di Gian Filippo Della Croce

PERUGIA - Ersilia è il nome di una delle città invisibili immaginate da Italo Calvino: A Ersilia gli abitanti usano tendere fra le loro case dei fili di colore diverso a seconda del tipo di relazione, per segnare i rapporti che animano la vita della città. Così a poco a poco l’intreccio dei fili si ingarbuglia e s’ingrossa, occupando strade, piazze e vie , finchè la rete diviene spessa e impenetrabile e allora gli abitanti abbandonano la città per ricostruirla altrove, così il territorio di Ersilia è pieno di città abbandonate.In questa suggestiva parabola di Calvino troviamo grandi riscontri con la nostra realtà, quella di un tempo, il nostro, dove le garanzie democratiche conquistate nel corso della dolorosa storia di questo Paese, dimostrano tutta la loro incapacità di migliorare il tessuto delle relazioni sociali, economiche, politiche, che contraddistingue una comunità, piccola o grande che sia.

Gubbio come Ersilia? Una città soffocata da un fitto viluppo di relazioni alla fine così incontrollabili da giustificare “l’abbandono” calviniano, che è una suggestiva immagine che sta a significare l’abbandono della convivenza civile, cioè dei suoi valori etici e morali, la resa alla negazione della democrazia. Parlo con un signore di Gubbio, un piccolo imprenditore, che mi dice che quello che oggi tutti leggono sui giornali in città era noto da tempo, tutti sapevano e tolleravano, e molti si servivano normalmente del “sistema” ,di cui le cronache ci stanno parlando in questi giorni, per ottenere piaceri e privilegi che ovviamente dovevano essere ricambiati secondo le regole che il sistema imponeva.

Eccoli i fili di Calvino, quel tessuto di relazioni al limite della legalità che in città erano divenute legali e alla fine il viluppo rischia di soffocare la città stessa. Non è solo un problema della politica quella della legalità degli atti esercitati dai suoi rappresentanti, è anche un problema dei cittadini elettori che non possono attendersi soltanto dei “piaceri” dai propri eletti. Quindi i fili che si tendono fra eletti ed elettori nel contesto delle relazioni sociali più che avvilupparsi dovrebbero tendersi , diventare linee rette, rappresentare infine quella “rettitudine” che dovrebbe distinguere la democrazia da altri modi di governare. Delle vicende eugubine, i mass media hanno parlato e stanno parlando molto e anche con molto sensazionalismo, come si usa di questi tempi, e siccome i media fanno anche, come tutti sanno del resto, opinione, quale opinione a livello di platea mediatica può costruirsi in merito ai valori della politica nella nostra regione? Giambattista Vico ha scritto che “…sembrano traversie, sono opportunità…”, ecco le vicende di Ersilia-Gubbio possono essere anche delle opportunità per accelerare i tempi di quel cambiamento nella gestione della cosa pubblica da parte della politica necessario per poter sperare nei tempi nuovi dei quali abbiamo disperatamente bisogno.

Ecco che una giovane presidente di una delle regioni d’Italia, icona per troppo tempo di un “buon governo” la cui immagine è sempre più appannata dal tempo e dalle vicende, può, avendone il necessario coraggio, avere l’occasione per un cambiamento in tempo reale, quello che è necessario che ci sia per uscire dal viluppo dei fili che rischiano di soffocare anche la nostra regione.
 

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