di Marta Strinati

C’è chi li compra perché pensa che siano più salutari o che facciano dimagrire. Al di là di queste credenze, prive di conferme, c’è chi non ha scelta e deve acquistarli. Gli alimenti senza glutine sono la cura per i 136mila italiani celiaci, intolleranti alla proteina presente nel frumento, nella segale e nell’orzo. Una “cura” ormai nota e prodotta da molte aziende. E tuttavia ancora proposta a prezzi da capogiro. In cambio di quale qualità?

Fidarsi non basta

Per questa categoria di alimenti dietetici, l’assenza di glutine è il primo parametro di qualità. Le aziende devono garantirlo, ma la fiducia non basta. Ai controlli interni alla filiera di produzione si sommano quelli condotti dall’Associazione italiana celiachia, Aic, nata nel 1979 da un gruppo di genitori di celiaci. Ogni anno, l’Aic campiona 300-400 prodotti e li analizza. La soglia limite alla contaminazione è di 20 ppm (parti per milione) di glutine. E raramente capita di vederla superata. “Sulla produzione industriale si può essere tranquilli”, dice al Salvagente Susanna Neuhold, responsabile della sicurezza degli alimenti in Aic. “Il problema è la ristorazione, dove non mancano errori grossolani”.

Il test

Tolto di mezzo il glutine restano gli altri ingredienti. E proprio quelli sono finiti nella nostra comparazione tra 18 prodotti da forno, acquistati nei tre canali: la Gdo, un negozio Naturasì, specializzato in prodotti biologici, e le farmacie, canale di vendita preferito dalle aziende, dove i clienti-pazienti pagano consegnando il ticket del Ssn e dove - poco sorprendentemente - transita il 70% dei 240 milioni di euro spesi ogni anno per acquistare i prodotti senza glutine.

Montagne russe

Come per i prodotti convenzionali, il confronto vaglia la quantità e la qualità dei grassi, il tenore di sodio, di fibre e di proteine, che in questa categoria di alimenti sono spesso aggiunte per sopperire all’assenza di glutine. Il risultato è da montagne russe, guardando ai prezzi. Ed emergono prodotti ben fatti, in ogni canale di vendita con listini che, spesso, sembrano davvero aver poco a che fare con la scelta degli ingredienti.

10 volte più cari

Lo scarto tra i prezzi dei prodotti convenzionali e quelli dei dietetici dedicati ai celiaci è enorme. E non solo tra i prodotti esaminati dal Salvagente.
In una comparazione dell’Associazione italiana celiachia emerge che pasta, pane, biscotti e farina, vale a dire gli alimenti che il celiaco è costretto ad acquistare nella versione dedicata, senza glutine, costano fino a 10 volte più di quelli ordinari.

Farina al quadruplo del prezzo

A spingere all’insù i listini è il canale farmaceutico.
In dettaglio, per un chilo di farina - che nella versione convenzionale costa in media 0,72 euro - il celiaco spende 7,08 euro in farmacia e 3,96 al supermercato. Più del quadruplo costano invece i frollini senza glutine: rispetto ai 4,19 euro dei convenzionali, in farmacia servono 17,31 euro e nella Gdo 10,31.
Enorme la forbice sul pane: ai 2,65 euro richiesti in media per un chilo di rosette convenzionali corrispondono 13,69 euro in farmacia e 10,20 nella Gdo per i panini senza glutine.
Distorsione simile si osserva per la pasta: se quella normale costa in media 1,69 euro al chilo, quella senza glutine spilla ben 8,32 euro in farmacia e 4,86 euro al supermercato.

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