Associazione Amal e Alternative Information Center

Ulivi e bambini per risollevare Al Walaje. È il progetto che dal Natale del 2010 l’associazione italiana Amal porta avanti nel villaggio palestinese a quattro chilometri da Betlemme, minacciato dall’imponente colonia di Har Gilo e dalla costruzione del Muro di Separazione.

I 18000 dunam (1 dunam: 1 km2) di terre che il villaggio possedeva fino al 1948 si sono ora ridotti a 2800 dunam e ogni giorno i lavori per la costruzione del Muro proseguono. L'obiettivo finale è quello di chiudere completamente il villaggio e porre un checkpoint di ingresso per controllare l'accesso. La stessa situazione di Qalandya, dove l'unico checkpoint di ingresso alla città chiude alle 17, vietato l'ingresso a tutti coloro che non abitano all'interno.

Ora ad Al Walaje la speranza cresce insieme agli alberi di ulivo, atavico simbolo della cultura palestinese. Il Progetto Ulivi dell’associazione Amal nasce dall’analisi del contesto socio-educativo palestinese, che a causa dell’occupazione militare israeliana ha visto nel corso degli anni non solo l’irrigidimento del sistema scolastico (classi numerosissime, pochi professori, stili educativi di tipo “addestrativo”), ma anche la perdita di possibilità educative legate ad attività sociali e extrascolastiche. Nel pensare perciò il Progetto Ulivi, si è tenuto conto proprio di come lo stato di occupazione militare e il complesso apparato preposto all’annientamento del “palestinese”, inteso in termini storici, culturali e spesso anche fisici.

La distruzione della memoria popolare e familiare è dovuta a diversi fattori:
- la strategia politica e militare;
- la scarsa importanza della figura dei padri che hanno subito l’occupazione militare israeliana senza potersi opporre e spesso sono stati umiliati davanti agli occhi dei figli. Disoccupati e frustrati, hanno perso la funzione di collegamento generazionale;
- la lenta scomparsa delle generazioni più vecchie che hanno vissuto anche eroicamente il passato della Palestina, ma che non hanno più voce e occasioni per raccontarlo;
- le restrizioni di movimento imposte da Israele: raggiungere un amico o la scuola tutte le mattine diventa quasi impossibile.

Il Progetto Ulivi si apre così alla società palestinese come un laboratorio sociale, che vede nel “piantare l’ulivo” lo strumento principale per coinvolgere i diversi attori e creare un luogo e un tempo in cui si possa lentamente ricostruire la memoria, riconoscersi maggiormente come individui, ricollocarsi all’interno di una storia passata e presente, e provare anche ad immaginare un futuro.

I destinatari del progetto pertanto sono prima di tutto i bambini, ma imprescindibilmente anche i loro familiari, le persone che ci aiutano a trovare luoghi adatti in cui piantare gli alberelli, i tecnici agronomi, contadini volenterosi, gli adulti e i giovani del luogo, i volontari.

L’idea era di coinvolgere più persone possibili che avessero qualcosa da portare con loro in quello spazio e in quel tempo: il racconto di cosa fosse l’ulivo per i palestinesi di un tempo, la voglia di spiegare ad un bimbo cosa è la terra e come si lavora, il gusto di esplorare l’ambiente e scoprire cosa offre, e la voglia di stare insieme e lavorare verso un obiettivo – la coltivazione dell’ulivo – a cui ognuno avrebbe potuto dare un suo personale significato.

Il Progetto Ulivi è partito ufficialmente a Natale 2010. Oggi, scoprire come ogni bambino mostri a chiunque arrivi con orgoglio il proprio alberello, ci ha dato prova di come prendersi cura del campo fosse diventato per loro un motivo di orgoglio.

Ma la nostra inaspettata sorpresa è stata notare come le mamme venissero sempre più assiduamente al campo, fino a farlo diventare un appuntamento irrinunciabile: queste donne hanno riscoperto la piacevolezza dello stare insieme, dedicando qualche ora alla settimana esclusivamente a se stesse e al rapporto con i loro bambini.

Un'altra piacevole sorpresa ha riguardato il coinvolgimento del proprietario del terreno che ci ospita: a ridosso della colonia Har Gilo, quindi con il divieto di costruirvi, il campo era rimasto incolto a lungo, espressione del disagio, della sofferenza e della paura che un contadino può provare sapendo che a poche centinaia di metri Israele ha confiscato le terre ai palestinesi. Vedendo l'impegno e l'entusiasmo che i bambini, l'educatrice e tutti i collaboratori stavano investendo per poter piantare gli alberelli, il proprietario ha riscoperto la voglia di prendersi cura del proprio terreno ed ha iniziato a venire assiduamente dando un grande contributo nella bonifica del campo.

Un ultimo aspetto riguarda il coinvolgimento di tutte le associazioni di volontari ed internazionali (come l'International Solidarity Initiative di Betlemme) che entrano in contatto con il Progetto Ulivi e che offrono il loro importante sostegno. La rete di solidarietà intorno ai nostri bambini e ai loro ulivi si sta allargando e il progetto ha assunto un significato importante per tutti i palestinesi e non che lo hanno preso a cuore: rappresenta la voglia di resistere di un popolo che quotidianamente vede sottrarsi terra e memoria da sotto i piedi.

Per maggiori informazioni sul progetto: http://www.associazioneamal.org/?q=ProgettoUlivi

 

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