PERUGIA - Al sollievo e alla soddisfazione per l’imminente caduta del governo Berlusconi-Bossi, si accompagna una grande preoccupazione per la tenuta della democrazia e per le campagne sociali. I risultati delle elezioni amministrative e dei referendum, il consenso alle mobilitazioni dei movimenti, l’impegno della Cgil, avevano fatto sperare che si potesse aprire una stagione di nuova partecipazione politica e di maggiore giustizia sociale, alternativa al governo Berlusconi.

Le cose stanno andando in modo diametralmente opposto.

La presenza di Berlusconi come protagonista delle “larghe intese” è inaccettabile: un connubio al buio (o connubuio) Pdl-Pd incomprensibile e innaturale.

Per quanto riguarda la partecipazione politica, si rifiuta la via maestra delle elezioni e si prefigura un commissariamento tecnocratico di lungo periodo (un anno e mezzo).

Inquietante è la notizia che ieri la Commissione Bilancio del Senato ha sospeso l’esame del maxi-emendamento per consentirne il preliminare esame da parte degli ispettori Ue e Bce.

Quanto al programma, temo che difficilmente si potrà discostare dall’ultima lettera della Commissione, nella quale - sotto forma di 39 domande - si danno in realtà indicazioni molto concrete: nuovi tagli per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 (oltre la già approvata delega assistenziale che ridurrà la spesa sociale per oltre 20 miliardi di euro); la privatizzazione di quel che rimane delle imprese pubbliche; interventi sulle pensioni e sui licenziamenti; un aggravamento del già opinabile testo di riforma dell’art. 81 della Costituzione (sul vincolo di pareggio di bilancio) attualmente all’esame del Parlamento; e purtroppo l’elenco potrebbe continuare…

Chi si oppone (come Di Pietro) è additato come irresponsabile nemico dell’Italia. Si vuole una democrazia senza opposizione, e quindi un regime?

Per queste ragioni credo che sia giusto insistere per elezioni anticipate, sulla base di un programma del centrosinistra che dia dei vincoli europei un’interpretazione diversa, non liberista e monetarista, ponendo al centro senza esitazioni la difesa del lavoro e dello stato sociale.

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