CITTA’ DELLA PIEVE - Le donne fanno la lista della spesa, ma dentro il carrello non finiscono prodotti per la cucina o per la cura della casa, per quel lavoro domestico che ricade ancora integralmente sulle loro spalle, ma idee per cambiare l'Umbria e l'Italia. Una metafora che è stata usata più volte nell'assemblea delle donne della Cgil dell'Umbria, tenuta oggi, 17 aprile, a Città della Pieve, con la partecipazione di Serena Sorrentino, della segreteria nazionale del sindacato.

 

“Le donne cambiano l'Umbria”, questo il titolo scelto per l'assemblea, introdotta dalla relazione di Raffaella Chiaranti e riempita di contenuti dalle voci di tante donne, lavoratrici, sindacaliste e qualche uomo, come Claudio Carnieri, presidente dell'Aur, che ha dimostrato, cifre alla mano, come la crisi economica che sta mettendo in ginocchio l'Umbria (ancor più che l'Italia) abbia proprio nelle donne il bersaglio più colpito.

 

La questione femminile esiste da molto prima della crisi, ma con essa si è aggravata, perché sulle donne ricade un doppio carico: l'assenza di lavoro (il tasso occupazione femminile in Umbria è il più basso del centronord) e gli effetti della riduzione del reddito (anche maschile) e del ridimensionamento del welfare, che comportano un maggiore carico nel lavoro di cura sulle donne.

 

La disparità di genere si misura poi sulle retribuzioni: nonostante un livello di istruzione molto elevato (per il 32% delle occupate in Umbria sovraordinato rispetto al proprio ruolo), le donne umbre guadagnano infatti sensibilmente meno degli uomini (19.000 euro contro 26.000 di media). E sulle forme contrattuali: quasi il 32% delle donne umbre è a part-time (quasi mai volontario), contro appena il 5,7% degli uomini. Lo squilibrio è ancora più evidente infine se si guarda al ruolo genitoriale: nel 2011 i congedi parentali in Umbria sono stati 2567 per le donne e appena 87 per gli uomini.

 

Numeri che – insieme ai racconti di vita reale delle lavoratrici intervenute - descrivono un scenario di “cambiamento possibile, ma non ancora praticato”, come ha detto Serena Sorrentino concludendo l'assemblea. “Per cambiare il Paese occorre cambiare il welfare e il modo in cui noi, come sindacato, facciamo contrattazione”, ha spiegato Sorrentino. Perché il disinvestimento nel welfare, praticato massicciamente negli ultimi 20 anni di liberismo sfrenato, va a pesare tutto su quel “welfare sostitutivo” che è rappresentato appunto dalle donne. E una contrattazione più attenta, sia  a livello sociale (più servizi, più asili, più assistenza), sia a livello aziendale (per garantire anche alle donne la possibilità di accedere a livelli di inquadramento superiori, di ottenere premi di produttività, o di poter fare gli straordinari) può essere lo strumento per praticare il cambiamento, nella consapevolezza che il lavoro femminile è un “moltiplicatore di ricchezza”.

 

Per questo il Piano del Lavoro della Cgil chiede di investire nell'occupazione femminile, considerandola un mezzo potente per invertire la tendenza involutiva della crisi.

Condividi