BETTONA - “Ora basta strumentalizzazioni politiche sulla pelle di chi lavora”, questa è la secca risposta che il  I GIOVANI IMPREDITORI AGROZOOTECNICI UMBRI rivolgono a Remo Granocchia e a chi come lui nel corso di questi mesi si è avvalso dei mezzi di informazione locale per creare un immagine non vera del comparto suinicolo Bettonese.
L’ultimo attacco, di domenica scorsa, sferrato dal Comitato per l’ambiente, non fa altro che fornire informazioni vaghe e frammentarie perdipiù molto distanti dalla realtà dei fatti.
C’è necessità di fare chiarezza sui diversi punti affrontati nell’articolo, mero atto di terrorismo ambientale basato sul nulla.
Che l’intento sia strumentale e non rispondente alla realtà, si evince facilmente dal fatto che i suini a Bettona sono appena 4000, a fronte dei 50.000-60.000 storicamente insistenti nel territorio comunale, e qui già non ci siamo sulla correttezza dell’informazione.
Si fa poi riferimento alla legge regionale sulla semplificazione la n.8 del 16/09/2011 che con l’articolo 79 integra l’art. 33 della L.R. n.1/2004 con il seguente comma 2 bis: “Per gli edifici esistenti alla data del 15 marzo 1985 l’accertamento della destinazione ai sensi del comma 2 ne convalida l’uso, fermo restando eventuali obblighi di adeguamento alle normative di sicurezza degli impianti necessari e funzionali all’edificio.”, articolo per il quale il Comune di Bettona ha prontamente chiesto alla Regione Umbria un’interpretazione autentica, che la stessa ha provveduto a fornire, capace di fugare qualsivoglia dubbio su una legge che risultava già sufficientemente chiara.Alla luce di quanto detto sorgono spontanee alcune domande:
Perché gli amministratori locali contestano alle stalle che esistevano prima del 1985 la mancanza di agibilità?
Non vogliono applicare l’articolo 2/bis, che come illustrato è molto chiaro e fa parte di una LEGGE REGIONALE?
Non vogliono che gli allevatori, pur esercitando la loro attività nel pieno rispetto delle normative anche sullo smaltimento dei liquami, rimettano i suini?
Le domande sembrano avere un’ovvia risposta per gli imprenditori locali costretti a lottare contro un’amministrazione, quella attuale al pari della precedente che sospinta da queste azioni strumentali, anziché porsi come veicolo per mediare e permettere la coesistenza di ogni attività produttiva nel proprio territorio crea uno sbarramento a qualsiasi dialogo, trasformandosi in un vero impedimento alla libera attività d’impresa.
Facciamo presente che l’articolo 33 con il comma 2 bis, non si riferisce specificatamente solo alle strutture zootecniche, ma a tutti gli edifici esistenti alla data del 15marzo 1985 che non hanno agibilità: parliamo quindi  di edifici scolastici  (non tutti hanno l’agibilità), di aziende industriali, di abitazioni e quant’altro..
L’articolo permette l’uso di queste strutture che ne sono sprovviste malgrado in esercizio da anni e data la gravissima crisi economica che stiamo attraversando, e’ un atto di grande responsabilità degli amministratori regionali.
Dovrebbero chiudere il 50% degli edifici regionali se questa normativa non venisse attuata.

Ritorniamo alla solita frase, ma dove sta la coerenza politica e quindi la serietà?

Noi come giovani imprenditori agro-zootecnici umbri andremo a un incontro con i sindaci delle realtà locali e gli assessori  regionali competenti,  per codificare le modalità di sviluppo della zootecnia locale tenendo conto ovviamente di uno sviluppo e di un impatto ambientale sostenibile.
Noi pensiamo che le attività economiche debbano soprattutto in questo momento di crisi, essere incoraggiate pur indirizzandole nel rispetto dell’ambiente

E’ questa la GREEN ECONOMY

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