Facciamo sì che lo sciopero di domani diventi l’inizio di una lunga e incisiva mobilitazione autunnale: il mondo del lavoro deve essere protagonista di una riscossa morale e civile nei confronti della peggior manovra finanziaria della storia dell’Italia repubblicana, ma ancor di più della più profonda crisi economica e democratica che l’Italia e l’Europa ricordino dal ’29 a oggi.

Come se non bastassero i tagli sempre più pesanti a istruzione, ricerca, servizi e stato sociale arriva la proposta di Tremonti (già approvata di fatto in Spagna dal Governo socialista!) di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione; il messaggio è chiaro, i diritti sono sul mercato.

Dopo l’accordo del 28 giugno e il “patto per la crescita”, che hanno mostrato un cedimento pericoloso nei confronti delle politiche di austerity proposte da Governo e associazioni padronali, lo sciopero del 6 rischia di diventare insufficiente se non verrà legato indissolubilmente ad una prospettiva di lotta capace di dare forza ad una reale alternativa ad una crisi sempre meno congiunturale e sempre più sistemica.

L’adesione allo sciopero di una parte delle basi di cisl e uil (con tanto di repressione burocratica) dimostra che il terreno dell’unità sindacale non è certo quello degli accordi al ribasso con Governo e padroni, ma quella del conflitto per la riconquista di diritti e agibilità democratica nei luoghi di lavoro.

Cajarelli, "la CGIL che vogliamo" Umbria
 

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