di Franco Calistri, Socialismo 2000 Umbria -

Le aperture di Bersani alla Lega sul federalismo, mossa pericolosa per il paese. Siamo veramente convinti che il federalismo, costruito come lo si sta costruendo in questo paese, sia veramente quella riforma epocale che da tempo aspettano gli italiani. Non c'è il rischio reale che con l'introduzione del federalismo aumentino le diseguaglianze e si rompano le solidarietà. Un esempio, si veda la tassa su i terremoti introdotta nel decreto mille proroghe.
 

Il segretario del Partito Democratico Bersani in una lunga intervista al quotidiano della Lega, la Padania, si propone come interlocutore del Carroccio sul terreno delle riforme, prima fra tutte quella del federalismo, definita come “riforma storica, epocale per la democrazia italiana” , partendo dalla considerazione che, pur partendo da posizioni diverse ed anche alternative, “due sono le uniche vere forze autonomiste del Paese, il PD e la Lega”.

Al di là dell'evidente dose di tatticismo contenuta nell'intervista di Bersani, stando ai contenuti, siamo veramente convinti che il federalismo, costruito come lo si sta costruendo in questo paese, sia veramente quella riforma epocale che da tempo aspettano gli italiani, la priorità delle priorità, come sembra dalle parole del segretario del PD? Il federalismo, come sta venendo avanti in questo paese, che tra pochi giorni festeggerà i 150 anni della sua unificazione, è una strana creatura. In generale i processi di costruzione di realtà federali si sono sempre mossi secondo il criterio a pluribus unum, ovvero entità diverse operano progressive cessioni di sovranità a favore di un soggetto terzo, che si impegna ad operare per una riduzione delle differenze e delle diseguaglianze tra i diversi soggetti, riconoscendo egual diritti ed egual doveri ai cittadini dei diversi stati o entità che decidono di aderire ad un processo di costruzione di uno stato federale.

Così è successo e succede in tutto il mondo laddove stati diversi scelgano la strada dell'unificazione federalista. In Italia, curiosamente, ci si muove sulla base di un criterio esattamente opposto: ab uno plures. Ovvero partendo da uno stato unitario, che per sua natura salvaguarda e promuove l'eguaglianza di tutti i cittadini in tutti i campi (ed in questo la nostra bella Costituzione è chiarissima) si vuole giungere ad una struttura federale che inevitabilmente porterà ad accentuare differenze e diseguaglianze.

Il federalismo è di per sé un processo profondamente impastato di conflitti, di egoismi piccoli e grandi, è intrinsecamente meno egualitario, spacca la cittadinanza unica, l'unica di titolarità dei diritti in tante sotto cittadinanze. E se questo è vero in generale, lo è ancor di più per questa nostra Italia segnata in questi anni dalla cultura dell'individualismo esasperato, della rottura delle solidarietà e, grazie anche alla fine dei grandi partiti di massa, dal progressivo venir meno dell'idea di essere parte di un destino collettivo, in altre parole tutto quel coacervo di egoismi che il berlusconismo ha portato a regola, archetipo di comportamento. Cosa potrà mai essere il federalismo costruito in questa temperie di rozza incultura.

Parlare come fa il PD (per la verità con toni sempre più flebili) di federalismo consapevole e solidale è una semplice presa in giro. Senza attendere la grande riforma, esempi di come si intenda questo federalismo ce ne sono a iosa, non ultimo quello contenuto nel decreto cosiddetto “mille proroghe”, nel quale si autorizzano le Regioni ad aumentare l'addizionale IRPEF per fronte ad interventi per calamità naturali o altro tipo di emergenze.

Per cui basta con interventi di solidarietà nazionale a carico del bilancio dello stato, a ciascuno il suo, ognuno badi alle emergenze sue, e se hai la sfortuna di vivere in una zona sismica e succede qualcosa, cavoli tuoi, non contare sullo stato, al massimo potrai contare sulla solidarietà dei tuoi corregionali. D'altro canto non si tratta altro che della messa in pratica di quanto affermato pochi mesi, proprio a proposito della situazione del terremoto aquilano dall'ineffabile europarlamentare leghista Borghezio. Se questo è il dazio da pagare alla Lega per indurla ad abbandonare Berlusconi, no grazie.


 

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