PERUGIA – Stefano Vinti sembra prenderla alla lontana: Torino, la Fiat, Marchionne, la Fiom. Ma che c’entrano con l’Umbria? “C’entrano, c’entrano”, promette il segretario regionale di Rifondazione comunista, mentre si sfila il cappotto da grande freddo e il cappello di lana di cachemire. “I soliti comunisti con il cachemire…”, scherza.

Allora, segretario, il caso Fiat cosa ha a che fare con la nostra regione?

Io penso che il giudizio sul caso Fiat segni uno spartiacque tra chi contrasta il modello Marchionne e chi lo accompagna.

Chiaro. E l’Umbria?

C’entra perché quel giudizio da una parte raffredda lo schieramento di centrosinistra, dall’altra ne rinsalda alcune aree.

Quali?

Chi ha aderito alle manifestazioni della Fiom e allo sciopero del 28 si differenzia in modo netto da chi non ha aderito.

Nel primo caso parliamo della Federazione della sinistra, Idv e Sel, nel secondo del Pd.

Appunto. Qui c’è un discrimine. Io credo che anche in Umbria, partendo da questa questione, ci siano le condizioni per la costruzione di una rete delle forze politiche, sociali e culturali che sostengono la battaglia della Fiom alla Fiat.

Ma da questo cosa ne discende?

Intanto, che in occasione delle amministrative questa area politica può influenzare nettamente i programmi riguardo al nascente federalismo, e a come l’Umbria ci starà dentro, e anche a come va contrastata la crisi economica e sociale. Ancora di più: perché non pensare di costruire liste comuni della sinistra alle prossime elezioni?

La domanda a chi è rivolta?

A quelli che stanno con la Fiom e che sostengono i due referendum per la ripubblicizzazione dell’acqua e contro il nucleare. Nel centrosinistra ci sono due aree, il polo dei beni comuni e delle solidarietà e del Pd. Il primo, se mette insieme le sue forze, pesa in termini elettorali quasi quanto il secondo. Federazione della sinistra, Sel e Idv nelle ultime elezioni regionali, con Sinistra critica, hanno raggiunto quasi il 20 per cento dei consensi. Da questa forza bisogna partire per costruire col Pd un rapporto non di subordinazione, ma paritario. In questo modo è possibile dare forza anche a quel pezzo di gruppo dirigente e alle migliaia di militanti di sinistra del Pd. Perché non ci sfugge che è in corso in Umbria, dentro quel partito, una operazione che parte da alcuni vertici istituzionali, da alcuni consiglieri regionali, e anche da alcuni poteri forti fuori dalle istituzioni…

Si riferisce?

Mi riferisco, ad esempio, alla vicenda dei santi da introdurre nello Statuto regionale e a chi l’ha ispirata. Una vicenda che tende a dividere il centrosinistra attraverso uno scontro paraideologico. E questo può alludere, oltre che ad una forte divisione politica e culturale, anche ad una divisione sul piano organizzativo.

Vuole dire che nel Pd c’è chi, ad esempio gli ex Dl, è tentato di prendere un’altra strada?

Sullo sfondo c’è questa minaccia con il tentativo di conquistare sia a Terni che a Perugina ulteriori spazi. Tante iniziative lo stanno dimostrando. Allora, riconquistare da parte della sinistra un punto di vista laico delle istituzioni sarebbe un’azione riformatrice vera, che aiuterebbe anche pezzi consistenti del Pd a sostenere questa azione.

Dunque, ricapitolando: dalla sinistra, attraverso anche liste comuni, confronto serrato e paritario col Pd, sostegno all’area di sinistra di quel partito. Un bel sogno, non trova?

Certo, tutto questo non si può fare a voce, ma solo se c’è una sinistra che tira, che sposta il ragionamento dalla mera amministrazione ad un posizionamento più consono al suo carattere. E dunque, laicità, questioni sociali, autonomia dentro lo scacchiere della politica regionale.

Ma proprio a sinistra c’è una forte e spesso aspra competizione. Voi, ad esempio, in Regione avete spesso litigato con l’Idv, per non parlare delle Federazione che ancora qui non riesce a vedere la luce.

La Federazione nascerà presto.

