Qualche giorno fa il ministro Profumo si è lanciato in una ardita dissertazione sull'uso del bastone e della carota con i quali intenderebbe “allenare” (testualmente) il popolo italiano, precisando che pensava a molto bastone e poca carota. Parole pesanti, dense di arroganza, spia di una (in)cultura che definire fascista non è esagerato. Affermazioni gravi che avrebbero meritato una generale indignazione, e che invece, con poche eccezioni, sono scivolate nell'indifferenza generale.

C'è voluto molto poco perché gli insegnanti scoprissero cosa avesse in mente il ministro, quando sono cominciate a filtrare le prime notizie, confermate dal testo trasmesso alle Camere, sui provvedimenti riguardanti la scuola contenute nella legge di stabilità. Il bastone, in questo caso, assume le sembianze dell'innalzamento di ben un terzo dell'orario di lezione obbligatorio di lezione per i docenti delle scuole medi e superiori. Si passerebbe dalle attuali 18 a 24 ore settimanali. Il tutto, neanche a dirlo, a parità di stipendio; 6 ore in più a settimana da impegnare in supplenze e per coprire spezzoni di cattedra, anche per gli insegnanti di sostegno.

Le conseguenze sarebbero micidiali: 30.000 cattedre in meno dal prossimo anno scolastico, secondo i calcoli della FLC, ben più attendibili di quelli ministeriali che parlano di “solo” 10.000 posti (solo, signor Ministro? Se anche fosse vero, le sembrano pochi?).
In realtà, il bilancio in prospettiva è ancora più pesante. La quantità di spezzoni oggi esistenti, per quanto alta, è costituita da quelli che residuano dopo la formazione di cattedre tra più scuole, prassi abbastanza diffusa. È evidente che in futuro sarà interesse del ministero costituire sempre meno queste tipologie di cattedre, innalzando il numero degli spezzoni. In questo modo potrebbe spingere alla saturazione tendenziale dell'impegno sulle 24 ore settimanali, moltiplicando in poco tempo per tre o per quattro il numero dei posti tagliati. Roba da fare invidia alla Gelmini!

Si può ben dire che quella che Profumo e Monti intendono applicare alla scuola è una ricetta “greca”, ovviamente in salsa italiana. Lì sono stati licenziati in tronco migliaia di dipendenti pubblici, qui si fa lo stesso con i docenti precari a decine di migliaia. Basta un po' di ingegneria sugli orari, si aggiunge il vecchio trucco di nascondere i posti con l'artificio dell'organico di fatto e si raggiunge il risultato di buttare fuori i precari. Cambia la forma, ma la sostanza è la stessa.
In Grecia hanno tagliato gli stipendi, da noi si abbassa la retribuzione oraria imponendo ai docenti orari di lavoro più lunghi a parità di stipendio. Con l'aggravante della presa per i fondelli. Tale è, infatti, la panzana dei quindici giorni di ferie aggiuntivi da godere nei periodi di sospensione dell'attività didattica, cioè le vacanze natalizie e pasquali, quelle nei quali quei fannulloni degli insegnanti (ricordate Brunetta?) non hanno impegni di servizio.
Ma per completare la salsa italiana la ricetta ha bisogno di un ingrediente fondamentale, caro ai governanti di ogni colore: l'incenso. E infatti, nelle pieghe della manovra, alla voce “finanziamento di esigenze indifferibili” (?) con un po' di pazienza si possono rintracciare 223 milioni regalati alle scuole private, quelli che il governo tentava da più di un anno di infilare praticamente in ogni provvedimento!
Profumo ha giustificato le nuove regole proposte con l'esigenza di allineare il nostro sistema scolastico agli standard dei paesi dell'Europa occidentale. Che fosse profondamente ignorante delle questioni di cui dovrebbe occuparsi lo aveva già dimostrato, ma qui siamo alla mistificazione.
La verità è che il numero dei giorni di lezione che si fanno in Italia nell'anno scolastico è perfettamente in linea con quegli standard. Così come gli orari di insegnamento e di servizio dei docenti italiani - comprensivi cioè degli altri obblighi individuali e collegiali – già adesso uguali o superiori a quelli dei loro colleghi europei. Aggravarli, costringendo i docenti a fare lezione ancora in più classi e ad ancora più studenti significa lavorare scientificamente per la dequalificazione dell'istruzione pubblica.
Le differenze con gli altri sistemi scolastici stanno altrove e non c'è da andarne fieri. Per esempio nelle strutture, nelle dotazioni e nelle attrezzature di cui i docenti possono disporre, al cui confronto le nostre fatiscenti e disastrate scuole sembrano da terzo mondo. O negli stipendi degli insegnanti, neanche lontanamente paragonabili tra loro. Ma questo ai nostri ministri non interessa più di tanto, l'unico riferimento europeo che li guida è l'applicazione delle ricette liberiste dei tecnocrati di Bruxelles. Tagliare, disinvestire e diminuire l'impegno dello stato nell'istruzione dei propri cittadini, preferibilmente a vantaggio dei privati. Tanto il costo dell'ignoranza non grava sul deficit economico ma su quello culturale. E con la cultura non solo, come qualcuno ha detto, non si mangia, ma finisce pure che si impara a ragionare e a capire.
Non vorremo mica correre questo pericolo!?!
C'è un punto, infine che merita di essere sottolineato. Se questo può accadere è perché il governo sa di poter contare sull'assenza di una opposizione parlamentare e sul costante ricorso, con buona pace del Presidente Napolitano, al voto di fiducia. Per questo non c'è da stare tranquilli di fronte alle presunte aperture a modifiche del ministro Profumo.  Non siamo di fronte a misure negoziabili, l'unica soluzione accettabile è il loro ritiro.
Lo si può ottenere, a condizioni che gli insegnanti, gli studenti e i genitori ritrovino la capacità di mobilitazione che nei mesi scorsi sembrava appannata. I segnali che vengono dalle scuole in tale direzione sono incoraggianti, come hanno dimostrato le giornate del 5 e del 12 ottobre e le dure prese di posizione di tantissime assemblee di docenti e di studenti.
Bisogna continuare; il “No Monti day” del 27 ottobre è la prossima tappa.

Vito Meloni

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