Disoccupazione, ecco perché l'Italia è un paese proletario
PERUGIA - I disoccupati fanno “boom”. L’effetto combinato dell’aumento dei licenziamenti e del tasso di attività, seppur lieve, ha mandato in tilt i “contatori” dell’Istat: il numero dei disoccupati a marzo è aumentato su base annua di 476 mila unità (+23,4%) e su base mensile di 66 mila.
A marzo gli occupati sono 22 milioni e 947 mila, in diminuzione dello 0,2% su febbraio, ovvero 35 mila unità in meno, e dello 0,4% rispetto a marzo 2011, pari ad un calo di 88 mila unità. Il risultato è determinato dal calo dell'occupazione maschile.
Questa della diminuzione del tasso di inattività è una vera e propria novità. Le ragioni possono essere molteplici: aumento del lavoro nero, per esempio. C’è però una ragione più di fondo, ovvero la povertà delle famiglie italiane. In breve, il ricatto e la pressione del capitalismo che usa la crisi per attaccare il costo del lavoro sia sul fronte del reddito che su quello dei diritti, sta dando i suoi frutti maledetti.
Ora si tratta di vedere se è solo un dato congiunturale o se si consolida nel tempo. Per l'Italia è sicuramente una inversione di tendenza, non certo positiva dal punto di vista dei lavoratori perché vuol dire che il mercato del lavoro diventa più affollato. Un fattore molto importante da osservare sarà quello dell'abbandono dello studio. Le famiglie italiane stanno alla canna del gas, è evidente. I giovani diventano una risorsa per "tappare i buchi". E' stato lo stesso ministro Profumo a sottolineare pochi mesi fa che la "dispersione scolastica è un problema enorme". Torniamo, in breve, al vecchio concetto di proletariato.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a marzo è al 35,9%, in aumento di due punti percentuali su febbraio.
A livello europeo, secondo l'Eurostat, la disoccupazione è aumentata al 10,9% nel mese di marzo rispetto al 10,8% di febbraio e al 9,9% nel marzo 2011. In Italia, il tasso è passato dal 9,6% al 9,8%. Nella Ue-27, il dato è rimasto invariato al 10,2% rispetto a febbraio, ma si mantiene comunque su un livello più elevato rispetto al marzo 2001, quando era al 9,4%. Ancora una volta, il Paese con la disoccupazione più alta nella Ue-27 è la Spagna, al 24,1% (23,8% il mese precedente)

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