«L'età pensionabile sale e i giovani restano disoccupati»
Tonino Bucci
Cambia la manovra. Nell'intesa trovata dalla maggioranza - l'altro ieri nella villa di Arcore - non c'è traccia di supertassa sui redditi medio-alti. C'è invece un colpo alle pensioni di anzianità, senza peraltro garantire che i conti, alla fine, tornino. Di organico c'è poco, tranne il segno antisociale. Per il resto, «una fiera dell'improvvisazione e della vaghezza», sintetizza Felice Roberto Pizzuti, docente di politica economica alla Sapienza di Roma. Dal punto di vista formale sembra un'accozzaglia di interventi. Non è così? Una fiera . C'è l'Europa - è vero - che colpevolmente spinge a politiche deflattive e, tuttavia, c'è anche una responsabilità di questa manovra, sia nella sua formulazione originaria, sia nella versione modificata. Da nessuna parte stava scritto che la manovra dovesse essere di 45 miliardi, meno che mai di 55, come si profilava a metà agosto - quando il governo, sotto l'urto della speculazione sui nostri titoli di stato, riteneva di dover dimostrare più rigore di quanto ce ne fosse bisogno.
Adesso, dopo un paio di settimane e alcune sedute di Borsa nelle quali la speculazione sembra essersi calmata, è successo che la manovra è stata stravolta, sia nella quantità che nella qualità. L'entità si è ridotta, il che andrebbe anche bene se non ci fossero stati annunci contrastanti, col risultato di accentuare l'instabilità dei mercati finanziari. Quanto poi alla qualità, è evidente il segno di una sperequazione, sia nella versione originaria che in quella successiva alle modifiche. Non ci sono interventi di natura patrimoniale... In Francia e negli stessi Usa c'è un dibattito sulla patrimoniale. In Italia, neppure a parlarne. A pagare sono i soliti... In tutto il mondo ci sono "ricchi illuminati" che sostengono l'opportunità etica di interventi patrimoniali. La Francia ha appena deciso misure di questo tipo. In Italia, invece, nessuno sostiene la necessità di una patrimoniale. Neppure l'opposizione batte su questo tasto.
Al di là degli stravolgimenti rimangono le misure anti-lavoratori. Si chiede maggiore flessibilità, il che - tradotto - significa maggiore libertà di licenziamento. In più, si annuncia un ulteriore indebolimento della contrattazione nazionale. Sono misure non solo avverse al mondo del lavoro, ma anche negative dal punto di vista economico. Non fanno che aumentare l'instabilità in un momento di crisi globale. Come gettare benzina sul fuoco. Che senso ha aumentare l'età pensionabile in un paese dove non c'è ricambio generazionale? Nessuno si pone il problema. Se è vero che c'è un invecchiamento della popolazione nel medio e lungo periodo, è vero anche che in questa crisi recessiva - la più grave da ottant'anni a questa parte - ci troviamo con una disoccupazione dell'11 per cento (cassintegrati inclusi) e con una disoccupazione giovanile arrivata di media intorno al trenta per cento. Ci sono alcune zone in cui la disoccupazione giovanile sfiora cifre impronunciabili. Aumentare l'età di pensionamento significa costringere a lavorare persone che avevano già fatto la scelta di andare in pensione. Si sottraggono potenziali posti di lavoro ai giovani, certamente meglio motivati e disposti ad assecondare l'innovazione del sistema produttivo. Così si rischia davvero di esasperare il livello di frustrazione di un'intera generazione che non riesce a entrare nel mondo del lavoro. Non aiuterà certo a superare la crisi. Il problema non è il pareggio di bilancio, ma come uscire dalla crisi.
Questa manovra non finirà per avere effetti recessivi e contrarre la capacità di consumo dei redditi medio-bassi? Si confonde la logica della macroeconomia con la logica della ragioneria. Un conto è regolare il bilancio di un'impresa o di una famiglia, altro è occuparsi dell'insieme delle imprese e delle istituzioni. Continuare a pensare di estendere la logica del bilancio aziendale - il pareggio o, meglio, l'attivo dei conti - all'economia di uno Stato è uno sbaglio madornale. L'economia funziona con regole diverse da quelle di una azienda. Dove sta scritto che il deficit è necessariamente un fatto negativo? Sarebbe insensato discutere su quale sia il livello di debito pubblico superato il quale diventerebbe incompatibile con la crescita e con lo sviluppo. Certo, un debito elevato comporta il pagamento di oneri maggiori e un aggravio del bilancio pubblico e degli interessi. Però si tratta anche di capire per cosa si fa il debito. Se ci si indebita per spese improduttive si caricano sulla collettività gli interessi per rifinanziare il debito. Se, invece, ci si indebita per fare investimenti produttivi, allora non c'è nulla di male. Al di là della congiuntura in cui ci troviamo il debito è uno strumento di politica fiscale ed economica. Trovo improvvido costituzionalizzare il pareggio di bilancio. E' come se un pugile salisse sul ring con un braccio legato dietro alla schiena.
Fonte: Liberazione del 31 agosto 2011

Recent comments
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago
12 years 20 weeks ago