Monaco/Prc Perugia: "Da Nardo' puo' nascere la Lega dei braccianti"
Oscar e Maria sono due fra i tanti che hanno condiviso con i braccianti la vita di Nardò. Una branda nella masseria Boncuri, il lavoro quotidiano fra le tende, l'assistenza sanitaria, il rapporto con le istituzioni, il servizio legale, giorni e giorni che sono serviti a costruire scambio, conoscenza reciproca, dietro ogni bracciante come dietro ogni attivista delle Brigate di Solidarietà in cui Oscar e Maria operano ci sono pezzi di storia raccontati la sera dopo ore e ore di lavoro.
«Ero anche a Lampedusa, - racconta Oscar, militante del Prc - in comune fra le due esperienze ci sono gli elementi di carattere repressivo. A Lampedusa è più esplicito e affidato alle istituzioni a Nardò meno palpabile perché gestita dai sistemi di sfruttamento capillare». Per Oscar il lavoro di partito è inscindibile da quello nelle Brigate: «Si tratta di tratti che ci connotano e debbono diventare un costume sempre più diffuso fra di noi- continua- È una esperienza che serve a formare quadri nella trincea della lotta di classe. Noi dobbiamo incentivare l'impegno in questo settore che è strategico, il lavoro migrante è un aspetto costituente della crisi, non solo come ambito di maggiore sfruttamento ma come terreno di conflitto. Lo sciopero che hanno fatto i braccianti ne è un esempio».
Molti dei braccianti che ora sono dispersi nelle campagne del meridione intendono venire a Roma il 15 ottobre per manifestare contro il governo e contro la crisi e questo è il segno di una profonda e radicale maturazione politica costruita giorno dopo giorno, inipotizzabile fino a prima di uno sciopero che segna uno spartiacque: «In fondo stiamo mettendo in pratica quello che ci siamo detti a Chianciano, la pratica sociale che diventa performante - dice Oscar - riacquistiamo credibilità riprendendo pratiche antiche del movimento operaio come mutualismo e solidarietà di classe. Ora dobbiamo portare a livello nazionale questa esperienza, non disperderla e cominciare già a lavorare per il prossimo anno avendo come obbiettivo una vera e propria Lega dei braccianti del ventunesimo secolo. Dobbiamo metabolizzare il lavoro svolto e poi implementarlo».
Maria è ancora a Nardò:«Il 31 chiude il campo, c'è ancora chi lavora e questo è un momento molto delicato - racconta - infatti delle brigate siamo rimasti in 15. C'è da fare molto, tra l'altro siamo alla fine del ramadan che coinvolge molti dei lavoratori rimasti». Maria non milita in nessun partito, è un "cane sciolto" che si è avvicinata alle Brigate perché «per me la politica è questa». Racconta le sue giornate a Nardò che iniziavano presto la mattina e terminavano, di solito alle 3 di notte:«Cominciavamo con la pulizia del campo, in cui lavoravamo noi delle Brigate e i ragazzi che non erano al lavoro. In questa maniera mantenevamo delle regole comuni di convivenza e gestivamo insieme lo spazio. Non era semplice tenerlo pulito ma si trattava anche di imparare a conoscerci lavorando in comune. Poi aprivamo l'ufficio di accoglienza per registrare chi arrivava, censire chi aveva il contratto, provenienza, status giuridico, competenze ecc.. Dati sensibili insomma. Per 3 ore al giorno poi lo sportello sanitario, con volontari e mediatore culturale e compilavamo anche schede sanitarie. La sera, dalle 21 alle 22.30 la scuola di italiano in cui parlavamo soprattutto di lavoro e di diritti. Un veicolo immediato per comunicare parlando di temi di interesse comune, ci trovavamo a discutere anche di crisi».
Maria studia filosofia, lavora in nero e vive nel suo piccolo condizioni di sfruttamento che la portano a sentirsi vicina ai braccianti con cui ha diviso l'estate, comunica consapevolezza ed entusiasmo nel mettere in luce la sua esperienza: «A Lampedusa è stato molto importante ma qui ho imparato molte cose, non mi sono occupata di immigrazione ma di lavoro. Certo i migranti sono oggi la categoria più bersagliata e credo sia una follia non capire e condividere le ragioni di questo segmento di società. Per me è stata una scuola formativa e credo sia stato altrettanto per il centinaio di ragazzi, alcuni appena usciti dal liceo, che sono venuti qui. Si tratta di una formazione che parte dalla pratica ma diventa anche teoria, si riesce a fare analisi politica complessiva partendo dai fenomeni e non analizzandoli dall'esterno. In fondo la nostra è un embrione di risposta alla domanda del vecchio Adorno "La politica è morta, bisogna ricominciare a fare politica"». Anche Maria vuole continuare. «Queste esperienze sono una risposta alla spettacolarizzazione e alla personalizzazione della politica. Per ricominciare anche i partiti devono cambiare, parlare con un linguaggio aderente alla realtà, ai contesti sociali. Non servono catalizzatori che fanno la rivoluzione su Facebook ma una ricostruzione collettiva e dal basso. Le Brigate sono anche questo, siamo diversi fra di noi, ma siamo disposti a costruire insieme anche passando l'estate alla Masseria Boncuri».
Tratto da Liberazione del 4 settembre 2011 - di Stefano Galieni

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