Complici gli ombrelloni, le sagre e i diversivi delle ferie ferragostane, il governo Berlusconi pone a simbolo della manovra finanziaria-golpe la cancellazione dal calendario delle feste laiche e nazionali per eccellenza: il 25 aprile della Liberazione, il Primo maggio dei lavoratori e il 2 giugno della Repubblica.

L’attentato alla democrazia, al lavoro e alla Costituzione posto in essere con la manovra finanziaria di ferragosto non poteva essere meglio suggellato che con un messaggio simbolico per niente subliminale e così prepotente: macelleria sociale, costituzionalizzazione del pareggio di bilancio, contemporaneo svuotamento dei fondamenti costituzionali, attacco al lavoro non potevano trovare una sintesi migliore della riscrittura della storia e del tentativo di sopprimere l’identità nazionale, democratica e repubblicana del popolo italiano che c’è dietro alla cancellazione di queste tre feste operata con un decreto economico e con la scusa della crisi.

L’idea, a rigor di memoria, non è nuova né in Berlusconi né in alcuni settori politici, economici e sociali del Paese, i più retrivi: le tre feste spesso cadono durante la settimana, determinano una perdita di produttività, sono tre giorni che si sottraggono alla crescita del PIL e perciò vanno accorpate alla domenica. Per Ognissanti, Immacolata Concezione ecc. detti problemi non si porrebbero, perché c’è di mezzo il Concordato con la Santa Sede e le feste religiose fanno parte dei patti.

Come ai tempi del fascismo le lavoratrici e i lavoratori non potevano celebrare il Primo Maggio, ma dovevano silenziosamente chiedere le grazie alla Madonna, così oggi, con la dittatura del mercato e per le menzogne del berlusconismo, dovrebbero tornare sudditi buoni e silenziosi, cittadini docili ed immemori della storia della loro Patria, delle loro conquiste democratiche e delle lotte per riscattare la loro dignità sociale. Come a dire dimenticate quello che siete stati, sopprimete ogni anelito di liberazione, scordatevi la dignità del lavoro, l’uguaglianza e la democrazia sono un ferrovecchio o un lusso soprattutto oggi che c’è la crisi. E così come dovete dimenticarvi di tutto ciò, l’unica cosa che potete fare è digerire in silenzio la mattanza sociale cui siete condannati. Proprio vero, cancellata la memoria, muore la speranza e non c’è scampo: resta la crisi.

La soppressione delle tre festività ci parla di questo. Un golpe accessorio e complementare ad una finanziaria che tenta l’ultimo colpo di coda del berlusconismo anche attraverso messaggi politici e culturali prepotenti ma oramai spuntati. Una sorta di rivincita ideologica del berlusconismo morente che si accanisce contro i simboli della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza e che svela il carattere profondamente reazionario ed antinazionale del ventennio che abbiamo alle spalle e che ancora stenta ad essere superato. E’ il tentativo finale, profondamente eversivo, di chi ha fatto sintesi della peggiore storia nazionale e l’ha trasferita tutta dentro la vulgata e la pratica neoliberista di questi anni facendola passare per quel fenomeno tutto e solo italiano chiamato berlusconismo: neofascismo, affarismo, corporativismo, razzismo e xenofobia, clericalismo, egoismo sociale, consumismo posti tutti sotto la bandiera del libero mercato e della Disuguaglianza segno della volontà divina, disegno della storia, espressione della natura.

Con una differenza, però. Al messaggio berlusconiano di sempre “arricchitevi e godete”, svanito il sogno e suonata la sveglia, oggi si è sostituito il messaggio “chi può e chi è intoccabile continui ad arricchirsi e a godere, tutti gli altri si sacrifichino e non si provino ad avere invidia”. E con ciò si svela finalmente ogni arcano: fin qui il Primo Maggio doveva servire a consumare, da qui si torna a lavorare. Ma soprattutto si svelano bene e senza più tanti fronzoli il carattere e il segno delle politiche economiche e sociali di questo governo e dei precedenti a guida Berlusconi.

Per finire, non abbiamo mai avuto un dubbio sul carattere solo retorico, patriottardo e mielosamente finto impresso ai festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia dalle classi dirigenti berlusconiane di questo Paese e la cancellazione delle due festività nazionali del 25 aprile e del 2 giugno con la festa della fratellanza universale per eccellenza, il Primo Maggio, ne è l’impietosa riprova.

La cancellazione delle tre feste proprio nell’anno che celebra il 150° dell’Unità d’Italia è una beffa dolorosa e una vergogna senza fine proprio perché quelle tre date sono per tanti versi la prosecuzione storica ed ideale delle lotte risorgimentali e ne costituiscono a loro modo il compimento e la sublimazione. I simboli sono importanti e le tre date che si vogliono svilire a festa qualunque hanno contribuito tutte a fare del nostro popolo una Nazione, a rafforzare la sua identità e a rendere vivo ed operante il sentimento simboleggiato dal Tricolore, ben più di ogni retorica e molto più del mugolare l’Inno di Mameli all’apertura di ogni Consiglio comunale della nostra Città.

E’ per questo che Sinistra per Gualdo si farà promotrice di un’iniziativa proprio nella massime assise cittadina con una mozione posta a difesa del 25 aprile, del Primo Maggio e del 2 giugno: affinché anche dalla nostra Città si alzi la voce contro questo scempio dell’identità nazionale del popolo italiano e dei simboli fra i più importanti e sentiti della Repubblica, della nostra democrazia.

La crisi non può giustificare tutto, tanto meno questo ulteriore, sottile e sciagurato attentato ai fondamenti più nobili della nostra storia e della nostra civiltà nazionale, ai programmi di società e alle finalità più elevate che sono scritte in quel patrimonio ideale vivente che è la nostra Costituzione.
Non possiamo restare impassibili ed indifferenti a tutto questo e risvegliarci tra un po’, tra qualche mese o tra qualche anno per chiederci come è stato possibile tutto ciò, ancora una volta, come molti si chiedono oggi di fronte a questi assurdi vent’anni di berlusconismo. Se si recide quella storia, la nostra storia migliore, nell’indifferenza e tra le svenevolezze e le disattenzioni di un agosto qualunque, il futuro è già scritto. Ed è identico al passato, quello peggiore.

Noi siamo tra quelli che vorrebbero lasciare ai nostri figli una speranza, almeno un motivo per cui un giorno possano osare che la parola liberazione non sia una bestemmia espulsa dalla storia e inconcepibile alla loro vita. Vorremmo pensare che essi possano continuare a celebrare Liberazione, Lavoro e Repubblica non come monumento pericolante e memoria morta, ma come fondamento della loro libertà e della loro dignità di cittadini futuri.

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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