CITTA' DELLA PIEVE - Si è svolto venerdì scorso a Palazzo della Corgna, alla presenza di un folto pubblico di cittadini e amministratori locali, l’incontro con la Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, e con l’Assessore regionale alla Sanità Franco Tomassoni. L’iniziativa, organizzata dal Circolo intercomunale del Pd, è stata introdotta dalla giovane coordinatrice Francesca Anemona, che ha sottolineato l’importanza di occasioni come questa, volte al “riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, a maggior ragione in un momento in cui si debbono prendere decisioni impopolari, ma necessarie”.

Il Sindaco di Città della Pieve, Riccardo Manganello, si è soffermato sulla coesione interistituzionale, quanto mai necessaria per supportare e spiegare le misure adottate ad ogni livello per contrastare la crisi”. “I riflessi dei tagli che, a cascata, - ha detto il Sindaco - si stanno riversando, ormai già da anni, sulle Regioni e poi su Province e Comuni, impongono la scelta di priorità nella destinazione delle poche risorse disponibili: il contenimento del disagio che riguarda sempre più persone e fasce sociali è la prima domanda alla quale rispondere, perché non soffochi anche le speranze dei cittadini; il supporto alla formazione e al lavoro vanno di pari passo”. Il primo cittadino ha riconosciuto e ricordato il supporto che dalla Regione è stato garantito in particolare nel settore sociale, con risorse significative anche nel 2011. Quanto alle riforme endoregionali, il sindaco Manganello le ha definite “giuste, per adeguare le nostre istituzioni ad un mondo che è cambiato e con il quale anche le Amministrazioni pubbliche devono fare i conti per rappresentare e risolvere al meglio bisogni e progettualità delle comunità locali”.

Tra i temi trattati, fortemente sentito quello della Sanità, oggetto di una profonda trasformazione: “Questa - ha affermato l’Assessore Tomassoni - si affronta correttamente spiegando con trasparenza le situazioni ai cittadini, che comprendono, forse meglio dei politici, che questo è il momento delle scelte e del coraggio; in Umbria partiamo da una buona Sanità e non può che esserci un progetto regionale, senza competizioni tra Asl e aziende ospedaliere, ma mutualità d’intenti”. “Tra tagli diretti e indiretti - ha precisato Tomassoni - dobbiamo fare i conti con circa 150 milioni di euro in meno: è evidente allora che, se vogliamo impostare una riforma, non abbiamo scelta, si deve risparmiare e portare avanti un progetto di ottimizzazione di costi, unita ad una maggiore appropriatezza e qualità dei servizi”.

Il problema chiave che la riforma è chiamata ad affrontare è quello della mobilità passiva, che vale 65 milioni di euro. “Esistono specializzazioni ridondanti - ha spiegato l’Assessore regionale - e specializzazioni insufficienti, il che è provato dai 22 milioni di euro che spendiamo per la mobilità passiva nel settore traumatologia e ortopedia; dovremo meglio integrare azienda ospedaliera e medicina di territorio, e questo non riguarda solo la riduzione delle Asl a due e le due aziende ospedaliere integrate, ma anche un forte processo di integrazione tra le aziende ospedaliere, senza doppioni a Perugia e a Terni, che dovrebbero raggiungere un numero di 800 interventi e invece, insieme, arrivano a 700, con 800.000 euro di mobilità passiva, cioè di pazienti umbri che si rivolgono altrove”. Anche sugli ospedali di territorio, i riflessi di questa ottimizzazione sinergica della sanità regionale porterà dei cambiamenti rispetto alle aspettative di qualche anno fa: “La specializzazione di queste strutture è una risposta alla carenza di alcune specializzazioni e un’ancora di salvezza degli ospedali di territorio, che altrimenti dovremmo chiudere; non possiamo - ha concluso Tomassoni - puntare a ospedali generalisti, ma a quelle specializzazioni di cui c’è necessità, intercettando e risolvendo anche i nuovi bisogni sanitari, come l’assistenza ai pazienti dopo la fase acuta della malattia e a quelli affetti da patologie croniche, in una situazione in cui diviene sempre più labile il confine tra sociale e sanitario”.

La Presidente Marini ha sottolineato come vi siano campi, come il sostegno all’impresa e all’occupazione e la coesione sociale, nei quali Regioni e Amministrazioni locali possono avere la loro parte nel risanamento. “Il recente confronto con il governo Monti - ha spiegato la Marini - ha portato a recuperare in parte il taglio operato dal governo Berlusconi, che aveva ridotto il fondo Sanità e Trasporto pubblico da 2 miliardi a 400 milioni; siamo riusciti a recuperarlo fino a 1 miliardo e 200 milioni e, forse, arriveremo a 1 miliardo e 600 milioni”. “Le risorse pubbliche - ha proseguito la Presidente - saranno di molto inferiori, ma come enti locali non possiamo pensare di usare la leva fiscale regionale, con un’economia che non riparte; dobbiamo invece ripensare anche ai nostri costi. Ci saranno un po’ meno servizi, ma almeno non saremo ricorsi a una tassazione che colpirebbe la nostra popolazione che ha un reddito medio da lavoro dipendente più basso delle media nazionale”.

“Le risorse del Welfare - ha aggiunto la Marini - non si toccano; di fronte all’azzeramento dei fondi statali per le famiglie, noi abbiamo un fondo regionale che riguarda anziani, non autosufficienti, bambini con disabilità, e su questo non vogliamo torniamo indietro ”. Sulla Sanità, la Presidente della Regione ha confermati la realizzazione del nuovo ospedale di territorio del Trasimeno: “Nuovo ospedale sì - ha detto - ma un ospedale pensato per quelle specializzazioni che evitino la mobilità passiva; quindi è fondamentale il tema di quale vocazione si dà alla struttura ospedaliera da realizzare”.

La Marini ha fatto riferimento al sovraccarico di richieste degli utenti che, anche dal Trasimeno, confluiscono verso l’azienda ospedaliera di Perugia: “Questa situazione deve portarci a pensare che se gli ospedali di territorio non possono essere strutture per la cura delle malattie in fase acuta, possono però essere di grande utilità se organizzate per offrire quelle prestazioni che nell’azienda ospedaliera dobbiamo smettere di fare: attività programmata in settori chirurgici di elezione, dove esistono file di attesa con tempi tanto lunghi da costringere a chiedere lo stesso servizio fuori Regione, con conseguenti costi a carico del servizio sanitario regionale”.

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