Di Aviano Rossi* portavoce Idv e Vice-Presidente Provincia di Perugia

Sollecitato sul tema delle iniziative IdV per la raccolta di firme sulle riforme istituzionali, ritengo doveroso intervenire per parlare non tanto in qualità di carica istituzionale, ma come Portavoce regionale dell’Italia dei Valori. Preciso che le iniziative di raccolta di firme da parte del partito sono due, entrambe da me condivise: la prima inerente ad un referendum finalizzato all’abrogazione dell’attuale legge elettorale in favore del ritorno al maggioritario uninominale e la seconda riguardante una proposta di legge di iniziativa popolare volta ad avviare la modifica costituzionale e la lotta contro gli sprechi, partendo dalle Province.
Qualora riusciremo a raggiungere le 500.000 firme per indire il referendum, saranno ancora una volta i cittadini a decidere il futuro della nostra democrazia, vista l’insensibilità dei parlamentari che inevitabilmente preferiscono pensare di tornare in Parlamento come premio di fedeltà da parte del proprio partito, piuttosto che andare a conquistarsi il consenso dei cittadini.

Sul fronte delle riforme istituzionali, sono ormai più che maturi i tempi per mettere mano all’impianto istituzionale, visto che i costi della politica sono diventati insostenibili per un paese in gravi difficoltà economiche. Per questo condivido la scelta del mio partito di avviare una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare da presentare al Parlamento per avviare una seria discussione sull’impianto istituzionale che impegni i parlamentari nel lavoro affidato loro dai cittadini, invece che andare a rilassarsi alla buvette, a farsi i capelli gratis, e prendere stipendi da nababbi maturando vitalizi che sono un insulto ai pensionati del nostro paese.

La legge di iniziativa popolare, infatti, non chiama in causa i cittadini nella scelta finale, ma è un istituto legislativo mediante il quale gli stessi, almeno 50.000, presentano al Parlamento un progetto di legge, proprio perché lo stesso sia poi discusso e votato. Magari sarà questa l’occasione per decidere se i parlamentari sono pochi o troppi, se si può superare il sistema bicamerale del Parlamento, se si possono superare le Regioni e Province a statuto speciale, se sono utili le Province, se sono utili i Comuni di 1000 abitanti, se è il caso o meno di abolire gli enti di secondo livello che consumano risorse per occuparsi della gestione del denaro pubblico al posto delle istituzioni previste dalla costituzione, che sono già troppe.
La mia preoccupazione è comunque che il dibattito si fermi a dei particolari che lasciano sfuggire il problema serio di questo paese, incapace di assumere efficaci provvedimenti anti-crisi e di mantenere una stabilità economica complessiva, mettendo a rischio le nostre e le nuove generazioni.

Ritengo che sia questa la strategia del Governo che, nel bel mezzo della crisi economica, ha speso inutilmente tempo e risorse per una riforma della giustizia utile a salvaguardare solo la posizione del Premier, senza preoccuparsi del debito pubblico, del calo di produzione e di consumi, della disoccupazione e di tutti i problemi sociali conseguenti.

Ad un tratto ci si accorge della gravità economica, ed esce dal cilindro una manovra estiva non certo finalizzata a recuperare i disastri prodotti, ma a spostare il dibattito sulla riduzione di un numero imprecisato di Province e di Comuni, nella speranza che nessuno si accorga che i provvedimenti più seri, e che stanno a cuore alla casta parlamentare, non sono stati nemmeno accennati.
I cuori dei facoltosi avrebbero veramente grondato sangue se fossero state mosse le tre leve del risanamento, peraltro lungamente invocate dal mondo economico: tassa patrimoniale per i più possidenti, tassa sui redditi più elevati, lieve aumento della tassa sui consumi. Dato che questi sarebbero stati tutti provvedimenti a svantaggio degli stessi governanti, allora meglio far litigare i ternani con i perugini, che rispolverando le avversità da tempo non espresse nei campi di calcio, sicuramente finiranno per non accorgersi delle malefatte governative.
 

Agli amici amministratori ternani esprimo il mio pensiero di solidarietà perché il prezzo dell’incapacità di governare non la può pagare Terni, città che con il lavoro duro, a cominciare da quello delle acciaierie, ha contribuito al benessere della Regione e dell’Italia; consiglierei ai colleghi amministratori ternani di difendere insieme l’identità di una Regione, di un modello di welfare, di un modello di solidarietà sociale che, dall’avvento della Repubblica, caratterizzano la nostra realtà. Se la Provincia di Terni passasse al Lazio, il resto dell’Umbria potrà al massimo diventare una Provincia della Toscana piuttosto che delle Marche; non sono certo che, diventando periferie di due diverse Regioni, le nostre comunità ne trarranno un grande vantaggio.
 

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