di Giampaolo Ceci

PERUGIA - La stangata è forte e si farà sentire, ma bisogna salvare l’Italia dice Monti.
Di fronte a questi argomenti chi ha senso di appartenenza reagisce e ingoia responsabilmente il proprio il boccone amaro.
Ma, è proprio così? O ci stanno “zufolando” come si fa coi bambini per fargli mangiare la verdura che proprio non gli va giù? ” Su, fai il bravo. Si lo so, la verdura è cattiva, ma poi diventi grande grande come il papà”.
Allora Dott. Monti: davvero l’Italia è in pericolo? Davvero dobbiamo credere che senza la stangata non si potranno pagare più gli stipendi degli statali? O ci sta “zufolando” come fa la mamma amorevole verso gli ingenui bimbi per fare loro ingoiare un cibo che non piace?

Ci spiega gentilmente perché mai lo stato è in deficit e alle banche manca liquidità? Quale rapporto c’è tra le banche (private) e lo stato Italiano? Perché mai lo stato deve pagare le banche per avere liquidità quando a uno stato sovrano basterebbe battere moneta per averne senza limiti? Chi dobbiamo salvare, lo Stato o le Banche ? quali regole perverse guidano l’economia del nostro pianeta al punto di consentire spostamenti di capitali tanto ingenti da mettere in crisi uno stato sovrano e consentire rendite finanziarie colossali in un battibaleno? Non si può fare nulla per cambiarle? Ce lo spieghi e poi, se le motivazioni sono chiare e convincenti, mangeremo la verdura.

Lo stato è come un grande condominio: cura gli interessi di tutti e quindi ognuno deve pagare la sua quota ma almeno che sia rapportata ai millesimi di proprietà e sia chiaro quali servizi comuni stiamo pagando!
In uno stato ad economia liberale lo sviluppo si fonda su regole economiche ferree, dettate dalla economia di mercato. La concorrenza è l’elemento calmieratore che pone limite a speculazioni e all’aumento dei prezzi.
La funzione dello Stato é quella di dare delle regole di governo che anticipino ed evitino i fenomeni negativi per i suoi cittadini e di farle rispettare. Uno stato moderno dovrebbe anche ben amministrare le cose pubbliche affinché producano effetti benefici e non restino abbandonate a se stesse.
Certo che la dizione “nell’ interesse dei cittadini” si presta a svariate interpretazioni. È qui che interviene l’ideologia di ciascuno che conduce ad affermare che alcune decisioni vanno nel verso dell’interesse sociale ed altre, solo in quello di gruppi organizzati ed influenti. È sulle soluzioni da dare ai problemi che dovrebbe svilupparsi il dibattito tra i politici rappresentativi dei cittadini e nascere il confronto costruttivo, finalizzato a trovare la migliore soluzione per tutti.

E’ dalla capacità di confrontarsi senza preconcetti che si forma una dialettica sana e costruttiva.
È per questo che gli amministratori della cosa pubblica dovrebbero essere scelti unicamente tra persone intelligenti e sagge, rette da saldi e trasparenti principi etici prima ancora che ideologici.
Uno Stato moderno, soprattutto in un’economia liberale non ha il compito di accedere nel campo dell’imprenditoria, ma solo quello di realizzare quei servizi che nessun privato organizzerebbe, perché in perdita. Meno stato nella imprenditoria, ma regole ferree per consentire a tutti e soprattutto ai meno abbienti, ogni cura e assistenza e tutte e le tutele sociali di base . In un’economia di mercato, è lecito che il giudice che fa le leggi s’imbarchi in avventure imprenditoriali? È corretto che lo Stato governi aziende estrattive o manifatturiere non strategiche che si pongono sul mercato in forma non concorrenziale, perché non possono fallire, visto che c’é Pantalone che ripaga i loro debiti?

Può un ente pubblico organizzare e promuovere servizi che potrebbero utilmente e meglio essere erogati da privati in regime di concorrenza? Non sarebbe meglio se restasse nel suo ambito e si limitasse a controllare che nessuno violi le regole della leale competizione senza entrare in campo?

Ora il prof Monti ci dice che i costi della macchina pubblica sono maggiori delle entrate e che quindi ……si devono aumentare le entrate? Ma...mi scusi, se una qualunque famiglia spende più di quanto si guadagna, la prima cosa che si fa è tagliare le spese superflue, non aumentare le entrate! Mi pare ovvio, ma io non sono un professore di economia.

Come se non bastasse, per pagare i debiti dello Stato vengono tassati quelli che producono. La politica lungimirante dei professori “eletti” al governo consiste nel fare pagare di più ai piccoli commercianti e artigiani che producono beni reali per poter pagare lo stipendio chi invece non produce un bel nulla
Quando la tassazione è troppa scatta un senso di ribellione. Gli artigiani, i professionisti e commercianti vivono alla giornata in uno stato di perenne precarietà. Se non ci sono soldi saltano le ferie, se si ha il raffreddore si deve andare a lavorare lo stesso. Il sabato mattina è ormai una mezza giornata lavorativa e ora lo sarà anche il pomeriggio, sperando che ci sia lavoro da fare. Le tasse si pagano con un anno di anticipo e la pensione, se non si è accumulato qualche cosa, è una miseria che ti condanna all’ospizio. Non basta. Ora per questa classe di lavoratori senza cassa integrazione e tutele di alcun genere si aumentano le tasse perché altrimenti lo Stato non avrebbe i soldi per pagare gli stipendi all’altra metà dei lavoratori, quelli tutelati da un posto sicuro e dalla cassa integrazione e quelli che gestiscono male la cosa pubblica?
In queste condizioni, mi spiace dirlo, mi pare che non ribellarsi e tentare di evadere le imposte non sia un atto antisociale, ma più semplicemente un ragionevole atto di legittima difesa.
 

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