Non è vero, come si è talvolta affermato in questi mesi, che il credito bancario alle imprese e alle famiglie produttrici sia in ripresa, dopo la lunga caduta avvenuta durante la recessione scoppiata a livello finanziario nell’ultimo trimestre 2008, per poi propagarsi nell’economia reale. A dirlo sono, in modo incontrovertibile, gli ultimi dati ufficiali della Banca d’Italia, relativi alla fine del I trimestre 2017 (vedere tabella 1). In questo trimestre infatti, in Italia il credito alle imprese e alle famiglie produttrici risulta sceso, rispetto allo stesso trimestre del 2016, di altri 24,97 miliardi di euro, pari a -2,8% in termini reali (ossia considerando l’inflazione intercorsa tra i due trimestri, pari a +1,4%). In Umbria il calo (-1,7%, che in valori assoluti significa la perdita di altri 228 milioni di euro di prestiti al settore produttivo) è stato inferiore sia alla media nazionale (appunto -2,8%), sia - anche se in maniera meno marcata - a quella del Centro (-1,9%). Quanto al conto totale della stretta dei prestiti bancari dallo scoppio della recessione in poi, dal primo trimestre 2008 al primo trimestre 2017 il credito alle imprese e alle famiglie produttrici in Italia è sceso in termini reali di 159,5 miliardi, con una flessione reale del 15,6%. Molto meglio della media nazionale e di quella del Centro (-15,9%) ha fatto l’Umbria, dove gli impieghi bancari a favore delle imprese e delle famiglie produttrici sono calati in 9 anni del 6%, lasciando sul campo 821 milioni di euro.

Quello che invece continua ad aumentare è il credito alle famiglie consumatrici (tabella 3), che nel I trimestre 2017, rispetto allo stesso trimestre 2016, in Italia mette a segno una nuova crescita dello 0,7% (+3,94 miliardi di euro), mentre nel Centro l’aumento è dello 0,5% (+677 milioni di euro) e in Umbria dell’1,1% (+83 milioni). Un credito, quello alle famiglie consumatrici, che ha già da tempo superato abbondantemente i livelli pre-recessione. Nel I trimestre 2017, infatti, in Italia risulta superiore di ben il 30,1% rispetto al I trimestre 2008, con tale percentuale che tocca il suo apice nel Centro (+33%). In Umbria il dato è più basso (+26,9%) della media nazionale, ma comunque largamente in territorio positivo.

Sono alcuni dei dati più significativi che emergono dal rapporto del settore datajournalism del settore datajournalist di Mediacom043, coordinato da Giuseppe Castellini, che contiene anche un focus specifico dell’Umbria.

Il focus sull’Umbria

Dai dati di Bankitalia sull’Umbria dicono sostanzialmente quattro cose, alcune delle quali legate tra loro:

1) Il credito alle imprese e alle famiglie produttrici anche in Umbria continua a scendere, pure se in misura inferiore alla media nazionale, e negli ultimi 9 anni – dai livelli immediatamente pre crisi ad oggi - la stretta del credito alle imprese nella regione è stata molto meno forte che in Italia e nel Centro. Tuttavia tale stretta è stata sentita in maniera simile, se non addirittura in forma maggiore che in altre regioni, perché ha colpito molto di più le famiglie produttrici (ossia le piccole e piccolissime aziende, perlopiù familiari), ossatura del sistema economico umbro più di quanto non avvenga in altre regioni, che le imprese in senso stretto. Si consideri infatti che, mentre la diminuzione del credito alle imprese nella regione è stata minima (-4,8%) rispetto al dato medio nazionale (-16,1%), per quanto riguarda le famiglie imprese il calo dei prestiti in Umbria (-13,7%) è stato superiore al dato medio nazionale (-10,8%) e anche a quello del Centro (-11,8%).

2) Il credito alle famiglie consumatrici anche in Umbria continua ad aumentare, sulla spinta della netta ripresa dei mutui casi, e ha largamente superato i livelli pre-recessione.

3) Il credito complessivo, quindi sia alle imprese che alle famiglie, nell’ultimo anno cala perché la flessione dei prestiti alle prime non è compensato dall’aumento di quello alle seconde.

4) Il credito umbro risulta zavorrato da una percentuale di sofferenze sui prestiti nettamente superiore alla media nazionale e quasi doppia rispetto a quella del Centro, risultando la terza regione in Italia per perdita da sofferenze sui prestiti da parte delle banche. Una zavorra che già pesa in termini di maggiore tassi di interesse che gli umbri pagano sui prestiti e che potrebbe pesare anche sulla capacità media del sistema economico ad intercettare bene la ripresa.

