di Isabella Rossi

E’ partito sotto un cielo magnifico in un’atmosfera di pacifica e giocosa protesta il corteo degli indignati, venuti ieri a Roma da tutta l’Italia per chiedere il riscatto dei diritti e dei beni comuni. Una manifestazione che collegava Roma alle altre 952 piazze. Piazze che, secondo i dati che rimbalzano dalla rete, hanno reclamato a livello planetario un cambiamento globale per una democrazia reale. Ma è durato soltanto poco. Roma si è staccata dal mondo per volere di pochi, forse neanche 500 persone –secondo alcune testate - intenzionate a “rovinare la festa”.

Alle tre del pomeriggio in via Cavour era già andato in scena l’inferno. Una colonna di fumo, e l’odore acre di immondizia in fiamme si sono lasciati indietro i primi incappucciati, forse un centinaio. La loro marcia su via Cavour ha seminato da subito paura e distruzione. Solo pochi minuti e l’atmosfera di festa era sparita. Da lontano il fumo, da vicino gli incappucciati e gente incredula che ha iniziato a rifugiarsi nei bar. Una ragazza, a volto scoperto, se l’è presa con un ragazzo che davanti al bar stava fotografando il corteo degli incappucciati. “Fatti i cazzi tuoi, perché li vuoi fotografare?”, ha pronunciato in tono duro.

Poco dopo è stata la volta di un’agenzia delle poste. Vetrine infrante a sprangate e calci davanti agli occhi di tutti. Alcuni minuti dopo è toccato ad un auto parcheggiata lungo il viale, poi ad un motorino. Gli incappucciati con passamontagna e caschi hanno potuto procedere indisturbati, nonostante la legge 152 del 1975 vieti “ogni mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo”.

Alcuni avevano zaino in spalla. Quasi tutti giovani, forse giovanissimi. Non correvano in via Cavour. Camminavano a passo spedito e nessuno ha bloccato sul nascere il piano di distruzione che si stava palesando, minuto dopo minuto. Anche se, come era evidente già ieri, sarebbe stato non solo possibile ma, ancora facile farlo. Altrettanto chiaro è, e non solo a tutti i manifestanti pacifici di ieri, che bloccare e allontanare i “black bloc” in quel momento avrebbe risparmiato altra distruzione e la guerriglia che ha generato una settantina di feriti, di cui 45 ricoverati. Tra di loro due in gravissime condizioni: un manifestante ha perso due dita, un altro rischia l’occhio.

Ad isolare i violenti a più riprese nel corso delle cinque ore di manifestazione, ci hanno provato i manifestanti pacifici, spesso soli in una lotta impari. Una maggioranza armata di parole, “basta, andatevene via”, e di buone intenzioni. Non è bastato. L’impressione che rimane è che la protesta pacifica sembra essere andata in pasto ai violenti, "causa forza maggiore", per impossibilità di contrasto. "Ma davvero non si poteva fare niente? - si è chiesta una ragazza tedesca sbalordita dall'incedere della guerriglia a pochi passi da piazza S. Giovanni - Da noi la polizia sa già chi sono i violenti e gli si impedisce di partecipare". Ma i fatti di Roma raccontano un'altra storia. Quelli che non erano nemmeno l’1% hanno avuto la possibilità di tenere sotto scacco una manifestazione che voleva essere pacifica nelle intenzioni di ben più del 99%, forse più di duecentomila persone.

Questo il risultato di un cocktail dove il caso non sembra essere l’ingrediente principale. Oltre all’operato intelligente e onesto delle forze di polizia, chiamate ad un lavoro pericoloso, ingrato e malpagato, c’è stato molto non agire e un agire spesso non comprensibile. Così è accaduto a piazza San Giovanni, dove le camionette - come hanno testimoniato tutto il pomeriggio in diretta i cronisti di Radio Popolare  - si concentravano in caroselli e molti manifestanti pacifici si sono trovati in condizioni di serio pericolo. Davvero è stato fatto tutto il possibile per evitare che la violenza di pochi oscurasse le intenzioni di molti? Ogni dubbio dovrebbe essere fugato a tal proposito affinchè non si ripeta quello scollamento tra istituzioni e società civile avvenuto 10 anni fa, al G8 di Genova. Il modo migliore potrebbe essere una nuova protesta, solo pacifica, per togliere il bavaglio della violenza alle ragioni della democrazia.
 

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