Meredith/ Periti interrogati in aula da difese, accusa, parti civili
PERUGIA - Torneranno in aula domani per rispondere alle domande di difese, accusa e parti civili, i periti Stefano Conti e Carla Vecchiotti, dell'Universita' La Sapienza di Roma, incaricati dalla Corte d'Assise d'appello di Perugia di svolgere nuovi accertamenti genetici nell'ambito del processo in corso ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l'omicidio di Meredith Kercher.
Una udienza, quella di domani, che si preannuncia 'calda' e battagliera dopo che gli esperti, lunedi' scorso, hanno esposto in aula le conclusioni della loro perizia, assegnata ai due specialisti il 22 gennaio scorso, dando un duro colpo al lavoro svolto dalla polizia scientifica nell'ambito delle indagini per l'omicidio della studentessa inglese. Al centro della perizia, in particolare, il coltello ritenuto dall'accusa l'arma del delitto (sequestrato a casa di Sollecito e sul quale gli esperti della scientifica hanno isolato il dna di Amanda sul manico e quello di Meredith sulla lama) e il gancetto di reggiseno della vittima (sul quale e' stato rilevato il dna misto di Mez e Sollecito).
In 145 pagine di consulenza, esposta in aula, i due periti hanno sostenuto, mostrando anche il filmato della scientifica durante la repertazione del gancetto di reggiseno, che lo stesso gancetto (repertato 46 giorni dopo il suo rinvenimento), venne toccato dalla scientifica con un guanto "sporco" e che, a loro avviso, nelle indagini scientifiche sul delitto di via della Pergola non sono state seguite le procedure internazionali.
Sempre per cio' che riguarda il gancetto, poi, nella perizia si fa riferimento alla possibile presenza di altri profili maschili (cromosoma Y) oltre a quello attribuito a Raffaele Sollecito. Per cio' che concerne il coltello, invece, secondo i periti ci sono tracce di amido ma non di sangue. Per gli esperti, inoltre, non sono state utilizzate correttamente mascherine, pinzette, guanti e calzari e, durante i sopralluoghi e le analisi di laboratorio "ci sono una serie di circostanze che non corrispondono a protocolli e procedure", non escludendo, per entrambi i reperti, la contaminazione.
A tre anni e mezzo dal delitto e dopo un processo di primo grado che ha visto Amanda e Raffaele condannati rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere (i due ragazzi si sono sempre proclamati innocenti), sembrano aprirsi spiragli, dunque, per le difese dell'americana e del suo ex fidanzato pugliese. Procura e parte civile, pero' tenteranno domani di contrastare i risultati della perizia, gia' duramente criticata durante la scorsa udienza.

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