di Mauro Alcherigi*

PERUGIA - Può apparire un paradosso, ma come ha scritto nel suo saggio di Enrico Grazzini intitolato ” Il bene di tutti. L’economia della condivisione per uscire dalla crisi “ , siamo di fronte ad una scelta dove non esistono scorciatoie o alternative : per uscire dalla crisi occorre sviluppare un’economia fondata anche sulla gestione dei beni comuni, quei beni che per loro natura non possono condivisi : scienze, internet, informazione, ambiente, territorio, aria, acqua, moneta, reti di comunicazione e trasporto.

Da Napoli, prima città ad aver istituito un Assessorato ai Beni Comuni è partito un percorso politico-partecipato che deve far riflettere e coinvolgere tutti, che intende costruire una nuova forma di azione pubblica locale per tutelare e valorizzare quei beni di appartenenza collettiva e sociale che sono garanzia anche dei diritti fondamentali dei cittadini. Per invertire l'attuale tendenza alla privatizzazione dei beni comuni è necessario costruire una nuova forma di azione pubblica locale fondata sulla tutela dei Beni Comuni.

Il problema , come scrive Grazzini, consiste nel fatto che il capitalismo sfrutta gratuitamente i beni ambientali, sociali e culturali comuni senza curarsi degli interessi delle comunità e senza neppure pagare prezzi adeguati. Da qui la necessità della costituzione di un soggetto economico no profit autonomo dal mercato e dai governi: il nuovo terzo settore dovrebbe avere la proprietà formale dei beni comuni , prezzarli considerando anche le “esternalità negative” (e quindi per esempio la necessità di rinnovare le risorse), e soprattutto gestirli in un'ottica di lungo periodo a favore delle comunità interessate e del bene comune. Enti no profit di diversi livelli: locale, regionale, nazionale, globale. La salvaguardia e la valorizzazione dei beni comuni eviterebbe la catastrofe ambientale, sociale e culturale che il capitalismo genera nella sua corsa dissennata al profitto.

In questo contesto Istituzioni e movimenti sono chiamati ad esercitare la loro azione politica ed economica affinchè i beni comuni non siano appetito del capitalismo più corporativo , anzi lo stato dovrebbe finanziare il riacquisto dei beni comuni già ceduti ai privati e favorire sul piano giuridico, fiscale ed amministrativo la creazione e lo sviluppo di società senza scopo di lucro e del no profit . L’accesso aperto ai beni comuni rappresenta anche la condizione di un mercato dinamico e competitivo e quindi innovativo e senza il controllo
di monopoli condizione fondamentale per un intervento pubblico efficace perché controllato dalle comunità e dal basso.

Rifondazione Comunista e la Federazione della Sinistra credono che questa sia la partita fondamentale e decisiva per il futuro della persone e delle comunità . Etica ed equità non possono essere svuotate del loro significato e non devono essere appannaggio di un capitalismo aggressivo oggi travestito d’agnello. La sinistra italiana deve riappropriarsi del ruolo che l’ha vista protagonista nelle crescita e nella storia del nostro Paese perché sulla sfida dei beni comuni si giocano anche quelle decisive del lavoro, della democrazia, dei diritti e della libertà .

*Assessore Comune di Città di Castello

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