di Fabio Sebastiani

La Cgil non darà, sulla riforma del lavoro, “nessuna opinione” finché non saranno prodotti i testi. “Abbiamo grande fiducia in tutti, ma conta quello che si scrive”. La reazione del segretario della Cgil Susanna Camusso, è molto rivelatrice dello stato dell’arte sulla vicenda dell’Art. 18. La discussione è sulle virgole. Tre ore di vertice tra “ABC”e Super Mario nella tarda serata di ieri sera non sono servite a trovare l’arcano sofisma italico che in quattro e quattr’otto ha sempre risolto nella storia del Bel Paese le questioni più intricate.

Alla fine si è preferito affidare alle immancabili procedure il senso di una giornata “non buttata via”. Il gioco di sponda, artatamente messo in piedi tra Cgil e Pd, ben distante dalla piattaforma sindacale vera e propria però, è arrivato ad un punto di svolta. Avendo esaurito gli strumenti lessicali occorrerà mettere mano ai “non detti”. E qui il gioco si fa duro. Siamo in piena “area scaricabarile”. E quando si entra in quella fase sappiamo bene che per i lavoratori non finisce mai bene, anzi. Non avendo avuto la possibilità di reagire fino a questo punto sarà difficile che ora in cui occorrerà una mira precisa e inesorabile saranno in grado di far pesare la loro parola.

Già il sindacato di Susanna Camusso si era messo in una condizione difficile, affidando alla politica il totale controllo del campo di manovra. Sì è vero, lo sciopero generale è stato quanto meno programmato. E ci mancava pure! Ma non avrà la benché minima influenza sul risultato finale, semmai venisse realmente effettuato, così come non l’hanno avuta del resto le altre cinque o sei mobilitazioni. Questa smaccata dipendenza dai tempi, dalle ragioni, e dai giochi della politica non è, a dirla diplomaticamente, un fulgido esempio di indipendenza da parte del sindacato. Ora siamo al risultato paradossale che di fronte ad un mandato del Comitato direttivo della Cgil che parla di sostanziale intoccabilità dell’articolo 18 la politica opera su tutt’altro versante.

E i due ambiti, il Paese Reale e il Palazzo, non sembrano più comunicare tra loro. Tutto è affidato a un imperscrutabile e inattingibile dinamica di vertici e incontri più o meno segreti. Il Pd, intanto, è pronto a sbandierare come “magnifica sorte e progressiva” la discrezionalità del giudice sul possibile reintegro al posto dell’automatismo del risarcimento. A Pier Luigi Bersani sembrano non interessare questioni come l’agibilità sindacale e la non ricattabilità dei lavoratori. A lui preme di più che il Pd possa andare in pezzi da un momento all’altro e, nello stesso tempo, rispondere ai dettami del presidente della Repubblica. Quale affidabilità può avere una organizzazione politica così combinata?

Non solo, contrariamente a quanto stabilito nella prima fase, questa compartimentazione doveva riguardare anche i temi di tutto il cosiddetto pacchetto Lavoro. E invece si sta scivolando nuovamente dentro il vecchio vizio del “grande contenitore” dove nella confusione generale si consumano delitti veri e propri senza capire bene chi è il vero responsabile. Che senso ha, come professa Stefano Fassina, tornare ad incrociare l’Art. 18 con i capitoli su precarietà ed esodati?

Infine, dal vertice notturno è uscita anche un’altra bella novità, la velocizzazione dei tempi. Bene, non può che far piacere in fondo. Ci chiediamo a questo punto cosa intende fare la Cgil che aveva stilato tutta un’altra agenda dichiarando la possibilità dello sciopero soltanto a maggio.

Fonte: controlacrisi.org

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