Ecco, brevemente, alcuni dati Bankitalia relativi ai 2 punti più significativi del focus di Mediacom043 sull’Umbria

A) Se si guarda agli ultimi 9 anni, partendo quindi dagli ultimi trimestri pre-recessione ad oggi, il credito alle imprese e alle famiglie produttrici (che sono le piccole e piccolissime aziende, perlopiù a gestione familiare), come detto ha subito in Umbria un calo molto meno marcato rispetto alla media nazionale (rispettivamente -6%% e -15,6%). L’Umbria risulta la quinta regione italiana - su 20 - per minore stretta del credito alle imprese e alle famiglie produttrici (tabella 1). Meglio hanno fatto solo Trentino Alto Adige (-3%), Campania (-3%), Puglia (-3%) e Toscana (-4,3%). Tanto per dare un’idea, se l’Umbria avesse avuto un calo del credito a imprese e famiglie produttrici pari alla media nazionale, al I trimestre 2017 avrebbe perso 2,616 miliardi di euro di crediti, rispetto invece agli 821 milioni effettivamente persi. In sostanza, la regione in termini di stretta del credito a imprese e famiglie produttive ha ‘risparmiato’ 1,795 miliardi dal I trimestre 2008 allo stesso trimestre del 2018.

Il credito a imprese e famiglie produttrici continua a scendere anche in Umbria, anche se con un ritmo inferiore alla media nazionale. Nell’ultimo anno la flessione nella regione è stata dell’1,7% (-228 milioni di euro), contro il -2,8% della media nazionale (la regione peggiore il Molise con -8,7%, quindi la Sardegna con -6,4%). Anche nell’ultimo anno l’Umbria è la quinta regione per calo più basso dei prestiti alle imprese e famiglie produttrici.

Da notare – come si può leggere nella seconda e terza sotto tabella della tabella 2 - che, sia dal periodo pre-recessione ad oggi, sia nell’ultimo anno, la flessione del credito riguarda molto più le imprese che le famiglie produttrici (come detto le piccole e le piccolissime imprese, perlopiù a gestione familiare). Nei 9 anni le prime hanno visto i prestiti contrarsi in Umbria del 4,8% (in termini reali -566 milioni di euro), le seconde -13,7% (-255 milioni). Stessa cosa anche nell’ultimo anno (prestiti reali -1,4% per imprese e -3,9% per le famiglie produttive).

Insomma, in Umbria la stretta sui prestiti alle imprese è minima (appunto 4,8% contro 13,7%, con il Centro che marca addirittura -16,3%) rispetto alla media nazionale, mentre è superiore alla media nazionale (13,7% l’Umbria, Italia -10,8%, Centro -11,8%) quella sul credito alle famiglie produttrici.

Il che spiega perché, nonostante la stretta del credito in Umbria sia stata complessivamente molto meno forte che in Italia anche per quanto riguarda le attività economiche – oltre che per le famiglie consumatrici – il disagio avvertito sia stato simile a quanto avvenuto in altre regioni del Paese con strette del credito ben più forti. Perché la ‘botta’ l’hanno presa soprattutto le piccole e piccolissime aziende, che in Umbria rappresentano la grandissima parte (ancora superiore a quella già molto elevata della media nazionale) del tessuto imprenditoriale. Una parte grande ma fragilissima, con bassi utili e bassi redditi familiari e quindi con esistenze magre, ma purtuttavia coinvolgente un numero davvero grande di persone. È stata la botta presa qui, in questo punto del mondo produttivo e professionale, a fare particolarmente male. E in Umbria, essendo questa la spina dorsale, è stato di conseguenza percepito il crac, ben al di là di quanto dicano i numeri della stretta del credito che – nella sua pesantezza – affermano che in termini di stretta del credito la regione è la migliore d’Italia.

B) I dati della Banca d’Italia confermano un quadro fragile, fragilissimo del credito umbro. Basti dire (vedere tabella 4) che, al I trimestre 2017, nella regione le sofferenze lorde rappresentano il 17,1% del credito bancario. Si tratta della terza percentuale più alta d’Italia (la media nazionale è 10,9%), quasi il doppio di quella del Centro (8,8%). In altre parole, ogni 100 euro prestati in Umbria alle banche non rientrano, a causa dell’insolvenza dichiarata dal debitore, ben 17,5 euro. Contro i 10,9 euro che non rientrano in banca nella media nazionale e gli 8,8 del Centro.

Una percentuale così elevata di sofferenze lorde (ossia al loro di quanto, nell’ambito delle procedure concorsuali, la banca potrà riavere, normalmente una percentuale di quanto prestato che, in media, al massimo arriva al 33%) non solo da pagare agli umbri tassi di interesse più alti per la maggiore a causa della maggiore rischiosità dei prestiti, ma tende a frenare il credito per smaltirle via via e questo potrò rappresentare un freno alla capacità del sistema economico umbro di intercettare a pieno la ripresa. Il rischio, insomma, è che anche per questo l’Umbria resti tra i convogli di coda per quanto riguarda la crescita economica.

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