propria attenzione sulle
condizioni di una paese che non riesce più a dare risposte né ai
bisogni delle persone, a cominciare da quelle più deboli, né al bisogno
di futuro di milioni di giovani si accorgerebbero che passare ore ed
ore in televisione a parlarsi addosso od al massimo di Berlusconi non
aiuta a risolvere i problemi.
Il Governatore della Banca d'Italia, Draghi, ha recentemente ribadito
che la precarietà è il male, è il cancro di una società. Una società e
le relazioni umane che la caratterizzano non possono fondarsi sulla
precarietà. La precarietà è una condizione umana, prima che economica,
inaccettabile.
La precarietà dell'individuo atomizzato si somma a tutte le altre senza fare rete e tessuto sociale.
Ed allora, senza cure, prima o dopo questa condizione innescherà una
reazione a catena di cui cominciano a manifestarsi le prime avvisaglie,
per ora fuori dall'Italia.
La politica deve tornare a svolgere la funzione che le è propria nei
sistemi democratici: individuare le malattie e curarle nell'interesse
comune dei cittadini. I quali, solo da un sistema di regole, garanzie e
diritti e dal loro esercizio consapevole, possono avere assicurato e
percepire la propria cittadinanza.
E' urgente dire ed affermare la necessità di interventi profondi per
ricostruire una società, quella italiana, che sta scivolando
pericolosamente verso l'imbarbarimento.
La sinistra non può non sapere che ciò può essere fatto soltanto unendo
gli sforzi e superando divisioni che non servono a dare risposta ai
bisogni di sempre più persone che sono sempre più povere, non solo di
denaro, ma di diritti e dignità.
Il Vicepresidente del Consiglio Regionale
Orfeo Goracci
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