Dal governo nessuna riforma, ma solo “manovre”
ìLa manovra finanziaria bis presentata dal Governo conferma l’assoluta assenza di un programma di sviluppo economico per il nostro paese.
L’obiettivo di sistemare i conti pubblici non può prescindere dalla necessità di mettere mano alle riforme strutturali che permettano di rilanciare l’economia, incentivare le imprese e sostenere le famiglie.
La recente crisi finanziaria ha dimostrato l’assenza di un Governo in grado di anticipare il futuro e di fronteggiare l’emergenza.
In tempi non sospetti, i socialisti furono i primi a comprendere che occorreva una governance mondiale dell’economia ed un ripensamento del rapporto tra Stato e mercato.
La crisi si fronteggia con gli strumenti del riformismo e non con i provvedimenti d’urgenza.
Il vero limite della manovra sta nel fatto che occorreva anticipare la crisi, consentendo una discussione più ampia sui provvedimenti da adottare.
In definitiva, le misure proposte - in assenza di progetto di sviluppo per il paese che preveda la riduzione della tassazione sul lavoro ed un piano di privatizzazioni e liberalizzazioni - rischiano di rivelarsi inique e sbagliate per il paese.
Semmai si sarebbe dovuto incidere sul recupero dell’evasione fiscale, sui grandi patrimoni e soprattutto sugli alti redditi come in Francia, ove è stata prevista una tassazione straordinaria del 3% sui i redditi da lavoro e da capitale annui superiori a 500 mila euro.
Anche sul fronte del taglio dei costi della politica, le misure proposte non sembrano rispondere a criteri meritocratici.
In particolare, il doppio criterio della popolazione e delle dimensioni territoriali per l’eliminazione delle Province rischia di ridurre gli effetti del provvedimento e di non produrre neanche particolari benefici in termini di risparmio, così come la cancellazione dei piccoli Comuni sotto i mille abitanti, che molto spesso rappresentano un importante presidio nel territorio.
Piuttosto occorreva colpire direttamente gli sprechi, sopprimendo gli enti inutili che in Italia sono tanti.
Certo anche gli enti devono fare la loro parte, rendendo servizi efficienti ai cittadini, senza aumentare la pressione fiscale.
Da ultimo, pur riconoscendo anche il ruolo sociale della chiesa cattolica, alcune esenzioni fiscali di cui gode il Vaticano non sembrano più compatibili con i sacrifici che si chiedono a tutti i cittadini.
Cesare CARINI
(Segretario Federazione Provinciale PSI Perugia)

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