PERUGIA - Le prefetture di Perugia e Terni si sono impegnate a inviare la documentazione presentata da Cgil, Cisl e Uil al Ministero e alla Presidenza del Consiglio. A livello regionale formalmente sono rassegnate circa 300 dimissioni volontarie da parte di donne al primo anno di vita del figlio. Non è di facile deduzione quantificare quante di queste siano “dimissioni in bianco”, anche se è facilmente deducibile che le motivazioni siano da ricondurre a dimissioni forzate.

Cgil, Cisl e Uil hanno sottolineato che tale pratica di abuso dei diritti civili, che viene praticata sempre più spesso anche per i contratti di apprendistato, scaturisce anche dalla carenza delle politiche di conciliazione.

Recentemente molte donne autorevoli del sindacato, dei partiti politici, della società civile, hanno promosso un appello “188 donne per la 188” contro il fenomeno delle cosiddette dimissioni in bianco, utilizzate allo scopo di consentire il licenziamento delle lavoratrici in caso di maternità, nonché di sgravare l’impresa dagli oneri relativi ai periodi di assenza dovuti a infortunio o malattia.

Ricordiamo che il Governo Prodi nel 2007 regolamentò la materia attraverso la legge 188 che obbligava a redigere le dimissioni, pena la nullità, su appositi modelli resi disponibili gratuitamente dalle Direzioni Provinciali del Lavoro, dagli Uffici Comunali e dai Centri per l’Impiego e contrassegnati da un codice di identificazione progressivo e con durata limitata di 15 giorni.

Un piccolo accorgimento “burocratico” che, però, rendeva vana la predisposizione di modelli firmati con largo anticipo e con la data in bianco. La legge 188 è stata cancellata dal Governo Berlusconi nel giugno 2008 e pertanto il triste fenomeno delle dimissioni in bianco continua.
 

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