Ma c’è chi è contrario, come Carpinelli, ex segretario regionale del Pdci che si è autosospeso.

La sua posizione è triste e imbarazzante.

Comunque, voi con i dipietristi vi siete accapigliati sulle presidenze di alcune commissioni. Non è incoraggiante per un percorso unitario.

Ci sono motivazioni che vanno oltre le quotidiane scaramucce di posizionamento. E sono quelle appena descritte. Poi ci troviamo di fronte al fatto che con la riforma della rappresentanza dei consigli comunali e la sua riduzione del 20 per cento, per entrare nelle assemblee elettive ci vogliono percentuali differenti dalla passata tornata, fra l’8 e il 10 per cento. Se non ci mettiamo d’accordo, può darsi che nessuno entra, dove si vince, dove si perde non se ne parla. Perciò è inutile che facciamo i galletti e non vediamo che il nemico è alle porte.

Quindi la sinistra inizia l’offensiva…

La sinistra deve mettersi insieme perché riguardo alla società, ai beni comuni, all’energia, ha una visione omogenea e per difenderla sta andando contro tutti, il Pd, il Pdl, la Confindustria, la Cisl, la Uil ù, la stessa Camuso della Cgil…

Ma basta essere contro?

Non so se basta, ma la conditio sine qua non per fare un’operazione del genere è questa. In un sistema che è sempre più maggioritario e bipolare è il discrimine sociale che determina i processi unitari, la condizione per avviarli. Noi non ne facciamo un problema di leadership. Non vogliamo costruire solo i tavoli, ma fare un’azione sociale e culturale unitaria. Questa non è proposta politicista, parte dalle questioni concrete del territorio, del sociale, su cui ci sono uguali sensibilità, per arrivare alla politica.

Ma la politica in Umbria e nel centrosinistra sembra davvero latitante. Al meglio, balbettante. Non c’è confronto, al peggio neppure trattativa. Manca una regia. Impressione sbagliata?

Non è sbagliata. Ci sono solo pallidi incontri dove il Pd non sembra in grado di alimentare, rafforzare, radicare la coalizione. Un quadro preoccupante per lo stesso Pd. Da parte di quel partito c’è una carenza di iniziativa politica, un pò perché bloccato dallo scontro interno e un pò forse per la scarsità delle idee. Non mi sembra che stia mettendo in campo un’azione che dia forza alla politica e al centrosinistra. Le cose da discutere sono tante, dalle riforme endoregionali al rapporto con l’Università per l’integrazione della sanità. La coalizione dovrebbe essere un motore che alimenta, appoggia, critica, traina i percorsi politici e amministrativi delle istituzioni.

Invece?

Invece è solo un pallido, sgangherato comitato elettorale, dove i territori lasciati da soli sono prigionieri delle proprie logiche locali.

Ma le vostre ambizioni quali sono?

La coalizione deve essere plurale. Occorre un processo di rinnovamento e sono necessarie amministrazioni che abbiamo all’ordine del giorno come l’Umbria sta dentro il federalismo e come queste istituzioni contrastano sul territorio la crisi economica e sociale.

Bene, ma voi cosa chiedete?

Naturalmente non posso parlare a nome della sinistra. Dico però tre cose fondamentali: se c’è la volontà politica a Gubbio siamo per ricostruire il centrosinistra. La candidata naturale è Cristina Ercoli e la sottoponiamo alla coalizione. Se poi una parte del Pd pensa di fare la guerra a Rifondazione e alla sinistra vedremo cosa succede. Ad Assisi è stata avanzata la candidatura di Cianetti. Nessuno ha detto se va bene o male. Se il Pd ha un candidato si facciano le primarie. A Città di Castello si è fatto un passo avanti con la perimetrazione della coalizione. I socialisti hanno avanzato la candidatura di Bacchetta, ma il Pd che dice? Se converge su di lui il problema è risolto.

Se per questo, anche l’Idv vuole il sindaco di quella città. In questo caso l’unità della sinistra come funziona?

E’ evidente che i problemi non solo in casa Pd, ma anche a sinistra, che deve essere capace di avanzare candidature unitarie. Comunque, in presenza di più candidati a sindaco, noi proponiamo le primarie della coalizione.

 

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