ROMA - Senza una definizione di quali motivi economici siano legittimi (crisi aziendale , di mercato, ..) si apre la strada a licenziamenti per qualsiasi motivo attenga l’attività dell’impresa: anche per aumentare i profitti! Si allarga,inoltre, la possibilità di licenziare per motivi disciplinari. Non è il tanto decantato modello tedesco .
Per il governo Monti, l’Italia è in crisi a causa delle pensioni e della tutela del posto di lavoro e non per il dissesto causato dalle speculazioni delle banche, per le de-localizzazioni all’estero delle produzioni, per la mancanza di investimenti da parte delle imprese e dello Stato.
Parlano di rigidità del mercato di lavoro quando ci sono milioni di precari, soprattutto giovani, e ci sono 2 milioni di loro che non studiano e non lavorano ; parlano di rigidità nei licenziamenti quando nel 2011 i licenziati sono stati 2 milioni e altrettanti nel 2010.

Con una riforma delle pensioni devastante soprattutto per operai, donne e lavoratori in mobilità e con la maggiore libertà nei licenziamenti si pensa di far uscire dalla crisi un Paese che non cresce da vent’anni. Poco o nulla è stato chiesto a coloro che si sono arricchiti con le attività finanziarie e hanno accumulato grandi patrimoni .

Nessun provvedimento è stato preso per la crescita del Paese.

L’iniziativa della CGIL è stata un argine alle politiche antipopolari del Governo Berlusconi e di quello di Monti. Il parziale passo indietro del governo Monti è merito suo. Ma nessun grande partito ha sostenuto la sua iniziativa fino in fondo e il risultato non è quello sperato dai lavoratori. Manca da tempo un partito dei lavoratori italiani e li sostenga nelle loro giuste battaglie per giustizia sociale, la solidarietà e il progresso civile ed economico.
E’ necessario convocare le elezioni politiche generali e far decidere al nuovo Parlamento politiche economiche e sociali condivise dai cittadini.
Non ci sono motivazioni per la prosecuzione di questo Governo. Invitiamo tutti a sostenere le prossime mobilitazioni sociali a cominciare da quella unitaria dei sindacati confederali del 13 aprile.

Gian Paolo Patta

 

 

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