di Stefano Galieni - Due toni, due cifre comunicative e due culture profondamente diverse quelle di Paolo Ferrero e Antonio Di Pietro. Eppure al dibattito a cui hanno dato vita alla Festa romana della FdS, moderato da Mariella Venditti del Tg3, sono stati più i punti di convergenza che quelli di disaccordo. Certo aiuta un quadro politico, sociale e istituzionale, che impone scelte nette e chiare. L’incontro risentiva dei risultati positivi delle scadenze amministrative e referendarie, ma comunismo e mondo liberaldemocratico hanno cercato un terreno di confronto ragionando non solo della cacciata di Berlusconi, ma anche di come impedire il riproporsi di soluzioni non idonee ad affrontare la crisi. Un dibattito a tutto campo quindi, dalla guerra al lavoro, alla precarietà, alle questioni fiscali, alle pensioni. E il tono più polemico lo ha forse tenuto il leader dell’Idv, accusando il resto dell’opposizione parlamentare, Pd in testa, di essere stata poco incisiva: “In certi casi ci è toccato supplire ad una sinistra di cui si avverte la mancanza in parlamento”, ha detto senza mezzi termini ad un pubblico vasto e attento che, anche dopo quasi un ora e mezzo di confronto serrato, chiedeva ancora di continuare. Le parole di Di Pietro sono state per sua stessa ammissione
la prosecuzione di quanto affermato poche ore prima in aula, suscitando perplessità nel Pd, ovvero dando ragione a Berlusconi quando questi ha affermato che nel Parlamento e nel Paese sembrano esistere diverse opposizioni non in grado di trovare un punto di accordo. Per Di Pietro la questione non può risolversi attraverso l’individuazione di un leader, per quanto capace di affabulare – esplicito riferimento a Vendola – ma va cercato nella costruzione di un programma chiaro ed esplicito, che veda le forze concordi. “La maggioranza parlamentare non si stacca dalla poltrona – ha affermato – e il “Terzo polo” proprio in quanto terzo cercherà di andare da solo. Quindi il Pd deve uscire dall’ambiguità e dire cosa vuole fare”. Per il segretario del Prc la discussione su un programma deve uscire dalle stanze del palazzo e vivere nel confronto con i precari picchiati davanti a Montecitorio, con chi è contro la guerra e per la difesa dei beni comuni, per l’abolizione di leggi come la 30 che pecarizza il lavoro. Un mondo di soggetti non rappresentati a cui vanno date risposte e con cui vanno presi impegni vincolanti. Per Di Pietro la contrarietà alla guerra è un punto che accomuna FdS e Idv, così come è comune la volontà di realizzare un “fronte di resistenza al governo della P2″. Complesse e in parte diverse le proposte per uscire dalla crisi e rilanciare lo sviluppo. Per Ferrero il problema da affrontare sin dall’inizio è la lotta ad una precarietà a vita, per anni spacciata come flessibilità positiva; per Di Pietro la flessibilità, se scelta e non subita, può rappresentare una fase transitoria, prima di essere immessi stabilmente nel mondo del lavoro, altrimenti diventa caporalato e, in tempo di crisi, è il caso di ripensare la stessa cassa integrazione – una vera e propria agonia lenta – e di sostituirla con contratti di solidarietà, aiutando nel frattempo le imprese che assumono stabilmente e creano buona occupazione. “del capitale della Fiat mi interessa poco – ha affermato – mi interessa che garantisca i suoi lavoratori”. Secondo Ferrero “le imprese sono già tassate con 10 punti percentuali in meno dei pensionati. A pagare non deve essere chi ha meno reddito e i 40 miliardi di euro che chiede l’Europa li deve cacciare chi li ha. Quello che occorre è un vero e proprio “scalino” che punisca economicamente chi delocalizza il lavoro e chi evade i contributi. Occorre poi tassare le rendite e i grandi patrimoni. Non basta che l’adeguamento agli standard europei sia nel programma di un governo se poi, come è già successo, tutto si ferma in una commissione. La crisi è frutto di una speculazione finanziaria che ha favorito le banche private, che dovrebbero tornare pubbliche. Di Pietro, che considera l’economia basata solo sul capitale una idea padronale e che difende senza riserve l’articolo 41 della Costituzione, ha provato a definire la crisi partendo dal fatto che nel 50% del mondo si sfrutta in maniera schiavistica la forza lavoro, per arrivare a criticare una parte degli imprenditori italiani in quanto capaci di speculare e non di produrre. Quella che va invece garantita è una difesa della dignità del lavoro che anche il Pd spesso ha accantonato:”Abbiamo dovuto fare noi la sinistra presentando una legge che garantisca la rappresentanza in fabbrica. Quello che occorre è una dialettica paritaria fra lavoratori e datori di lavoro”. E se per Ferrero il richiamo alla produttività come all’avanzamento dell’età pensionabile si traduce in maggiore disoccupazione, per il leader Idv si può anche ridiscutere una riduzione dell’orario di lavoro come chiesto dal Prc, garantendo dignità a chi lavora. Le domande della giornalista si sono poi concentrate sugli scenari politici e se Ferrero ha richiamato all’unità della sinistra, in una condizione dialettica col Pd, è stato Di Pietro a sottolineare come il leader di Sel sia troppo interessato “ad essere qualcuno invece di fare qualcosa”. Dunque “per pensare a riunirsi, quello che servirebbe sono pochi e chiari punti condivisi su cui far convergere Pd, Idv, Sel e anche la Fds se disponibile”. Di Pietro ha poi citato Napoli come un esempio di discontinuità politica che ha visto proprio Fds e Idv rompere col passato. Ferrero ha rilanciato la proposta di primarie sul programma e non sui nomi, chiedendo a tutti quelli e quelle che vogliono partecipare alle scelte, cosa pensano della guerra, delle privatizzazioni, della precarietà e delle modalità per far pagare la crisi a chi l’ha provocata.

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