Il sostegno allo sciopero della CGIL è per me un atto di civiltà, almeno di quella civiltà del lavoro attorno a cui si è costruita la nostra storia repubblicana e che questo Governo nuovamente attacca con micidiale veemenza. L’ art.8 della manovra smantella, in un sol colpo, il contratto collettivo nazionale di lavoro, l’articolo 18 e, con esso, l’intero Statuto dei Lavoratori. Basterebbe questo a giustificare il ricorso alla mobilitazione generale su cui tanti critici si sono esercitati con distinguo e riserve. Quasi a esorcizzare lo spettro di un conflitto sociale, ampiamente provocato dalla conclamata inettitudine di Berlusconi & C., che invece proprio grazie allo sciopero si ricompone entro forme politiche e al quale si dà rappresentanza sociale.

Nei giorni passati la CGIL aveva individuato venti vertenze aziendali simbolo delle difficoltà del sistema industriale italiano. Tre riguardano l’Umbria: Basell, ThyssenKrupp e Merloni. Il governo avrebbe potuto cogliere l’occasione di questa manovra per contrastare il preoccupante declino industriale a cui sembra soccombere il nostro paese, anche in conseguenza della crisi, attivando investimenti e misure per lo sviluppo di settori strategici. Purtroppo non ci saranno né provvedimenti di rilancio né investimenti di prospettiva né programmi destinati a creare nuovo lavoro .

L’attorcigliarsi della vicenda Basell/Novamont di Terni – con tutte le possibilità connesse alla green economy italiana, alla ricerca scientifica di rango e alla conquista di una leadership europea della chimica verde – riflette l’incapacità di questo Governo di gestire con successo politiche industriali anche laddove si spalancano praterie sconfinate per la realizzazione di innovativi progetti imprenditoriali di successo. La vertenza chimica ternana ha subito per mesi l’assenza di iniziativa dell’Esecutivo. Ora il Ministro dello Sviluppo Economico c’è e tuttavia non riesce ad entrare nella partita tra Basell e Novamont con la piena autorevolezza conferitagli dal ruolo e con i più adatti strumenti di diplomazia economica. C’è, da parte del Ministro Romani, un atteggiamento agnostico e rinunciatario che non va affatto bene.

Dinanzi alla sommatoria di iniquità e di inadeguate misure, alle critiche sempre più sferzanti all’indirizzo del governo provenienti da tutti i settori sociali; e dinanzi ai dati della disoccupazione giovanile che presagiscono un inquietante futuro la mobilitazione del 6 settembre della CGIL è, nonostante l’autunno incipiente, una bella fioritura di speranze, di politica e di partecipazione democratica.

A chi deplora lo sciopero verrebbe da dire: se non ora, quando?

Carlo Emanuele Trappolino
 

Condividi