Calistri: "E adesso riformiamo questa nostra Regione...."
di Franco Calistri
PERUGIA - Le norme riguardanti taglio delle Province sotto i 300.00 abitanti, accorpamento dei comuni al di sotto dei 1.000, riduzione del numero dei consiglieri regionali, pongono l'accento su questioni reali di riorganizzazione degli assetti istituzionali, che da tempo ormai si trascinano.
La manovra di ferragosto approntata dal governo Berlusconi, è ormai acclarato, è stata letteralmente imposta da Francia e Germania e dalla Banca Centrale Europea, con in testa il suo nuovo direttore, tal Mario Draghi che molti, sopratutto nell'opposizione, avrebbero visto con favore alla guida di un governo “tecnico” di transizione post berlusconiana, come conditio sine qua non ad interventi della stessa BCE nei mercati finanziari a sostegno dei titoli di stato italiani sotto attacco speculativo. La manovra, non ci si stancherà mai di ripeterlo, nel suo impianto generale è profondamente sbagliata perché non affronta quello che è il problema vero del nostro paese, la bassa crescita economica, ed è iniqua, perché riducendo l'area dell'intervento pubblico e tagliando trasferimenti finisce col far pagare la crisi ai ceti più deboli, ma non si dica, come fa anche il PD, che il contributo di solidarietà chiesto ai redditi sopra i 90.000 ed i 150.000 euro costituisce “una mazzata al ceto medio”, forse vi sono concezioni “statistiche” diverse di ceto medio.
Ma la manovra contiene alcune misure che, sicuramente con la brutalità del taglio sic et simpliceter, affrontano problemi reali riguardanti gli assetti istituzionali, la loro funzionalità, i livelli di scala ottimali per l'esercizio di determinate funzioni. La prima norma (articolo 16 del decreto) prevede che nei comuni con popolazione pari o inferiore a 1.000 abitanti, il sindaco sia il solo organo di governo e, conseguentemente, si prevede la soppressione della giunta e del consiglio comunale. Inoltre si stabilisce che tutte le funzioni amministrative siano svolte obbligatoriamente in forma associata con altri Comuni confinanti con popolazione pari o inferiore a mille abitanti mediante la costituzione dell'unione municipale. In tali comuni il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, mentre a governare l'unione municipale saranno l'assemblea municipale, il presidente dell'unione municipale e la giunta municipale. La seconda norma (articolo 15) prevede siano soppresse tutte le province, salvo quelle la cui popolazione rilevata al censimento generale della popolazione del 2011 sia superiore a 300.000 abitanti o la cui superficie complessiva sia superiore a 3mila chilometri quadrati, per l'Umbria questo significa la chiusura della Provincia di Terni. Vi è poi un altra norma (articolo 14), per la verità di dubbia costituzionalità, che stabilisce un numero massimo di consiglieri in ragione del numero degli abitanti, nel caso dell'Umbria, ovvero regioni con popolazione inferiore al milione di abitanti, il numero dei consiglieri, escluso il Presidente della Giunta scenderebbe a 20, in luogo degli attuali 30. Parallelamente si prevede che i membri di giunta non possano essere in numero superiore ad un quinto dei consiglieri, nel caso dell'Umbria 4 in luogo degli attuali 8.
Il complesso di queste norme, sopratutto quello riguardante i comuni e l'abolizione della provincia di Terni, tocca problemi reali di riorganizzazione dei livelli istituzionali ed amministrativi della nostra regione, questioni che ci portiamo dietro da anni, oggetto di interventi episodici ed estemporanei, che spesso hanno provocato complicazioni piuttosto che semplificazioni. Attenzione la questione non riguarda solo comuni e province, interessa lo stesso Ente Regione, che, a differenza di come è attualmente, dovrebbe essere esclusivamente legislatore e programmatore, abbandonando tutta una serie di compiti di natura gestionale che ancora lo caratterizzano. Anche perché se non si mette mano ad una riorganizzazione che ridia senso e significato alla comunità regionale e alle sue articolazioni territoriali, altre soluzioni porterebbero il rischio di una scomparsa dell'Umbria come realtà regionale. Forse non tutto il male viene per nuocere e questa potrebbe essere l'occasione buona per dare una risposta a questi problemi, insomma “Fusse che fusse la vorta bbona” come diceva nino Manfredi in un celebre tormentone di Canzonissima edizione 1959/60.

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