di Renato Casaioli

PERUGIA - La salvaguardia dell’ambiente, le belle e ordinate colline, la passione per il proprio orto e oliveto. Da aggiungere a tutto ciò, pure la passione per un’equitazione popolare, fuori dagli stereotipi che la vogliono ingabbiare sempre come sport per facoltosi all’interno di costosissimi maneggi. Problematiche  che da qualche anno animano molte discussioni nelle famiglie umbre e tra queste e le amministrazioni comunali, a cui i cittadini si rivolgono sgomenti e indignati, quando vengono additati come guastatori dell’ambiente, per aver installato sul proprio appezzamento un piccolo annesso rurale.  Lo scopo: quello di poter riporre gli attrezzi dopo aver lavorato l’orto. Famiglie umbre appunto, perché in tutte le altre regioni, a partire dalla vicina Toscana, la materia degli annessi rurali è stata risolta dando permessi per la loro costruzione e dettando tipologie. La Legge della Regione Toscana, parte dal presupposto che solo favorendo il presidio del territorio, continuando quindi una tradizione millenaria, si possono prevenire disastri. Al presidio e alla tutela degli ambienti agricoli e naturalistici per gli amministratori toscani, oltre alle aziende agricole, possono concorrere anche privati cittadini, che hanno la passione di vivere il proprio tempo libero in campagna coltivando i propri orti e custodendo i propri uliveti. “Mettere divieti che possono ostacolare questo hobby, è da ritenersi sbagliato”. Insomma l’esatto contrario di quanto avviene in Umbria, dove grazie alla legge 11 del 2005, se un cittadino non è titolare di azienda agricola (alla quale è concesso di costruire 40 mq a ettaro) tutto gli viene proibito, in nome della “salvaguardia ambientale”.  Due regioni quindi molto simili come territori e come colore politico nelle istituzioni, che si discostano radicalmente per quanto riguarda la salvaguardia del patrimonio ambientale.

La Toscana che insieme alle altre regioni, punta a favorire in tutti i modi la presenza dell’uomo in campagna. L’Umbria che invece per gli stessi motivi la scoraggia, la frena. Due scuole di pensiero verrebbe da dire, su un unico problema: la tutela del paesaggio.  Quello che manda su tutte le furie cittadini e amministrazioni comunali, sono soprattutto le spiegazioni che l’assessore regionale Rometti, spalleggiato anche dalla collega all’agricoltura Fernanda Cecchini, vanno sostenendo per giustificare il loro no: “Verrebbero trasformati in ville”. Ragionamento capzioso, che a malapena nasconde un no ideologico, arbitrario, proprio perché non è argomentato. Che la cosa non stia in piedi, la capita anche l’assessore alla sanità Franco Tomassoni, che infatti sostiene la  tesi delle rimesse in comune tra più proprietari. In consiglio regionale la questione annessi agricoli, ha aperto un confronto, tanto che alcuni consiglieri regionali Fausto Galanello, Smacchi e Barbierini, hanno presentato un disegno di legge simile alla legge della Regione Toscana, ma giace dentro i cassetti. L’assessore Rometti da tempo immemorabile, aveva preso l’impegno di presentare una sua proposta, ma ancora nulla.  Quando si dice governare in nome degli interessi dei cittadini.

Per il sindaco di Tuoro sul Trasimeno, Mario Bocerani, la salvaguardia dell’ambiente passa per una presenza diffusa dell’uomo, del suo lavoro sui territori. “E’ stato così per millenni e fino a pochi decenni fa, quando tutte le colline umbre e italiane, erano popolate da contadini. Ognuno curava il proprio territorio, con il risultato finale che questo era in grado, al contrario di quanto accade oggi, di reggere le avversità atmosferiche anche le più estreme”. Dunque questo pare essere l’obbiettivo di molti sindaci del comprensorio lacustre ma anche dell’altra provincia umbra. Ripristinare le regole che cerano prima del 2005. “Veri presidi territoriali che vanno incoraggiati in tutti i modi”,  recita il regolamento municipale di Scandicci. “Pensionati o professionisti - afferma l’assessore Simone Cheri - coltivano questi piccoli appezzamenti per hobby, per svago, per la passione di farsi l’orto. Trovano un passatempo, possono portare in tavola frutta e ortaggi di cui conoscono la provenienza. Ma, chi ha l’orto, ha però bisogno degli attrezzi per coltivarlo. E, a fine lavoro, gli attrezzi devono essere riposti: nei baracchini o capannini, secondo il gergo popolare, negli “annessi agricoli” secondo la più formale terminologia burocratica”. E prosegue: “prototipi di baracca che sia esteticamente compatibile con l’ambiente collinare di Scandicci, la cui salvaguardia, deve per forza passare da un patto forte tra il Comune e quei coltivatori che diventano così anche custodi ambientali”. “Questo è un modo di ragionare sensato”, esclama il sindaco Bocerani a cui si associa anche l’assessore del comune di Panicale Antonio Gallo. Analogo ragionamento lo fa il comune di Bucine quando scrive: “Dalla scomparsa della mezzadria nella Valdambra è rimasto l’attaccamento alla coltivazione di piccoli appezzamenti di terreno. Da una nostra analisi risulta che all’ultimo censimento esistono ben 40 ettari di orti a carattere familiare. Il colle di S. Leolino e quello di Duddova hanno potuto conservare il patrimonio olivicolo grazie alla coltivazione singola di piccoli appezzamenti di olivi. L’autoconsumo è una forma consolidata di sviluppo agricolo che fornisce sicurezza alimentare, risparmio e qualità. Consideriamo tutto ciò una risorsa da valorizzare e da tutelare. Per questo tipo di produzione occorrono piccole strutture edilizie, dette baracche”.

Lo stesso afferma il comune di Piteglio Pistoia: “Con il presente regolamento, relativo all’installazione di annessi agricoli e rimesse, si intende offrire al cittadino gli strumenti che agevolino il mantenimento delle tradizionali produzioni agro-silvo-pastorali per uso familiare, perseguendo nel contempo la valorizzazione paesaggistica del territorio comunale attraverso il ricorso ad una tipologia architettonica derivante dalle tradizionali capanne storicamente documentate nell’area e l’incentivo alla sostituzione di quegli annessi esistenti che contrastino con le caratteristiche dei contesti architettonici, rurali, ambientali e paesaggistici in cui sono inseriti”. Di sicuro la Toscana, non può essere tacciata di aver trascurato il proprio territorio, di averlo deturpato.

 

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