E cosa diamine avrà fatto mai l'assessore Simona Vitali per meritarsi un così virulento attacco delle opposizioni che ne chiedono le dimissioni? Di quale orrendo crimine si sarà mai macchiata? O, se si preferisce, con quale immondo peccato mortale avrà mai macchiato la sua anima? La scarsa alfabetizzazione politica, democratica e civile in cui vent'anni di berlusconismo hanno ridotto il nostro Paese, può condurre alcuni cittadini gualdesi a farsi un'idea sbagliata delle ragioni che hanno mosso la nostra azione. Ed è proprio con questi interrogativi fasulli posti a falsa premessa della difesa dell'operato dell'amministratrice pubblica che si conta di capovolgere la realtà dei fatti e si tenta strenuamente di sopprimere l'evidenza e di minimizzare la portata politica, istituzionale ed amministrativa dell'"incidente".
Da parte nostra non c'è alcuna intenzione di trasformare un fatto consapevolmente compiuto da un assessore nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche in un caso giudiziario fatto apposta per annacquare le gravi responsabilità politiche, istituzionali ed amministrative che si stanno accumulando in questa vicenda e per fagocitare l'accertamento eminentemente politico di dette responsabilità dentro un calderone da tifoseria da stadio dove ci si divide tra innocentisti e colpevolisti, all'italica maniera. E non c'è alcuna presunzione pelosa o tentazione morbosa a voler esprimere giudizi morali su una persona che pro tempore si trovi ad amministrare la cosa pubblica. Non siamo e non abbiamo alcuna intenzione di improvvisarci giudici o preti inquisitori e il consiglio comunale di una Città non è nè mai deve diventare un'aula di tribunale o un altare di espiazione che ha la pretesa di giudicare e condannare al capestro o agli inferi una persona per il suo operato individuale di libero e privato cittadino. Non c'è quindi nessuna veemenza, nessuna esagerazione e nessun accanimento personale a fondamento dell'agire delle opposizioni unite.
Succede però che abbiamo fatto una richiesta di convocazione urgente e straordinaria di un consiglio comunale con lo scopo di porre in esame e in discussione alcuni fatti pubblicamente rilevanti perchè compiuti nell'esercizio delle funzioni di amministratrice e perchè essi trovano riscontro in una lettera della direttrice del Museo regionale dell'Emigrazione inviata all'Assessore Vitali, in quanto amministratrice pubblica, e al Sindaco e alla Giunta in quanto tali, quali organi istituzionali e di governo locale, presso il domicilio pubblico e istituzionale del Comune di Gualdo Tadino. E la lettera, sia nella forma, sia nella sostanza, ha veste di natura legale, in quanto sottoscritta da un avvocato, nel pieno svolgimento del più tipico mandato di rappresentanza. Non c'è dunque alcun fatto privato da accampare che impedisca ai consiglieri comunali di agire liberamente il proprio mandato e le proprie prerogative istituzionali secondo le leggi e la Costituzione della Repubblica, che possa oggi impedire la libera informazione e la libera formazione dell'opinione dei cittadini attorno alla vicenda e che, infine, possa impedire al consiglio comunale di pronunciarsi sull'operato di un pubblico amministratore reso nel pieno delle sue funzioni, una volta esaminati i fatti. La fattispecie della controversia tra privati, semmai si potesse contemplare in questo caso, sarebbe solo nella soluzione che si affida ai legali, ma ciò non ridurrebbe il rilievo pubblico della vicenda e non altererebbe la natura altrettanto pubblica -politica, istituzionale ed amministrativa- dei fatti di cui stiamo parlando.
In questo operato, a nostro avviso, vi sono ragioni abbondantemente sufficienti per invitare l'assessore a dimettersi e, qualora non si riscontri questa disponibilità, per impegnare il Sindaco alla revoca delle sue deleghe. Dalla vicenda di cui si è resa protagonista l'assessore Simona Vitali, infatti, si evince bene quale sia la concezione "proprietaria" che si ha delle Istituzioni democratiche e si evince altrettanto bene in quale effettiva considerazione si tengano le regole di convivenza tra le Istituzioni pubbliche e le regole di fondo dell'agire amministrativo.
Se c'è stata e c'è veemenza, arroganza o esagerazione, questa non è nell'azione doverosa messa in campo dalle opposizioni. Questa c'è stata e c'è solo nel comportamento di un Sindaco e di una Giunta terrorizzati dalle conseguenze politiche della mozione presentata. La gestione della vicenda da parte di questi signori è stata fin dal primo momento di un'arroganza e di una scompostezza senza precedenti ed è culminata nella pretesa di imporre il bavaglio agli organi di informazioni, professionali e non, distribuendo diffide e minacciando querele senza alcun fondamento di sorta. Le stesse diffide hanno raggiunto anche tutti i firmatari della mozione, come se essi fossero tenuti a dei doveri di cronaca imparziale (che peraltro non esisterebbero neanche nel caso dei giornalisti: è per questo che si chiama pluralismo dell'informazione) e non invece ad agire liberamente il proprio mandato politico ed istituzionale. Non hanno ottenuto ovviamente alcun risultato: il consiglio comunale che abbiamo richiesto nell'ambito delle nostre prerogative si celebrerà, eccome se si celebrerà.
Alla gravità politica, istituzionale ed amministrativa di un casus belli che tutti i gualdesi potranno dettagliatamente conoscere proprio nel consiglio comunale reso possibile grazie all'intervento dell'opposizione, si aggiunge dunque la gravità politica e, questa sì anche morale, degli sconcertanti tentativi di metterlo sotto cappa attraverso una difesa irragionevole che fa strame di verità, di libertà e di legalità democratica da parte di un Sindaco e di una Giunta in avanzato stato di cottura. Di questi goffi tentativi di bavaglio messi in campo nella nostra Città abbiamo immediatemente interessato -e adeguatamente informato- il portavoce e il direttore di Articolo 21, la notissima associazione di giornalisti professionisti, editori e bloggers che opera a difesa del pluralismo e della libertà di informazione nel nostro Paese, rispettivamente Giuseppe Giulietti e Stefano Corradino.
