L'editoriale di Gian Filippo Della Croce - C'è Ancora Tempo?
Di Gian Filippo Della Croce
PERUGIA - Ma l’Umbria esiste? Ovvero esiste come connotazione regionale? Cioè esiste come collante culturale , economico, politico, nella mente e nel cuore dei suoi abitanti? Fino ad oggi non si era mai levata nessuna autorevole voce a sostenere qualsivoglia tesi relativa al fatto che gli umbri non si riconoscessero pienamente nella configurazione regionale attuale, perché, campanilismi a parte, non c’e’ mai stato nessuno che abbia messo in dubbio l’appartenenza degli umbri all’Umbria, siano essi umbri del nord, sud, est o ovest.
Oggi di fronte alla proposta di riassetto territoriale che il governo Berlusconi include nella finanziaria “lacrime e sangue” ( un deejà vu per i soliti noti che dovranno sanguinare), che intenderebbe ridurre i costi della politica e degli apparati amministrativi tagliando anche tutte le province che non raggiungano parametri quali 300.000 abitanti e 3000 kmq di territorio, l’Umbria si trova davanti a un dilemma esistenziale che potremmo definire “amletico”, cioè “essere o non essere una regione”? Già, perché la ventilata soppressione della Provincia di Terni a causa dei sopracitati parametri riproporrebbe pari pari un “non nuovo dilemma”, sollevato anche in tempi non sospetti da diversi interlocutori più o meno illustri, che riguarda l’intera regione. Quindi sarà bene che parlando di “riordino” territoriale , da qualsiasi parte si voglia cominciare il discorso, esso non può che riguardare “tutta” l’Umbria, in quanto la soppressione di una delle due province riproporrebbe quel non lontano discorso fatto in tempi non sospetti quando parlando di riassetto amministrativo del territorio nazionale l’Istituto Agnelli propose la soppressione dell’Umbria dividendola fra Toscana e Lazio, nonché la soppressione di altre regioni ritenute “minori” e quindi accorpabili con altre più grandi.
Allora ci furono blande critiche e risentimenti, ma si trattava soltanto di una ipotesi di alcuni studiosi, oggi si tratterebbe di un provvedimento legislativo, tra l’altro da attuarsi in tempi piuttosto brevi. Quindi, se l’Umbria esiste ancora è bene che si sbrighi a “battere un colpo”, cioè a far sentire la sua voce, che significa la sua capacità di reazione a una proposta irricevibile , magari basandosi sul fatto che una riduzione dei costi degli apparati amministrativi non si può basare su un kilometro quadrato in più o in meno, su cento abitanti in più o in meno, ma deve considerare innanzi tutto l’anzianità dell’Ente cioè il suo radicamento sul territorio nel quale si identifica e che a sua volta rende identificabile. Perché allora non considerare parametri più consoni al radicamento dell’Ente sul territorio? Per esempio si potrebbe (se proprio si deve fare) considerare di eliminare tutte le province di età inferiore ai cinquanta anni, lasciando perdere l’estensione territoriale che non c’entra nulla perché l’esistenza, il ruolo di un Ente Locale è soprattutto un fattore culturale che si sedimenta e si solidifica nel tempo connotando un territorio e i suoi abitanti.
Ma c’è ancora tempo? E sopratutto esiste la giusta sensibilità da parte della politica, degli imprenditori e dei cittadini dell’Umbria per difendere un’identità culturale che per troppo tempo è stata confusa con l’identità politica? Intanto sorprende che un autorevole quotidiano locale, di cui personalmente stimo molto l’intelligenza del suo direttore, si faccia portatore , di una specie di informale referendum ponendo ai lettori ternani il seguente quesito “ Pensate che Terni debba restare in Umbria o andare nel Lazio?” Penso che la cosa si commenti da sola, certamente atteggiamenti del genere non possono essere utili alla causa dell’Umbria.
Walter Verini, parlamentare umbro del PD, nei giorni scorsi ha proposto la riunione degli stati generali della politica umbra, una proposta aperta a tutta la sinistra ma anche a chi nel centrodestra si rende conto che la situazione in cui è venuta a trovarsi la nostra regione è seria e va valutata al di là degli schieramenti ideologici. Una proposta realistica, che al momento rischia di essere l’unica in campo, una proposta il cui fine dovrebbe essere prima di tutto quello di fare assumere alla politica e ai politici nostrani le proprie responsabilità e di avviare un serrato confronto con il territorio E’ una condizione irrinunciabile per dimostrare che l’Umbria esiste in quanto tale ed è anche una verifica necessaria sullo “stato di salute” della politica nella nostra regione. Ma c’è ancora tempo?

Tuesday
23/08/11
11:56
Piuttosto bisognerebbe chiedersi: l'Europa esiste? L'Umbria e l'Italia può poco di fronte a una moneta unica senza un governo reale dell'Europa, significa esporsi al tiro al piccione delle grandi potenze geopolitico - economiche, come peraltro sta avvenendo. La crisi non è esclusivamente finanziaria, ma principalmente ambientale e governata, come sempre, dalla battaglia per il controllo delle materie prime, energetiche, minerali e alimentari.
Il fenomeno che ha descritto nel suo editoriale non è solo umbro, è tipico dell'Italia, connaturato alla sua storia sia secolare, sia post - unitaria.
Gli appelli che giungono anche dal Presidente Napolitano a una etica nazionale, al rispetto dei doveri verso lo Stato (come pagare le tasse), non sono facile retorica, ma dimostrano che stiamo ancora affrontando il processo di consolidamento di quello, "Stato etico" contro lo "Stato guardiano notturno", di cui parlò Gramsci. In altri paesi questa identità nazionale etica è molto più avanzata che in Italia. Questa debolezza si riflette in tutti gli aspetti della vita italiana, non solo nella politica.