L'Umbria e la precarizzazione delle imprese
PERUGIA - Il 36 per cento delle società a Perugia (173 su 470) e il 46 per cento a Terni (115 su 250) registrano un decremento del valore della produzione (fatturato), rispetto all’esercizio precedente. Dato che emerge dall’analisi condotta, fra le top 2000 aziende con fatturato superiore a 1,2 milioni di euro, dal ‘Centro Studi Economico e Finanziario ESG89’, a margine della presentazione dell’Annuario Economico dell’Umbria 2012-2013. Fra i comuni più importanti della regione, Marsciano con il 46,67 per cento e Todi con il 46,15 per cento, hanno una situazione peggiore rispetto alla città delle acciaierie, Terni. Male anche Gubbio con il 45,16 per cento (28 società su 62 subiscono un decremento), seguita da Magione, Narni e Orvieto. Poi Spoleto, Corciano e Umbertide. Dal canto suo, invece, Foligno, terzo comune dell’Umbria per densità produttiva, registra una percentuale del 37,82 per cento, appena sopra a quella di Perugia.
Nell’analisi per risultato d’esercizio, inoltre, la sorpresa negativa è che Gubbio con il 40,32 per cento risulta avere la percentuale più alta in regione in rapporto con il totale del campione: 25 società su 62, fra le top 2000 per fatturato, hanno chiuso l’esercizio con il segno ‘meno’ (perdita). Seguita dal comune di Castiglione del Lago con il 36 per cento, Corciano con il 29,5 per cento e Perugia con il 29,44 per cento. E ancora Spoleto con il 29,23 per cento (19 società su 65), Bastia Umbra con il 28,57 per cento e Narni con il 27,08 per cento. Terni, invece, risulta contenere questa percentuale al 21,20 per cento (53 compagini su 250), di gran lunga migliore rispetto alla media regionale. Nella città di Perugia, di contro, possiamo annoverare 46 ‘Best Companies’, vale a dire con ottime performance di bilancio, e a Terni 25. In terza posizione il comune di Corciano e di Foligno con 9 unità. A seguire Bastia Umbria, Città di Castello, Gubbio e Assisi tutti con 8 compagini.
Fra i comuni maggiori, dove il comparto della meccanica annovera più aziende, rileviamo Orvieto, Spoleto, Bastia Umbra, Corciano e Città di Castello. A seguire è il comparto dell’edilizia che domina le città di Gubbio, Assisi, Foligno e Terni. A Perugia, invece, è il settore del commercio a prevalere, seguito comunque a ruota dall’edilizia.
A commentare la situazione è il presidente del ‘Centro Studi Economico e Finanziario ESG89’, Giovanni Giorgetti, che sottolinea: “quello che balza agli occhi quest’anno, leggendo i dati relativi all’andamento dell’economia regionale, riguardante i bilanci delle top 2000 società di capitali, è la forte ‘precarizzazione’ del tessuto imprenditoriale. Per precario, termine forse abusato solo per i lavoratori dipendenti, intendiamo dire che anche gli imprenditori, oggi, vivono una ‘inusuale’ (per loro) condizione di incertezza. Condizione non solo ‘economica’, ma anche psicologica che li mette di fronte ad un bivio nelle scelte strategiche”. “Molti filosofi ed economisti – prosegue Giorgetti -, negli anni passati, hanno sostenuto che ‘sapere di non sapere’, nella vita così come nell’intraprendere, è la strada maestra per crescere, imparare e conservare intatta nel tempo la passione per la conoscenza, il gusto della scoperta, la tensione verso l’ignoto, senza lasciare che l’incertezza e la precarietà paralizzino la capacità di leggere il presente. Questo concetto, fortemente stimolante, sta però paralizzando alcune generazioni di imprenditori, che hanno vissuto nel passato prevalentemente sulle ‘rendite’ di posizione e sul rapporto con la ‘mano pubblica’. Oggi, con lo Stato che sta tagliando ‘forzatamente’ investimenti e privilegi, questa ‘economia dipendente’ sta soffrendo. Anche in Umbria”. “In questa situazione – conclude Giorgetti - più il mondo si fa complesso, è più la formazione, l’innovazione, la competitività e l’internazionalizzazione diventano gli unici strumenti per il successo delle imprese. Da costi diventano un investimento che generano benefici significativi sulla produttività”.




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