Nessuna demonizzazione dell'avversario, dunque. Nel caso, anche volendolo, non ci sarebbe bisogno di demonizzare chicchessia, se ci si ridicolizza da soli e ci si rende vittima di se stessi e dei propri feticci. Per come oggi si cerca di rappresentare le proprie presunte ragioni intimando e pretendendo il silenzio a forza di noiose ed incredibili intimidazioni legali ed evitando così accuratamente di rendere noti gli avvenimenti oggetto della controversia, risulta inaccettabile che si giunga addirittura all'autocompiacimento, al più pietoso dei vittimismi, anzichè provare a replicare nel merito e politicamente alla mozione dell'opposizione. Se l'assessore Vitali avesse voluto dimostrare il suo attaccamento alle ragioni dell'acqua pubblica, cosa su cui in buona fede contavamo allorquando le furono assegnate le deleghe e per la quale avrebbe avuto tutto il nostro convinto e bipartizan sostegno, nei mesi del suo mandato non le sono certo mancate le occasioni. Avrebbe dovuto imporre a se stessa e pretendere dalla Giunta di adempiere a quegli obblighi derivanti dalla votazione della delibera del consiglio comunale per la ripubblicizzazione dell'acqua e, nel caso della vicenda Idrea-Rio Fergia, dopo la sentenza definitiva ed inappellabile del Consiglio di Stato, avrebbe potuto pretendere un'azione finalmente decisa su Rocchetta per quello che abbiamo voluto recentemente chiamare un degno risarcimento della Città, una più concreta iniziativa per ricontrattare con Rocchetta quelle maggiori ricadute economiche, occupazionali, sociali ed ambientali che la Città si attende a vent'anni dall'inizio della sua attività. Non ha fatto niente di tutto ciò e non ha detto niente a questo fine.
Il fatto che il suo presunto attaccamento alle ragioni dell'acqua pubblica e bene comune sia infine naufragato nell'assurda pretesa che la direzione del più importante Museo cittadino non dovesse collaborare con Rocchetta per i suoi programmi di didatttica e non dovesse accettare dall'azienda alcuna sponsorizzazione per dette attività, la dice lunga sia sulla sua considerazione delle relazioni che si debbono intrattenere tra pubbliche Istituzioni, sia sulla capacità di comprendere le regole e il funzionamento di una pubblica amministrazione, sia sull'idea che essa ha della democrazia, sia, più specificatamente, sul contegno che si deve tenere a tutela e rispetto dell'autonomia di una professionalità quando si è nel potere di esercitare nei suoi confronti una qualche forma di autorità: anche in una caserma la linea di comando si è oramai evoluta e non c'è più solo chi comanda e chi esegue, come ai vecchi tempi, zitto zitto e senza chiedere spiegazioni pur in presenza di un comando incomprensibile, immotivato ed abusivo. La sua pretesa si è posta come un arbitrio assoluto in quanto non si riscontra alcun atto formale della Giunta, o del comitato di gestione del Museo di cui il Sindaco è di diritto il Presidente, a fondare le sue richieste: non c'è alcuna delibera di indirizzo politico, non c'è alcun provvedimento amministrativo della Giunta e non c'è alcuna delibera o disposizione regolamentare del direttivo del Museo in cui sia possibile riscontrare una volontà a suffragio e a giustificazione della sua incredibile richiesta.
Non si tratta dunque di assistere ad una singolar tenzone in cui ognuno esprime il proprio giudizio e sposa la parte che si ha in maggiore simpatia personale: ci sono di mezzo le Istituzioni e la dignità professionale di chi vi opera. E' bene ricordare che nelle Istituzioni non si può fare come ti pare, come se si fosse a casa propria, anche se i vent'anni di berlusconismo hanno accreditato questa idea. Le Istituzioni non sono un asilo; vanno al contrario preservate le regole di convivenza che presiedono al loro funzionamento, alla loro organizzazione ed alla loro efficacia. E per presarvarle va politicamente censurato (questo sì censurato a dovere e il termine è tecnicamente appropriato) ogni atto che ne destabilizza la vita e la dignità. Finora, in questa vicenda, la vittima principale - e dimenticata - è la dignità e la professionalità della Direttrice di un Museo regionale dell'emigrazione che è un fiore all'occhiello della nostra Città e che, per la prima volta nella sua breve ma importante storia, ha subito una così grave ingerenza dalla politica e da un rappresentante di una pubblica amministrazione locale, con tutto ciò mettendo a repentaglio l'autonomia, la serenità delle relazioni interistituzionali e la professionalità nella gestione delle sue attività. Ad essa va dunque la nostra solidarietà e il nostro sostegno così come ad essa deve essere garantita la solidarietà di una Città civile e democratica che intenda dimostrare maturità.
E finora, in questa vicenda, l'unica altra vittima è la democrazia di cui è evidente l'idea approssimativa che ne serbano questo Sindaco e questa Giunta. Noi non siamo per dimettere ed imbavagliare la democrazia nella nostra Città, noi siamo per dimettere chi l'imbavaglia e chi la offende: la nostra religione civile resta la Costituzione della Repubblica. L'unica soluzione di questa vicenda sono le dimissioni di Simona Vitali: i musei e l'estate gualdese si faranno lo stesso e sarà salvaguardato contemporaneamente un principio e una prassi democratica e civile nella conduzione dell'assessorato alla cultura.

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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