No alle bastonate di Profumo! Si scalda il mondo della formazione italiano
Continua in un crescendo sempre più forte la mobilitazione dei docenti delle scuole superiori, che si stanno scagliando contro una già contestatissima norma prevista all’interno della Legge di Stabilità in via di approvazione governativa. Norma che innalzerebbe da 18 a 24 le ore di lezione (a parità di salario, of course) che ogni professore dovrebbe tenere obbligatoriamente, ma che determinerebbe anche l’adozione ufficiale di quei tagli ai danni di migliaia di precari e precarie che erano il cuore, l’obiettivo strategico della riforma Gelmini.
Anche questa mattina a Roma, sotto il Ministero dell’Istruzione, ma non solo (anche a Bologna in piazza Maggiore circa 200 docenti erano presenti per un flash mob di protesta) i docenti hanno proseguito la mobilitazione. A niente servono le voci che circolano su un’imminente ritiro della norma, visto che evidentemente questo governo tecnico non ispira molta fiducia nella sua equità..
I tagli della spending review del resto iniziano a colpire proprio quelle fasce del pubblico impiego che già la riforma Gelmini aveva iniziato ad attaccare, con la rinnovata intensità di cui solo un governo tecnico a fine mandato può farsi portatore. Nelle scorse settimane anche Torino così come tante altre città piccole e grandi si erano mobilitate contro la disposizione del governo, che mentre attacca i diritti dei lavoratori non spende una parola di fronte all’emergenza dell’edilizia scolastica, del sovraffollamento a tutti i livelli, della dilagante precarietà esistente nel mondo della formazione.
La pratica più frequente nei flash mob di ieri ed oggi è l’iniziativa di correggere in piazza i compiti in classe (per evidenziare il lavoro che i docenti, con l’aumento delle ore di lezioni avrebbero più difficoltà a svolgere, e per rispedire al mittente le accuse implicite di scarsa “produttività”), mentre lo slogan più utilizzato continua a reclamare “una scuola pubblica di qualità”.
In questo nodo vediamo però la contraddizione e il punto focale della questione. Quella per una migliore scuola pubblica è una richiesta che mai potrà conciliarsi con la tendenza che vede invece il ritiro dello Stato da questi ambiti, cifra strutturale e non negoziabile di questo governo.
Speriamo che nella coordinazione con le proteste studentesche, che da anni ( salvo alcune sacche dure a resistere) hanno capito che la difesa del pubblico è ormai obiettivo impossibile nonché altamente contraddittorio, si possano superare queste ambivalenze e procedere verso un attacco diretto al governo, che punti a riappropriarsi di quote di reddito e di diritti sociali.

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