«In chiesa ho pianto. Ma il vero groppo in gola è adesso: a passare in piazza della Repubblica, alzare d’istinto lo sguardo ma non vederlo lì, seduto al bar con il caffè l’acqua e un goccio di prosecco, e non sentire il suo saluto leggendario». Questa è la sintesi di quello che Paolo Vinti, personaggio amatissimo a Perugia, ha lasciato. E se (questa è la tesi) la scomparsa di un uomo, di intelligenza curiosa e particolare, crea il vuoto in un’intera città, l’unica ipotesi è che fosse grande, questo uomo. Leggendario.

È difficile raccontare la storia e la vita di un uomo che tanto ha dato alla città, alla politica, alla società. Ai giovani. Partendo proprio da quella «tesi ipotesi sintesi» che dava inizio alle sue declamazioni. Seguita da «traiettoria consistenza realizzazione.

Pensiero idea programmazione. Teoria ideologia rivoluzione. Cosmo rosso. Cosmo, libertà ed uguaglianza». Incomprensibile per chi non lo ha mai ascoltato, ma un ritornello amato e atteso da chi era abituato a sentirlo la notte nei pub, la domenica mattina in piazza, durante i pranzi o le conferenze. Dove c’era da parlare di politica, di società, di conflitti, di passione e di resistenza, Paolo era lì. E Perugia lo ha amato. Alla notizia della sua morte, lo scorso 28 novembre, la città si è fermata.

Una domenica mattina di pioggia e dolore, con le notizie che correvano in rete, le smentite che arrivavano come aria fresca nei polmoni. Fino al «Saluto al compagno Paolo» pubblicato su UmbriaLeft. Era mezzogiorno e i redattori del giornale della sinistra umbra lo hanno fatto sapere così: «Il leggendario compagno Paolo si è coniugato con il Cosmo stamattina. Stefano e Barbara lo annunciano, con emozione altissima». E l’emozione altissima (la frase con cui Paolo apriva i suoi interventi e i suoi saluti) per la scomparsa è arrivata da tutte le parti.

Dalla presidente Catiuscia Marini al sindaco di Perugia Wladimiro Boccali, che durante il funerale non ha mai smesso di soffiare lacrime nel suo fazzoletto. E poi Locchi, Guasticchi, Brega, Brutti. Tutta la politica e la cultura regionali si sono mosse, ma non solo quella di sinistra. Anche Alessandro Campi, l’ideologo di Futuro e libertà, ha rivolto in rete un saluto a Paolo Vinti «nota di colore, intelligenza e passione politica». Perché tutti hanno un ricordo di Paolo Vinti e quelli più belli sono quelli sentiti sussurrare per giorni lungo corso Vannucci, durante il ricovero di Paolo quando anche gli atei pregavano per la sua salute, e quelli lasciati dopo la sua coniugazione con il Cosmo su Facebook. «L’ho visto in piazza Italia poche ore prima che si sentisse male. Salutava i compagni e diceva che la vittoria era vicina», racconta Simona. «Non vedeva l’ora che arrivasse il 14 dicembre: voleva esserci. Aspettava la fine di questo governo», spiega Maura. E il dolore del tassista che l’ha accompagnato a casa per l’ultima volta, quel lunedì pomeriggio che si è chiuso con il maledetto ictus. E la sigaretta che ha chiesto appena svegliato e il ricordo di un lettore: «Paolino Vinti è steso sul letto dell’ospedale, la parte sinistra del corpo già paralizzata dall’ictus che lo condurrà alla morte.

Quando gli viene chiesto di provare a muovere il braccio sinistro lui non fa una piega. Con il braccio destro lo afferra e lo solleva. La mano sinistra stretta in un pugno per l’ultima, eroica volta». Paolo era così. Quelle due cravatte portate sempre insieme e slacciate. Con una spiegazione raccontata da Enrico: «Una sera gli diedi un passaggio e gli chiesi “Paolo? Perché porti due cravatte?” “Perché una ce l’hanno tutti compagno, una ce l’hanno tutti”». E al suo funerale, mentre in una chiesa sconsacrata e gremita, con la gente gonfia dal pianto in fila anche fuori, si cantava “Bella ciao” e “L’Internazionale”, sulla bara, tra le bandiere rosse e tricolori listati a lutto, una ragazza poggia una cravatta. E la sistema in quel modo un po’ così, sghemba libera e aperta, che di Paolo era il simbolo.

Lo ricordano tutti, i collettivi e Wu Ming, i teatri e i centri culturali. I colleghi di Umbria24 chiedono al sindaco Boccali di intitolargli una piazza e lo ricordano gli amici del Kandinsky e del Loop che hanno organizzato due serate per omaggiarlo. Con a “disposizione un microfono, compagno”.

Lo ricordano tutti e non ci si crede. E tra piazza della Repubblica e piazza Italia quell’assenza è ingombrante. Lo ricordano i ragazzi che manifestano contro i tagli all’università: sui loro striscioni, la frase “Paolo non ti preoccupare, la rivoluzione la faremo”. Il ministro Gelmini non capirà, ma i manifesti con il volto di Paolo stilizzato sono stati l’anima della protesta.

Lo hanno ricordato anche allo stadio con quel “Ciao Paolo con emozione altissima” che gli Ingrifati esposto durante la partita tra Pianese e Perugia. Non amava il calcio, Paolo, su internet lo si ricorda piuttosto nuotatore. Lui, giornalista, scrittore e intellettuale. Curioso. Particolare. Sempre pronto a informare sulle elezioni in Egitto, in Bolivia e in qualche altro paese sperduto dell’America Latina. Racconta Simone: «Ricorderò sempre una sera al Kandinsky, tu entrasti e mi dicesti che si era vinto nello Zimbabwe. Io ti risposi chi avesse segnato». E Paolo spiegava. Un sorriso e una sigaretta. Perché «la migliore è la prossima» e «Paolo è la mia Perugia di lotta e resistenza. Paolo è corso Vannucci che echeggia di leggendaria emozione. Paolo è quella passione che mi resterà dentro per sempre. Ciao compagno».

 

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