di Paolo Felici

Sapete quale è una delle cose più affascinanti di chi opera, a vario titolo, nel mondo dell'edilizia? Riuscire a realizzare un'opera al prezzo giusto.
Sbilanciamenti in un verso o nell'altro portano a risultati inevitabili, scontati; così come è impossibile che qualcosa veda la luce se non c'è abbastanza danaro, così è fin troppo semplice condurre un appalto in porto avendo a disposizione coperture economiche senza fondo; anche se questo ultimo caso, in Italia, è ancora possibile, specialmente quando si allineano due eventi di per sé poi nemmeno così rari, come l'inettitudine degli operatori e la mancanza del limite di chi non pensa ad altro che al guadagno. Nello schieramento lineare degli astri, terra luna sole, tutto si adombra, così come i malsani comportamenti tutto offuscano.
“Il prezzo giusto”, del resto, è un gioco che si ripete da sempre nella vita dell'uomo. Siamo costantemente impegnati nella spesa equilibrata, a partire da quella alimentare; la nostra economia è cosiddetta “di mercato.” L'impegno contrapposto di chi cerca la vantaggiosa vendita rispetto a chi ha in testa il miglior acquisto ha portato benessere e distribuzione delle risorse, garantendone il giusto ricircolo.
A tal proposito un'altra contrapposizione si svolge al disopra di questo semplice sistema. C'è innanzitutto la politica, che dovrebbe rappresentare il volere dei cittadini nel determinare le regole del gioco; ci sono poi gli interessi, quelli che, abbiamo ormai verificato varie volte, non hanno spesso limite; c’è inoltre, in edilizia ma non solo, un fattore che è emerso prepotentemente negli ultimi anni, e ha, questo sì, dei limiti ben precisi: è la risorsa ambiente. Pertanto, prima di tirare bilanci e considerazioni, chiediamoci che cosa significa prezzo giusto. Ritengo che il mercato dell’edilizia stia virando velocemente in una direzione ben precisa, rincorrendo sensibilità fino a qualche tempo fa sconosciute. Provate a chiedere a qualche impresa di costruzione “come vanno gli affari?” Vi sentirete dire che si vende solo quando il prodotto è di qualità. Il cittadino che acquista preferisce un immobile che disperda il meno possibile, realizzato con elementi di valore e soprattutto ecosostenibili. La caratteristica “bio” si affaccia ormai in ogni strategia di vendita immobiliaristica. Nel settore pubblico, che deve esprimere sperimentazione e applicazione normativa, tale qualità contraddistingue ormai da tempo i prodotti degli appalti.
Qualcuno l’aveva detto: “la crisi porterà pulizia”. E’ quello che sta avvenendo. Chi non ha resistito, chi economicamente ci ha lasciato le penne, è colui che è rimasto legato alle vecchie logiche del “minor prezzo”, alla capacità di vendita e acquisto degli attori principali. Chi ha abbracciato le nuove filosofie di rispetto ambientale, distogliendo parzialmente lo sguardo dai guadagni, è sopravvissuto e, ne sono convinto, avrà successo.
Gli interessi, in questo caso, hanno un limite congruo, che talvolta potrebbe anche assottigliarsi eccessivamente a causa della pesante crisi ancora in corso. E’ su questo punto che le politiche nazionali e regionali, anche se hanno compiuto passi enormi, accompagnando la crescente sensibilità nei confronti dell’ambiente con norme atte a certificare la sostenibilità, devono fare di più. La Regione Umbria ha avviato, recentemente, una sperimentazione molto interessante. Anche in edilizia si può incentivare la filiera corta. Un passaggio che porterebbe ad una diminuzione dei costi, con il vantaggio di avere in cantiere prodotti che provengono da materie presenti nel territorio. L’artigianato e le lavorazioni tipiche avrebbero nuovi stimoli. L’ambiente costruito o ricostruito sarebbe sempre più contraddistinto dalla posizione geografica, creando diversità, che è ricchezza.
Se la politica e la funzione pubblica riusciranno a compiere questo ulteriore sforzo realizzare un’opera in edilizia sarà molto più affascinante che eseguirla al prezzo giusto.
 

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