Non tutti i mali vengono per nuocere?
Ho letto la nota dell'assessore Paparelli e di alcuni colleghi del gruppo PD pubblicata, nei giorni scorsi, dai quotidiani. La trovo ragionevole e condivisibile, nei dati presentati e nella analisi complessiva dei fatti.

È ovvio che, stando in quel modo le cose, le province, soprattutto quelle con pochi abitanti come la nostra, servono a poco e accusano il colpo della concorrenza di una miriade di agenzie ed enti regionali, che drenano risorse e si rivelano, spesso, costose e improduttive per i cittadini.

Eliminare gli organismi di mezzo e ricondurre l'attività di governo del territorio ai tre livelli previsti dalla costituzione – comuni, province e regioni – consentirebbe di risparmiare.
Questo è il minimo da fare.

Basta solo questo?
Io credo di no.
La nostra realtà ha bisogno di una fuga in avanti prodotta dalla classe politica di questo territorio, una vera transustanziazione (cito un termine caro agli amici e ai colleghi dell'orvietano) verso una nuova prospettiva, che possa prescindere dall'Umbria.
Faccio una premessa. Il governo con l'acqua alla gola si appresta a varare misure draconiane, che mi ricordano il temuto chiudere la stalla quando … Tra queste anche l'eliminazione delle province sotto i 300.000 abitanti, quindi anche la nostra.
Va da sé che, se così sarà, non potendo coesistere una regione con una sola provincia, chiuderà anche quella di Perugia e, per sillogismo, la Regione Umbria.

Per quanto si voglia parlare, con concretezza ed onesta intellettuale, di un riequilibrio regionale e provinciale tra Terni e Perugia, la storia - fatta di vane promesse e accordi non mantenuti - e la cronaca – testimone di tatticismi ed egoismi fino al recente sfregio della facoltà di scienze dell'investigazione della città di Narni - rimangono drammaticamente sul tavolo.

E allora?
Io sono di Terni, la città di Cassian Bon, di Borzacchini e di Libero Liberati, del batiscafo di Picard, la città futurista, dell'acciaio e della integrazione: qui, anche chi, come me, al liceo non aveva i genitori nati a Terni, è sempre stato ternano. Quindi di conseguenza più attratto dal futuro che dal medioevo.

La provincia di Terni ha 230.000 abitanti, quella di Rieti 160.000, quella di Viterbo 300.000, tutte sono a rischio chiusura.
La politica è l'arte del possibile e io faccio la mia proposta: apriamo un confronto con le due province del Lazio, ipotizziamo una macro provincia di 700.000 abitanti e un territorio di oltre 8.500 kmq, ricco di risorse agricole e forestali, industriali, commerciali, con grandi potenzialità turistiche rappresentate dai monti, dal mare e dalle terme, con il potenziale secondo aereoporto di Roma, l'Università della Tuscia e un rapporto con la capitale tutto da esplorare e costruire.

Vi starete chiedendo: e la provincia di Perugia, che fine farebbe?
Non lo so, non sono curioso. 

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