di Marta Fortunato

In Palestina anche l'educazione primaria è in pericolo. A rivelarlo è un rapporto del Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR) pubblicato a luglio.
Operazioni militari, spostamento forzato dei palestinesi, sovraffollamento e mancanza di materiale didattico sono solo alcuni dei motivi che impediscono l'accessibilità e la qualità della formazione primaria nei Territori Palestinesi Occupati.

Ancora una volta Israele viola le leggi internazionali e i diritti dei palestinesi. L'articolo 50 della Quarta Convenzione di Ginevra delinea gli obblighi di Israele nei confronti dei territori occupati :“la Potenza Occupante, in collaborazione con le autorità locali e nazionali, faciliterà l'adeguato funzionamento di tutte le istituzioni dedicate alla assistenza e alla istruzione dei giovani”.

Eppure quasi un milione di bambini palestinesi che si sono iscritti alla scuola primaria nell'anno 2010-2011 sono costantemente minacciati dall'aggressiva politica israeliana di demolizione delle case e dalle incursioni dell'esercito nei villaggi e nelle scuole.

Le aree più colpite sono quelle dell'area C, che costituisce più del 60% della Cisgiordania: queste zone, sotto il totale controllo israeliano sia dal punto di visto della sicurezza che da quello amministrativo, sono quotidianamente vittima di attacchi israeliani. Le frequenti demolizioni di case e il trasferimento forzato di molti palestinesi hanno effetti disastrosi sul sistema educativo palestinese. Molte famiglie non hanno più soldi per mandare i figli a scuola e nello stesso tempo la qualità dell'insegnamento peggiora perché spesso sono gli stessi professori ad essere costretti a lasciare il villaggio di residenza.

Secondo i dati dell'UNRWA, dall'inizio del 2011 nell'area C e a Gerusalemme Est queste politiche israeliane hanno avuto conseguenze molto negative su 1188 persone, di cui 565 bambini. E spesso gli ordini di demolizione colpiscono direttamente gli edifici scolastici: dal 1998, sono state distrutte 15 scuole. A Gaza la situazione è ancora più drammatica: durante gli attacchi israeliani sulla Striscia 73 strutture sono state danneggiate e l'assedio totale che Israele impone su Gaza rende impossibile l'importazione di qualsiasi materiale per ricostruire le strutture. Spesso gli insegnanti fanno lezione in container di plastica, caldi d'estate e freddi d'inverno, in aule sovraffollate, che possono contenere anche 50 alunni. E anche l'accessibilità alle scuole non viene sempre garantita: a volte gli alunni sono costretti a percorrere anche 20 km per raggiungere gli edifici scolastici.

Proprio per la mancanza di spazio ogni anno a Gerusalemme Est molti bambini non vengono accettati nelle scuole pubbliche e sono costretti ad iscriversi in strutture private o a rinunciare all'educazione. Sarebbero 5300 i ragazzi che non hanno potuto accedere a nessun tipo di a Gerusalemme Est, in violazione della Legge di Educazione Obbligatoria del 1949, secondo la quale tutti i giovani palestinesi tra i 5 e i 18 anni che hanno una carta d'identità di Gerusalemme hanno diritto ad avere un'educazione gratuita.

Tutti questi fattori contribuiscono ad aumentare lo stress psicofisico dei bambini, a diminuire le prestazioni scolastiche e ad innalzare il tasso di abbandono scolastico. Inoltre molti ragazzi per raggiungere la scuola subiscono intimidazioni e maltrattamenti da parte dei soldati israeliani. Violenze che sono alla base del preoccupante aumento dei casi di disturbi da stress post-traumatico, ansia e depressione tra i bambini palestinesi in Cisgiordania e Gaza.

Le politiche israeliane violano il diritto all'educazione e questo ha effetti non solo nel breve ma anche nel lungo periodo poiché mina la crescita e lo sviluppo della società palestinese. Proteggere questi diritti, si legge nella conclusione del report del PCHR, significa assicurare un futuro a questi giovani palestinesi.
 

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